In Art - Intervista a Sheila McKinnon, "BORN INVISIBLE"
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In Art - Intervista a Sheila McKinnon, "BORN INVISIBLE"

domenica 20 luglio, 2014

ROMA, 20 LUGLIO 2014 – Il Museo di Roma in Trastevere apre le porte alla sorprendente mostra fotografica “BORN INVISIBLE”, a cura di Victoria Ericks, ambasciatrice in Italia per la onlus Women for Women International, e promossa da Roma Capitale in collaborazione con Assessorato alla Cultura, Creatività e Promozione Artistica – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali.

L’esposizione – per la prima volta nella caput mundi e visitabile fino al 28 settembre 2014 - nasce da un progetto dell’artista e umanista canadese Sheila McKinnon, che è riuscita a interpretare con la poetica delle sue fotografie la tragedia umana di bambine o «giovani donne del Sud del mondo, normalmente escluse dallo sguardo e dall’Agenda economica e politica di chi traccia i destini del pianeta», scrive Maria Giovanna Musso, Docente di Sociologia del Mutamento, della Creatività e dell’Arte “La Sapienza” Università di Roma.

Immagini, colore e emozioni veicolano un messaggio sociale, richiamano l’attenzione sull’invisibilità delle born invisibile, provando a svelarne il segreto potere: «quello di chi sa ridere anche ingoiando lacrime - osserva ancora la Musso -, di chi sa inventare un pasto anche senza farina, di chi ha la forza di coltivare amore e umanità anche nel pieno delle guerre e delle calamità».

Lo sguardo della fotografa indaga sul mistero, dona un sogno, un sorriso di speranza con il suo progetto -avviato nel 2007 - che «fa parte del grande movimento a favore del cambiamento nella cultura, nei costumi, e nel “comodo modo di pensare”, tutt’ora in vigore in quasi ogni angolo del mondo», si legge sul sito dell’artista (www.sheilamckinnon.com).[MORE]

 

Di seguito l’intervista di Sheila McKinnon per i lettori di InfoOggi.

“BORN INVISIBLE” è la dimostrazione di quanto l’arte possa dare una marcia in più ad un progetto votato all’impegno sociale. Come nasce il concept?
In origine ho realizzato una mostra per l’Unicef sui bambini; poi ne ho dedicata un’altra alle donne, “INVISIBLE WOMEN”: mi rendevo conto però, confrontandomi con chi lavorava nel campo umanitario, che era essenziale favorire le premesse di un cambiamento - non impossibile - in quei paesi meno fortunati in cui le ragazze nascono senza voce, per sostenerle lungo il cammino che le avrebbe rese donne consapevoli. Ad esempio, ogni ragazza deve avere accesso all’istruzione, deve avere la possibilità di studiare e formarsi per migliorare la propria vita, per realizzarsi.
L’interesse per l’emancipazione e le “pari opportunità”, nove anni fa, quando ho iniziato ad occuparmi di questo progetto, non aveva la risonanza attuale a livello internazionale, e ancor meno in Italia. Ora che finalmente lo scenario è mutato, con una più ampia coscienza civile, si intravede la speranza di veder cessare un giorno le ingiustizie, come si spera che l’abuso delle bambine (e dei bambini) non siano più visti come “cose che succedono” ma come crimini.

Ha collaborato in qualità di giornalista per varie testate europee e nord americane, dal Corriere della Sera, La Repubblica, Espresso a The New York Times, Geo&Geo, The International Herald Tribune… Quanto hanno inciso queste esperienze sulla vocazione per la fotografia d’arte?
L’arte può indagare in ogni campo. Può andare oltre il racconto del mondo bello, del mondo brutto, strano, distorto, spettacolare e scioccante. L'arte può porre domande esistenziali. Ho voluto fare proprio questo.

La filosofia del suo lavoro?
Con l'attuale libertà d’espressione e di tecnica della fotografia, cerco "d’obbligare con gentilezza" l'osservatore a vedere con occhi diversi.
Volevo evitare la foto cliché documentarista e anche le foto meramente tragiche, che non rappresentano altro che malattia e morte.
Come spiega Victoria Ericks, la curatrice della presente mostra, queste “immagini hanno la capacità di catturare il pubblico in maniera non violenta, però allo stesso tempo la capacità di evocare in loro il tema di cambiamento sociale”.

Sogni nel cassetto?
Più che un sogno, mi auguro di vivere abbastanza a lungo da vedere la fine della complicità e dell’auto-compiacimento di alcuni uomini - vis à vis – un comportamento d'arroganza e violenza nei confronti di quelli più deboli e/o più giovani.

Mai senza…
Mai senza rispetto per la persona e per le sue scelte di comportamento anche se non le condivido. E non condivido affatto le regole e gli obblighi imposti alle donne e alle ragazze di una particolare cultura conservatrice. 


 

Note biografiche - Sheila McKinnon è nata in Canada e vive da molti anni in Italia. Ha lavorato come fotografa e giornalista in Africa, Asia, Europa e in Medio Oriente per varie testate europee e nord americane: The New York Times, Newsweek, The International Herald Tribune, The Los Angeles Times, Geo&Geo, Die Welt, Beaux Arts Magazine, Saveur Magazine, The Toronto Globe and Mail, Elle Spain, Elle Hungaryoltre che per il Corriere della Sera, La Repubblica, Panorama, Espresso, Il Messaggero, Amica, Oggi, Gente, Sette, Io Donna, D e Grazia.
Ha collaborato con varie organizzazioni umanitarie, come l'UNICEF, la FAO, UNFPA, IDLO, La Comunità di Sant'Egidio, Africare, Aidos ed altri.

Libri fotografici:
BORN INVISIBLE, pubblicato da Gangemi Editore, Roma, giugno 2014;
BORN INVISIBLE sponsorizzato dalla Fondazione Edoardo Garrone, 2011;
INVISIBLE WOMEN sponsorizzato dal Comune di Roma, 2006;
The Sacred Fire, pubblicato da Logart Press sui matrimoni indiani, 2001;
On Their Side/Dalla Parte dei Bambini, per UNICEF dedicato alla Convenzione sui diritti dell’infanzia, 1999;
The Islands of Italy pubblicato da Houghton Mifflin, USA 1992.
 


Domenico Carelli

(Courtesy Sheila McKinnon, note biografiche e video “Invisible Women”)

(Foto in evidenza: gangemieditore.com)


Autore
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