Licenziamenti Fiat: anche Napolitano rammaricato per la non avvenuta reintegrazione
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Licenziamenti Fiat: anche Napolitano rammaricato per la non avvenuta reintegrazione

martedì 24 agosto, 2010

ROMA – Il Presidente della Repubblica ha risposto alla lettera inviatagli dai tre operai della Fiat. "Il mio vivissimo auspicio, che spero, sia ascoltato anche dalla dirigenza Fiat, è che questo grave episodio possa essere superato,nell'attesa di una conclusiva definizione del conflitto in sede giudiziaria. Esprimo profondo rammarico per la tensione creatasi per la vostra mancata reintegrazione".

La Fiat è decisa a creare un nuovo sistema di forze nel settore del lavoro. Nonostante la sentenza del giudice, che ha ordinato il reintegro nel proprio posto di lavoro ai tre operai licenziati dello stabilimento Fiat di Melfi,[MORE] la società capitanata da Sergio Marchionne, ha deciso di non usufruire dei loro servigi e quindi di non reinserirli nella catena produttiva, concedendo agli operai, 2 dei quali delegati sindacali Fiom, di fare attività sindacale all’interno dello stabilimento.


E’ ormai una prova di forza che va aldilà della storia individuale dei tre. E’ una prova di cambiamento delle logiche lavorative, del rapporto sindacati-imprese, dei contratti nazionali.
Già il caso Pomigliano d’Arco ha diviso, come ormai da tempo, i sindacati e le opinioni, tra chi vede in quell’accordo un compromesso per un futuro migliore e chi, invece, lo giudica un precedente per l’annullamento di tanti diritti conquistati nel corso dei decenni.
Stavolta la Fiat però va contro una decisione di un giudice, non ci stupisce più di tanto in un Paese in cui il Presidente del Consiglio ha una scarsissima considerazione della magistratura, ma quando anche un ministro del suo governo, Altero Matteoli, afferma che “le sentenze vanno rispettate anche quando non ci fanno piacere", ci si rende conto che siamo a dei momenti cruciali dello stato di diritto.

E allora i tre operai si erano rivolti al Presidente della Repubblica inviando una lettera: "Ci rivolgiamo a lei, presidente, perché richiami i protagonisti di questa vicenda al rispetto delle leggi" hanno scritto i tre operai in una lettera indirizzata a Giorgio Napolitano. "Signor presidente - proseguono - per sentirci uomini e non parassiti di questa società vogliamo guadagnarci il pane come ogni padre di famiglia e non percepire la retribuzione senza lavorare". La decisione della Fiat Sata "di non reintegrarci nel nostro posto di lavoro è una palese violazione della legge" ma, aggiungono, "in uno Stato di diritto non dovrebbe essere neppure consentito di dichiarare a tutti (stampa compresa) di voler disattendere un provvedimento legalmente impartito dalla autorità giudiziaria con ciò mostrando disprezzo per la Costituzione e per le leggi". Nella lettera i tre operai ripercorrono la vicenda, dal licenziamento all'ultima decisione della Fiat nei loro confronti, ossia "continuare a percepire la sola retribuzione" senza però "il diritto a essere reintegrati nella nostra postazione lavorativa" ma rimandendo "confinati nella saletta sindacale", distante circa 400 metri dal luogo di lavoro dei compagni. "Non sia senza significato precisare che soltanto due di noi sono Rsu - aggiungono - mentre Marco Pignatelli è un mero iscritto alla Fiom-Cgil e non avrebbe 'prerogative sindacali' da svolgere all'interno della saletta". In conclusione, i tre chiedono un intervento a Napolitano per "farci sentire lavoratori, uomini e padri".
 

 

 


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