L'irrefrenabile bisogno di Mediocrità
Resilienze Lazio

L'irrefrenabile bisogno di Mediocrità

venerdì 2 settembre, 2016

ROMA, 2 SETTEMBRE - Ve ne è molti d’individui che non passano la dogana della mediocrità, non ci si deve vergognare di noi stessi, ma neanche degli altri, (ammesso che vi riuscissimo). Avere e conoscere i propri limiti, corrisponde all' "insulso" Stato d’animo comune e forse meschino dei normodotati d’intelletto, quelli che il patrimonio dell’intelligenza lo utilizzano anche per pensare prima di agire, non solo per concimare le aiuole delle idiozie. Sono questi ultimi ad essere concentrati e pronti, senza acuti né limiti, che sprofondano nei vorticosi baratri della mediocrità, sempre evanescenti rispetto alla frenesia della vita. [MORE]

Ridotti all'Attesa di qualcosa che può venire, ma non arriva, di situazioni a cui doversi adeguare in modo flessibile, elastico, senza strafare. L’attesa di cambiamenti forse prossimi, forse remoti, forse solo immaginari, è impresa di cavalieri teutonici, dismessi dalla storia.

La Mediocrità in fondo non è inedia, sufficienza, banalità, è piuttosto “strana attenzione al mondo” da un punto di vista diverso, quello di chi non possiede capacità di distogliere lo sguardo dalle direzioni dei raggi di luce per focalizzare o formare un’immagine ad una certa distanza. Conoscere le leggi che governano il mondo e non prepararsi all’incontro, né allo scontro con la vita; equivale a sapere di essere pronti a vivere con i propri finiti, caduchi mezzi, senza rifletterci sopra; è scegliere di non passare tutta la vita a cercare il modo di viverla meglio, questa vita, e in fondo la mediocrità vera, cioè quella graffiante e pugnace, è quella intima, profonda dell’animo umano, che si colloca nell'arrendevolezza, all’opposto delle competenze o delle capacità dell'intelligenza: è l’opposto, casomai, della genialità espressiva con i suoi retaggi più ostili.

Consapevoli che non tutti possono essere dei geni, chi oggi non si sente un genio, ha almeno l’opportunità di sentirsi o essere insuperabilmente mediocre, considerate tutte le ghiotte opportunità che il quotidiano, spinge con orgoglio a scegliere di praticare. E pazienza. Ce ne faremo tutti una dovuta ragione: vedere al nostro fianco il mediocre di turno, non appaga né esalta, ma rende senza dubbio, à la page.

Una soluzione patetica, ai mali della società che, pur nella sua follia, colpisce ancora per la sua ingegnosità: sarà forse per effetto della teoria della cosiddetta “legge dei peggiori” in fondo non è necessario che qualcuno sia particolarmente adeguato per riuscire, si tende semplicemente a essere peggiori nella somma delle parti.

E' una suadente trappola la mediocrità, accattivante e lusinghiera. Infatti l’attrazione gravitazionale della mediocrità agisce in tutti i campi della vita. Per usare le parole di John Stuart Mill: “La tendenza generale del mondo è quella di fare della mediocrità la potenza dominante dell’umanità”.
Ed è prova provata che in qualsiasi campo – nel lavoro, in amore, nell’amicizia, nella salute – le soluzioni mediocri sono sempre le migliori, purché naturalmente non siano così “vantaggiose” da annientare il vile sistema.

Naturalmente le organizzazioni e soprattutto le persone, non vanno oltre un certo limite, non perché non sappiano fare di meglio, ma perché semplicemente trovano quel limite tollerabile, se non addirittura confortevole.
Perfino l’evoluzione, fondamento ed essenza stessa della vita, si accontenta della mediocrità. La sopravvivenza del più adatto, non è il progresso verso l’eccellenza, significa solo che a sopravvivere è chi non è troppo inadatto.

La mediocrità è astuta: può mascherarsi e farci scegliere ciò che banalmente conta per vivere mediamente “felici”. Anche l’intraprendenza però sovente, porta alla mediocrità; buttarsi su tutte le opportunità che capitano, spinge a fare cose poco importanti, o farle male.

Questa tendenza però non si può combattere con discrete motivazioni, né dandosi obiettivi altisonanti, tali da contrastare la pervicace attrazione gravitazionale della mediocrità. Ci vuole invece disciplina, necessitano regole ferree, da applicare ogni giorno. Occorre metodo e sfrontatezza, per esser mediocri.

Perché la mediocrità non è solo un difetto individuale, è una tendenza dell’universo, che va combattuta incessantemente senza sperare in una vittoria definitiva. Mi dispiace, ma le regole non le stabiliamo noi altri poveri comuni umani, nemmeno i revisionisti; neanche i creazionisti, semmai forse proprio i deterministi, e neanche i neodarwiniani.

In ogni caso oramai è stato ampiamente dimostrato che, non i cattolici, né i cristiani, ma nemmeno tutte le altre sante religioni, quelle cioè che alla storia della creazione in sei giorni hanno sempre preferito l’immagine del lento processo di evoluzione della specie, riuscirebbero ormai più a capovolgere l’assioma del valore intrinseco della mediocrità nella società corrente.

Però, dopo anni in cui abbiamo realmente creduto nella sopravvivenza del migliore, del più forte, di quelli con DNA “quadrati” giungere a ricredersi, è un trauma; un terribile destabilizzante trauma, che sconforta tutti.

Personalmente sarei da annoverare tra i mediocri. Mai stata troppo brillante, né completamente “sciapa" a scuola andavo bene, ma qualcuno affermava che non “potevo averlo concepito io” come dicevano quasi tutti i miei professori della mia unica “onorata” scuola pubblica, che impartiva certi insegnamenti indottrinati e tanto incoerenti da far tentennare il più timido o altisonante talento personale; rimbeccati con amorale puntualità irriverente per pura "invidia sociale della giovinezza" che ha perseguitato generazioni di noialtri giovani la cui freschezza e bellezza irretiva e spaventava, più delle illusioni e delle incantate certezze fatte delirio di eternità. Perciò avrei dovuto, e forse potuto fare sempre di più. Per mero amore di me stessa o per vendetta al sacrilego insegnamento svilito alla sua funzione, che in quel tempo emancipava solo con lo studio.
Poi invece qualcosa in più l’ho prima imparata e poi l'ho fatta, ho studiato a lungo discipline fondanti, quelle in cui scopri che della mediocrità in senso antropologico e sociologico, si spiega solo la banalità e la gratuità, quella che si correla intrinsecamente con le delusioni cocenti e le sofferenze galvanizzate, quelle che bruciano come sale sulle ferite vive della coerenza, e che magari per giustizia -forse divina- esaltano le più insospettabili umane Resilienze alla sopportazione, aumentando come controtendenza, la repellenza alle meschinità ed ingiustizie delle disumanità del genere homo homini lupus .

Ma la mediocrità è sempre potente, questo esserci sempre nel mucchio, questo arrivare sempre al traguardo ma nel “gruppone" forse in fin dei conti “salva” la vita a qualcuno; certo, la rende piatta, dunque performante alle brutture del normale, ed alle oscenità dell’umano troppo perfettibile. Ad essere mediocri si vive la vita da mediano, si perpetua la specie, si mette in discussione persino il caro Darwin, infatti si scopre che in lui c’è qualcosa che andrebbe senza dubbio rivisto e possibilmente modificato.

Forse l’Iguana più fighetto si sarebbe riscoperto dopo un combattimento di troppo rinunciatario come maschio dominante, ad ingaggiare nuovi altri combattimenti per dispute territoriali, arrendevole a difendere il proprio harem di femmine il cui numero variamente oscillante secondo ricchezza di cibo e di rifugi disponibili del territorio stesso, è quasi quasi poco vantaggioso.
Il leone più potente, ingraviderebbe almeno venti leonesse, ma alla fine stremato, dovrebbe cedere il posto al suo secondo. Le alici in mare, che girano invece in branco per confondere i carangidi, abbandonerebbero volentieri i compagni di coreografie, per andare raminghi a scoprire il mondo da soli. E quindi basta. Basta cercare di essere quello che non si è per natura. Bisognerebbe, semplicemente santificare la mediocrità ed esserle grati per gli innumerevoli risvolti di gran lunga “positivi” che in fin dei conti, la sua presenza in tutti gli ambiti della nostra vita assicura. La mediocrità passa addirittura per essere un indubitabile vantaggio, quasi un nuovo modello di alterità.

Lo sappiamo tutti che la crescita personale, si afferma invece inevitabilmente attraverso un percorso lungo, molto difficile e complicato, ma al tempo stesso offre a taluni volenterosi - pochi in verità - una grande ineguagliabile soddisfazione, che è di chi riesce almeno a sfidarli gli insulsi mediocri.

Il cammino che sappiamo in potenza, essere dentro ognuno di noi, è nel frattempo il nostro continuo miglioramento, a cui molti rinunciano per vigliaccheria o forse solo per paura, è lui il vero spartiacque della differenza. Si vive nel mondo di tutti i giorni, accanto ai nostri compagni di scalata di monterozzoli, sovente prendendo in ostaggio noi stessi, ma piuttosto attenti a non affermare il brivido della diversità latente.
Questo mondo è popolato di persone che, quando va bene, restano ferme senza cercare un miglioramento, ma che molto spesso seguono addirittura percorsi volontari o involontario poco importa, di “decrescita” personale, accontentandosi della mediocrità, come medicamentosa panacea che la vita riserva, come legge naturale.

I motivi che spingono le persone a restare ferme senza cercare di muoversi in avanti, ma talvolta a cercar rifugio solo indietro, possono essere molteplici e variegati; giudicare il perché questo avvenga, spetterebbe principalmente alla collettività e poi al singolo individuo.

Il non giudicare non è frutto di buonismo o del politicamente corretto, semplicemente è una clemente arrendevolezza di fronte all’ineluttabile: non siamo in grado di giudicare noi stessi perché dovremo farlo con le vite degli altri?
Gli altri per l'appunto, cioè quelli che non conosciamo, quelli che è sicuramente più facile combattere e boicottare, anziché osservare, scrutare, rispettare, e magari anche prendere in carico. Certo vivremmo in un mondo decisamente migliore se tutti fossimo virtuosi e vogliosi di crescere, migliorare la difficile e beffarda realtà di cui i mediocri si prendono a ragione gioco; realtà che nasconde una terribile verità: il mondo che ci circonda gronda mediocrità da tutti i lembi, e ciascun mediocre ha accanto a sé il proprio misero, strenuo avversario. Vinto allo stremo della sua propria incuria.
Dunque sarebbe un dovere morale principio categorico cercare positività in tutte le cose e situazioni, anche di quelle più improbabili come questa.

Ma quante volte arrabbiarsi contro la mediocrità ci ha messo in difficoltà? Quante volte ci siamo dispiaciuti per una persona che sceglie di buttare via la propria vita senza fare nulla di buono né di costruttivo per la collettività?Ebbene forse bisognerebbe cominciare a rassegnarsi davvero, per considerare solo il comune "lato positivo" della mediocrità, come fin ora si è dimostrato di fare. Ma per tutti gli altri ambiti della vita, più è alto il livello di chi ci circonda, minori sono le difficoltà che s'incontreranno per emergere.

Angela Maria Spina


Autore
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