Le dimissioni di Schifani e la tenuta del Governo Renzi
Politica Lombardia

Le dimissioni di Schifani e la tenuta del Governo Renzi

mercoledì 20 luglio, 2016

ROMA - Crescono i malumori dalle parti dei centristi adiacenti ad Area Popolare, dopo le dimissioni del capogruppo Ncd, Renato Schifani. Ed è infatti proprio da queste dimissioni che arriva una certezza: la presenza di un generale malcontento degli uomini di Alfano a causa della reiterazione della linea filogovernativa nei confronti dell’esecutivo Renzi. [MORE]

Il valzer dei numeri. Piuttosto chiare le motivazioni del cambio di rotta di Schifani: «Non condivido il progetto di costruire un ulteriore partito senza una identità forte di Centrodestra. Le mie dimissioni obbediscono a una non condivisione del percorso di Ncd». I giochi dei numeri appaiono dunque riaperti, considerati anche i dissidi Udc e i movimenti centristi con la fuori uscita dell’ex capogruppo di Scelta Civica Enrico Zanetti. Numeri che non sorridono al governo Renzi, in vista del referendum costituzionale e delle possibili strette della minoranza Pd su eventuali modifiche dell’Italicum.

Amore berlusconiano. Le dimissioni di Schifani hanno motivazioni di lungo corso, peraltro già sbandierate ad inizio anno nei confronti del leader Ncd e ministro dell’Interno, Angelino Alfano. Il Centrodestra abbandonato, la linea centrista, l’antiberlusconismo del partito e la linea filogovernativa sino al termine naturale della legislatura. I temi riflettono anche su come si collocherà l’alleato di governo nell’arco delle future alleanze. Al momento Schifani voterà comunque rispettando la linea di partito ma restano i dubbi sulla tenuta dell’esecutivo, e non solo perché a Palazzo Madama i numeri ballano.

Incontri e strategie. Da più parti si paventa di una possibile mossa berlusconiana. Dieci senatori di Area Popolare sarebbero infatti pronti a sacrificare l’alleanza di governo per aprire ad una nuova fase dopo il referendum di ottobre/novembre. Tuttavia, non si parla di un nuovo approdo a Forza Italia. Si tratterebbe così di una uscita soft, esprimendo appoggio esterno e votazione per votazione. Con l’intento di logorare la tenuta del governo e la leadership renziana.

Riflessioni Pd. In casa Pd, già da oggi venerdì 20 luglio, è tempo di guardare non solo ai numeri ma alle prospettive future del governo. Chiaro è che una fronda a guida Schifani, se in numero consistente, potrebbe davvero mettere a rischio le sorti dell’esperienza Renzi, facendo sprofondare il Paese nell’instabilità. Per i vertici Pd la priorità è ora quella di ridurre al minimo l’attività del Senato per evitare colpi di mano. Le difficoltà sembrano enormi e paiono rievocare il ricatto centrista del Ddl sulle Unioni civili, che provocò l’approvazione di una legge al ribasso senza stepchild adoption, poi stralciata. Dalla legge sul reato di tortura, rinviata in commissione ieri su decisione della conferenza dei capigruppo, al Ddl cannabis in aula il 25 luglio, Ncd ha già posto più di qualche perplessità e sarà pronto a dare battaglia in aula.

foto:si24.it

Cosimo Cataleta


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