Essere cristiani nell'insegnamento e nella ricerca
Parola e Fede Marche

Essere cristiani nell'insegnamento e nella ricerca

venerdì 1 agosto, 2014

Oggi la nostra rubrica da spazio ad una testimonianza di fede. A scrivere è Anna, professoressa, studiosa e scrittrice, che ci racconta la sua storia di ricercatrice e consacrata.

Sono una giovane donna di 38 anni e, circa un anno fa, l’1 novembre 2013, nella chiesa di S. Ianni in Catanzaro, sono diventata una consacrata laica dell’Associazione Pubblica “Maria, Madre della Redenzione”, nuova realtà ecclesiale che condivide il carisma del Movimento Apostolico: l’annuncio e il ricordo della Parola di Dio. A un certo punto della mia vita, ho capito, infatti, che Cristo mi chiedeva di seguirlo più direttamente in questa via particolare di grazia, in questo progetto personale d’amore che Egli aveva e ha sulla mia vita. Da consacrata laica, chiamata a vivere nel mondo senza appartenervi, ho compreso che posso mostrarmi cristiana proprio quando a una storia fatta di peccato, di male, di ingiustizia, mi sforzo di rispondere con un atto di pietà, con un dono gratuito, con una parola gentile, attingendo forza nella grazia dei sacramenti e nell’Eucarestia. Quando mi costa continuare a essere secondo il cuore di nostro Signore Gesù Cristo, non cedere ai compromessi, al calcolo meschino, allo scoraggiamento, alla mentalità corrente, quando mi costa perfino fare quello che ho sempre amato, cioè studiare, allora, per non cadere, penso alla speranza della Vergine Maria mentre guardava il suo Gesù crocifisso, sputato, deriso, ma non vinto dal mondo. Ecco, per me, fare ricerca e lavorare, da consacrata laica, significa vivere questa fede, ‘impossibile’ per gli uomini, ma non per Dio, nella certezza che Lui è il vero e unico Signore della storia e tutto opera per il bene più alto di ciascuno. Molti di voi che, adesso, mi leggete starete pensando perché io faccia un discorso simile. Per comprenderlo, devo andare un po’ indietro nel tempo.[MORE]

Come tanti altri giovani qui in Calabria, infatti, il mio percorso è stato di tantissimo studio e di molte delusioni, a causa della mancanza o della precarizzazione del lavoro e di un reclutamento professionale non sempre trasparente, non sempre capace di valorizzare, di fatto, le persone competenti. Non mi sono, però, mai persa d’animo nella convinzione che ogni scienza viene dal Signore e che qualsiasi opera, anche di studio quotidiano, offerta a Lui produce sempre, a suo tempo, un frutto di bene e santità. Si è tentati, a volte, dalla sfiducia, dall’idea che sia inutile coltivare doni e capacità, perché condizionati da un mondo che sembra premiare solo le incoerenze, le scorciatoie, le disonestà. I doni, però, sono dello Spirito Santo, sono quanto ci rende, personalmente, a immagine di Dio. Rinunciare a coltivarli per sfiducia significa rinunciare a se stessi. Non si coltiva un dono, in qualsiasi contesto sociale ci si trovi, con la speranza d’avere, prima o poi, un tornaconto, perfino legittimo (come potrebbe essere un posto di lavoro) o con la speranza di essere capiti e apprezzati dagli altri.
Mi sono, spesso, chiesta, dopo una laurea con il massimo dei voti, un dottorato di ricerca, un diploma di abilitazione e mille altri titoli culturali: «Perché devo continuare a studiare, ad aggiornarmi, a scrivere saggi e poesie, se la società in cui vivo mi riserva solo disoccupazione, eterno precariato, imbrogli d’ogni tipo?». C’è anche un secondo interrogativo che mi martellava nella testa e che riguarda la mia esperienza di insegnamento a scuola: «Perché continuare a prepararmi con cura e amore una lezione, se poi qualcuno ti risponderà con maleducazione, qualcun altro disprezzerà e riderà del tuo lavoro?». Ebbene, forse non dovevo pormi queste domande. Credo, però, di aver trovato una risposta di pace in un passo del Vangelo:

«Ma a voi che ascoltate, io dico: amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi trattano male . A chi ti percuote sulla guancia, offri anche l’altra; a chi ti strappa il mantello, non rifiutare neanche la tunica. Da’ a chiunque ti chiede, e a chi prende le cose tue, non chiederle indietro. E come volete che gli uomini facciano a voi, così anche voi fate a loro. Se amate quelli che vi amano, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori amano quelli che li amano. E se fate il bene a coloro che fanno del bene a voi, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori fanno lo stesso. […] Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e la vostra ricompensa sarà grande e sarete figli dell’Altissimo, perché egli è benevolo verso gli ingrati e i malvagi. Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso» (Lc 6, 27-36).

Ecco, da docente e studiosa, mi piacerebbe che queste parole di Gesù sulla misericordia fossero l’anima della mia professione lì dove ho appreso, a volte, nella fatica e nel dolore, che non bastano i libri, le fini conoscenze intellettuali, le nozioni per parlare a una persona e che non si può essere cristiani solo tra le rassicuranti mura di casa. È il mondo concreto il banco di prova della nostra fede, della nostra speranza, della nostra carità.

Anna Guzzi

(Fonte foto: salute33.com)


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