Ma l'uomo sa riconoscersi?
Fantasticherie del cuore Calabria

Ma l'uomo sa riconoscersi?

lunedì 5 dicembre, 2016

Il titolo della riflessione odierna pone un serio interrogativo ad ognuno di noi. L’uomo di oggi è in grado di capire la sua storia e le sue origini, per non smarrirsi in un nuovismo fine a se stesso? Nessuno comunque deve tornare indietro. La mente umana deve rinnovarsi e tendere ad una lettura di crescita del presente. Non devono esserci di certo nostalgie che inducano all’apatia e all’individualismo chiuso nel suo alveo dorato. C’è di sicuro bisogno di energia svecchiata, ma nello stesso tempo è necessario non perdere la verità della propria natura. Oggi si rischia di non conoscersi nella persona rappresentata, smarrendo il cuore del passato, del presente e del futuro che con i suoi battiti richiama sempre l’attenzione alla realtà ontologica e naturale di ogni individuo.[MORE]

La scienza di sé diventa così debole e precaria, permettendo ad una piccola parte dell’umanità l’accesso ad un potere immenso, capace di guidare i destini del mondo verso percorsi purtroppo non molto esaltanti. In questo modo oggi si arriva perfino ad ammazzare i pazienti per “amore”. Si stravolge il senso universale dei valori eterni e delle cose, grazie all’idea di dover rispondere solo a se stessi, comprese le stravaganze e le crepe interiori. Questa strada porta al precipizio e non si sana con una legge o un referendum, specie se ogni atto normativo si trovi spesso a rispecchiare le condizioni attuali, ritenute tuttavia di progresso anche quando francamente non lo sono. Il contadino sa come donare a se stesso e agli altri il frutto di stagione, piantando i semi a tempo debito; così come riconosce la natura degli alberi da preservare.

L’uomo confonde invece il suo vero modo di essere con le sensazioni momentanee, esposte come effetto di libertà e di sviluppo. È ormai evidente, racconta il teologo Mons. Di Bruno, come “egli abbia rinnegato il suo passato di scienza e sapienza filosofica e anche di teologia e rivelazione, per consegnarsi ad un presente che è solo governato dalla scienza medica e dalla volontà di chi è posto a governare la giustizia, anche questa, nelle grandi questioni che riguardano la natura stessa dell’uomo, senza più alcun contatto con la nostra essenza più pura e più santa. In questo contesto di rinnegamento della propria natura e persona, che senso ha celebrare il Natale?”. L’interrogativo del religioso coinvolge il Natale, vista la sua imminenza, come ogni altro periodo di vita cristiana sociale e liturgica.

Non si può confutare come questo avvenimento di luce divina, ricordato su tutto il nostro pianeta, assuma sempre di più caratteristiche di break collettivo, connesso ad una dimensione di festa che perde giorno dopo giorno la sua essenza spirituale e redente. Si partecipa magari ad ogni funzione natalizia, ma la conversione del cuore rimane instabile e senza alcuna novità interiore. Un atteggiamento inevitabile nel momento in cui l’umanità, oggi più che mai, è spinta a non riconoscere più il valore della natura divina, che precede quella umana. Un diniego di se stessi che alimenta il peccato, primo responsabile dell’attuale disfacimento sociale. Più si pecca e più ci si allontana da un progresso sostenibile e alleato dell’uomo. Più si pecca e più non ci si conosce.

 Egidio Chiarella

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