Dal Vademecum del giovane Premier (in difficoltà)
Estero

Dal Vademecum del giovane Premier (in difficoltà)

lunedì 17 giugno, 2013

ISTANBUL, 17 GIUGNO 2013 - #1 Dividete l’opinione pubblica e la popolazione. In caso di difficoltà, il giovane Premier dovrebbe impegnarsi assiduamente a frammentare il proprio Paese. Il processo prima comincia, meglio è. Non è un obiettivo facile, e se proprio ti vuoi definire democratico, e allora la questione diventa ancor più spinosa. Ma mai demordere. Si potrebbe, per esempio, facilmente partire dalla maggioranza, quella che alle urne vi ha decretato Premier. Quella è una storia che vince sempre, garantito. Se la menzionate a più riprese, vi sarà enormemente d’aiuto. In seguito, identificate le questioni delicate del vostro Paese, quelle tipo dall’equilibrio un po’ precario, e che possono facilmente perderlo. Faccio un esempio: se il vostro è un Paese particolarmente pio, religioso, mettiamo musulmano, e il vostro è un partito filo-religioso, e magari ha stravinto proprio per questa ragione, ecco, giocate su quello. Giocate con la religione.

Se poi il Paese è pure un po’ più proteso verso altri modelli sociali, non siate pessimisti, tanto meglio, in verità. Vorrà dire che più parlate di religione, più il Paese si spaccherà in fretta. Più demonizzate la controparte, più vi risulterà facile raggiungere il vostro scopo. Usate un linguaggio religioso fin dal principio, favorite le associazioni, puntate il dito contro gli infedeli, bandite – con garbo – tutto ciò che è contro religione, reintroducete vecchie abitudini… lavorate, insomma. Il peggiore dei casi, comunque, è bene che lo sappiate, è quando il vostro popolo comincia a manifestare per questioni di libertà, specie se poi manifestano pacificamente. Beh, in quel caso, dovrete essere abili ad utilizzare una impeccabile ars oratoria, di quelle devianti e della peggio specie. Non dimenticate la vostra maggioranza, e anzitutto aizzatela contro i pacifici malintenzionati. Prima verbalmente, poi, se questi proprio continuano, a oltranza, a manifestare, organizzate manifestazioni a vostro favore, nello stesso luogo in cui gli altri stanno manifestando. Chiamatela, per esempio, “Manifestazione per il volere della Nazione”. A questo punto, entra in gioco la vostra capacità oratoria. Ecco alcune frasi a effetto:


- “Se volete sbarazzarvi di noi, ci saranno le elezioni tra otto mesi” (così, giusto per dimostrarvi saldamente democratici);
 
- “I partiti di minoranza pensano che stanno giocando il loro ruolo di opposizione sostenendo i manifestanti in piazza. Noi invitiamo i sostenitori di tutti i partiti politici ai nostri incontri in piazza” (in questo modo apparirete buoni e aperti a tutti);

- “Non abbiamo intenzione di dimostrare che siamo più numerosi dei manifestanti, vogliamo solo mostrare che tipo di Paese siamo a coloro che hanno interessi a fomentare i disordini”; 

- “Questo Paese appartiene a tutti noi, è abbastanza grande per tutti, possiamo vivere tutti insieme";

- “Non capisco perché le persone continuino a stare in piazza. Giovani. Avete resistito abbastanza. Avete fatto sentire la vostra voce. Tornate a casa, adesso, lasciateci fronteggiare i gruppi illegali presenti tra voi” (ecco, è importante, a un certo punto, cominciare a confondere, a minimizzare. Fatelo sempre in modo deciso, è importante. Più la gente vi vede decisi, più sarà facile deviarla. Con la minimizzazione, vi risulterà più semplice far percepire la vostra perdita di pazienza. E la perdita di pazienza vi garantirà maggiori libertà d’intervento, agli occhi dell’opinione pubblica);
 
- “Non si può protestare ovunque. Noi organizziamo manifestazioni in luoghi designati. Perché voi  non lo fate?” (esatto, così, a piccole dosi…);
 
- “Non lasceremo che la minoranza si imponga sulla maggioranza”;

- “Stanno cercando di metterci l’uno contro l’altro. Questa è una trappola […] La vostra manifestazione è soltanto un pretesto. Il pulsante è stato premuto dall’estero” (inventarsi un nemico immaginario, anche al rischio di apparire paranoico ai pochi, sortisce sempre un ottimo effetto. Fidatevi).
 
#2 Promettete, ma senza fare promesse. La democrazia è un mestiere difficile. Questo mettetevelo bene in testa. Non è che si può star lì sempre a ignorare chi non la pensa come voi. Peggio ancora, se sopraggiungono pressioni dalla comunità internazionale. Bisogna sempre far credere che si è pronti ad incontrare le parti, a dialogare. Non si può mica far passare una democrazia-fantoccio per una pseudo-dittatura? Decisamente no. È un rischio troppo grosso. Nelle vostre sottili e segrete trame, dovrete essere capace di aprirvi, e far intendere che vi state concedendo. Usando sempre l’esempio del punto uno, ecco, a un certo punto, tra un discorso più o meno duro e un pizzico di autorità – quella non deve mancare mai – fissate un incontro con le parti, organizzate meeting con i rappresentanti, siate generosi all’ascolto. Fate in modo, però, che questi incontri cadano nel vuoto, si risolvano con un nulla di fatto. Avete dalla vostra la presenza autoritaria, che sicuramente condizionerà il corso dell’incontro.

Se è il caso, se tra le tante richieste ve n’è una più piccola, effimera, concedetele spazi. Che so, se tra le richieste dei manifestanti c’è, ad esempio, la salvaguardia di un parco, voi focalizzatevi su quella. Ignorate, magari, ragioni più serie, ma dimostratevi pronti ad andare incontro a chi protesta. Inventatevi, che so, che sareste disposti a concedere un referendum per il parco, ecco, nella speranza che i vostri manifestanti se la bevano e si plachino, e a patto che, con questa concessione, la smettano di manifestare. Un referendum, sì, ma non siate propriamente concessivi, ponetela come possibilità, giratela su un do ut des: io, magnanimo, vi concedo un referendum, ma solo a patto che voi la smettiate. La vostra reputazione crescerà a dismisura. Dato di fatto.
 
#3 Mai sottovalutare la potenza dei media. Avere il controllo di TV e giornali è una priorità assoluta. Se li avete già nelle vostre mani, siete già a un ottimo punto. Nei momenti difficili, e torniamo sempre all’esempio di un parco, tutti i media si focalizzeranno sul piccolo incidente violento da parte dei manifestanti, e vi garantiranno la ragione, ai limiti del martirio. Se vi capiterà di dover usare la violenza bruta contro centinaia di manifestanti pacifici per lo sgombero di un parco, occupato anche da donne e bambini, di arrivare a usare gas al peperoncino su inermi cittadini, o di aggiungere agenti chimici anche nei cannoni ad acqua, com’è avvenuto a Istanbul il 15 giugno – un esempio, su tutti, da prendere a modello -, ebbene, le vostre TV e i vostri giornali taceranno su queste faccende, e piuttosto parleranno di “marjinal grup” da combattere, o apriranno le loro testate il giorno dopo con un “Buongiorno, Gezi!”, finalmente sgombro. Ma – e qui c’è un ma – ci saranno sempre TV indipendenti dal vostro potere, che tenteranno di insinuare che la situazione in realtà sia andata diversamente. In caso di scontri violenti, saranno subito pronti a registrare tutto, o a mandare tutto in diretta streaming. Le nuove tecnologie d’informazione saranno i vostri acerrimi nemici, perché una diretta live non lascia spazio a dubbi. Mostra esattamente quello che sta succedendo. E se voi lanciate in campo i vostri più brutali poliziotti, questi saranno filmati, passo dopo passo. Una strategia utile – sempre vista nei fatti del giugno di Istanbul – è quella di multare preventivamente chi azzarda a fornire questo tipo di informazione. Fatelo, prima di prendere la decisione di effettuare l’azione di sgombero più efferata. Presentatevi in TV, e parlate, per esempio, della sensibilità dei bambini. Giustificate le multe dicendo che “le immagini cruente apparse in TV possono toccare la loro sensibilità”. Quella grossa fetta di popolazione che non è ancora in grado di affidarsi ai social network, sarà prossima alle lacrime, per la vostra sensibilità. I bambini fanno sempre il loro effetto. A quel punto, le TV avverse saranno sicuramente più ammansite, e voi potete sferrare il vostro attacco finale.

Ovviamente, da bravi democratici, prima dell’attacco, date un ultimatum, e ripetetelo continuamente per almeno due giorni. Tipo: “Abbandonate il parco entro domenica!”. Ripetetelo fino al sabato sera, e scatenate l’inferno alla vostra ultima, pacifica richiesta. A questo punto non abbiate pietà: entrate nel parco, chiudete gli occhi e sparate gas su tutti. Troverete anche anziani e bambini, ma poco conta, voi mettetevi l’animo in pace, li avevate avvertiti. Se poi i cittadini inermi troveranno rifugio negli hotel lì nei pressi, tipo come è avvenuto, sempre a Istanbul, il 15 luglio, non abbiate pietà: questa è una resa dei conti annunciata, chiunque si trovi in giro, se l’è cercata. Entrate anche negli alberghi e sparate lacrimogeni a go-go. Arrestate i giornalisti, soprattutto quelli stranieri, e i medici volontari. Isolate i luoghi degli incidenti, e se qualcuno tenta di raggiungerli, attaccateli preventivamente. Se, per esempio, alla resa dei conti, sempre come è avvenuto il 15 giugno a Istanbul, gli abitanti della parte asiatica ricominciano a marciare sul ponte – chiuso al traffico – per raggiungere Taksim, voi attaccateli direttamente sul ponte. Ripeto, senza pietà. Non vi risparmiate, la cerimonia è finita, e se deve finire, deve finire per sempre.[MORE]
 
#4 Il vostro peggior nemico è sempre in agguato. In questo marasma, l’unica cosa che può compromettere i vostri piani di ordine pubblico sono i maledetti social network. E il temuto Twitter, in particolare. Dalla vostra, avete la fortuna che Twitter non è usato da tutti, è bene quindi demonizzarlo all’eccesso. Sono tempi di transizione, questi, le peggiori rivoluzioni sono nate sui social network, e un Paese democratico non ha il potere di contrastarli facilmente. Potete provare a rallentare internet nei momenti clou delle proteste nel vostro Paese, ma non riuscirete mai a fermarli. L’unico asso nella vostra manica, è appunto la demonizzazione. Guardate all’evolversi della società in positivo, sfruttate il fatto stesso che tante persone non hanno nemmeno idea di che cosa sia Twitter – e probabilmente, saranno le stesse persone che vi hanno garantito la poltrona alle ultime elezioni. Usate frasi forti, presentateli come il demonio materializzato in Terra, del tipo:
 
- “Esiste una piaga sociale, oggigiorno, che si chiama Twitter. Lì vi si possono trovare i peggiori esempi di menzogne. A mio avviso, i social media sono la peggiore minaccia della nostra società odierna”.
 
Oltre a ciò, operate arresti preventivi a tappeto, per chi ha fato (ab)uso di Twitter o Facebook, e appellate gli arrestati come “sospetti individui che aizzano le proteste”. Anche se li rilascerete da lì a un giorno, questo creerà comunque un clima di tensione per i meno pavidi, a limitarsi a pubblicare immagini e foto. Per adesso, è l’unico strumento a vostra disposizione.
 
#5 Imparate a essere i primi a credere alle vostre bugie. Nei casi d’emergenza, voi giovani Premier sarete sicuramente al corrente di ogni singola cosa che accade. Avete dalla vostra la possibilità di attingere a informazioni continuamente, spiare i gruppi, controllare i siti web, capire le mosse dell’avversario. Avete sicuramente questo vantaggio. Ma la vostra conoscenza chiara dei fatti non dovrà mai essere trapelata. Cadere dalle nuvole, magari con un pizzico di vittimismo, aiuta di più. E soprattutto, quando sarete chiamati a parlare in pubblico, provate a dire “bugie rosa” – come dicono i turchi -, bugie che non sono proprio bugie, ma che ci assomigliano. Non potete insomma esimervi da questo compito, ma potete farlo a modo vostro. E la cosa più importante è lavorare sulla vostra abilità a credere alle vostre proprie bugie. Affermare una bugia con fermezza, la spoglia già del dubbio. La fermezza di un giovane Premier sarà la verità del popolo. Studi accurati delle democrazie degli ultimi vent’anni in tutta Europa hanno rivelato l’efficacia di tale strumento comunicativo. Vi garantirà il supporto di chi vi ha votato, quantomeno, pronto a difendervi a spada tratta, contribuendo anche alla determinazione del punto #1.
 
Ci sono casi, però, in cui le proteste sembrano davvero dure da arginare. Un esempio, ancora in fase di studio, è ancora una volta quello della rivolta turca del 2013. Pare che, nonostante l’applicazione piena dei cinque punti elencati sopra, i manifestanti non vogliano arrendersi. In questi casi, con le proteste a oltranza, che sembrano non avere fine, nonostante la vostra buona volontà, potreste ritrovarvi presto a dover prendere decisioni estreme. Di fronte a una resistenza che non si placa, è difficile trovare vie di mezzo. Le uniche soluzioni sembrerebbero solo: dimissioni immediate, o scatenare la vostra brutalità a oltranza.
 
In una situazione simile, voi, cosa scegliereste?

Dino Buonaiuto (Corrispondente dalla Turchia)

(foto da Inpolis)

 


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