XIII Domenica del Tempo Ordinario: Non temere, soltanto abbi fede!
Parola e Fede Calabria

XIII Domenica del Tempo Ordinario: Non temere, soltanto abbi fede!

sabato 27 giugno, 2015

 Vangelo della Domenica
Essendo Gesù passato di nuovo in barca all’altra riva, gli si radunò attorno molta folla ed egli stava lungo il mare. E venne uno dei capi della sinagoga, di nome Giàiro, il quale, come lo vide, gli si gettò ai piedi e lo supplicò con insistenza: «La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva». Andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno.
Ora una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza alcun vantaggio, anzi piuttosto peggiorando, udito parlare di Gesù, venne tra la folla e da dietro toccò il suo mantello. Diceva infatti: «Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata». E subito le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo corpo che era guarita dal male. E subito Gesù, essendosi reso conto della forza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: «Chi ha toccato le mie vesti?». I suoi discepoli gli dissero: «Tu vedi la folla che si stringe intorno a te e dici: “Chi mi ha toccato?”». Egli guardava attorno, per vedere colei che aveva fatto questo. E la donna, impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. Ed egli le disse: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male».
Stava ancora parlando, quando dalla casa del capo della sinagoga vennero a dire: «Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?». Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: «Non temere, soltanto abbi fede!». E non permise a nessuno di seguirlo, fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo. Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava forte. Entrato, disse loro: «Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme». E lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della bambina e quelli che erano con lui ed entrò dove era la bambina. Prese la mano della bambina e le disse: «Talità kum», che significa: «Fanciulla, io ti dico: àlzati!». E subito la fanciulla si alzò e camminava; aveva infatti dodici anni. Essi furono presi da grande stupore. E raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e disse di darle da mangiare.[MORE]


Breve pensiero spirituale
Oggi viene interpellata e messa alla prova la fede dell’uomo, la nostra fede, una fede che va aldilà della stessa morte. Cristo Gesù, dinanzi ad una figlia che è morta, non potrebbe dire al padre Giàiro: “Non temere, soltanto abbi fede!, perché la bambina non è morta, ma dorme”, se Lui non possedesse una fede forte, immensa. Così nessun discepolo di Gesù potrà dire ad un uomo, dinanzi ad un evento impossibile per la stessa natura: “Abbi fede, non temere!”, se forte in lui non vi è una fede forte, immensa, certa.
Chi è il cristiano? Non quello astratto, esistente solo nei libri del catechismo, nei trattati di sacramentaria o di antropologia teologica, oppure negli scritti dogmatici della Chiesa. Quello dei libri o dei trattati della più alta teologia spirituale, pastorale, morale, ascetica, dogmatica, sacramentaria ed anche mistica non esiste. È un cristiano pensato, descritto, tratteggiato. Questo è il cristiano del libro. La fede non nasce da questo cristiano, ma dal cristiano della storia, dal cristiano vivo, vero, reale, che cammina, parla, opera. Se il cristiano della storia è immorale, concupiscente, senza fede, privo di verità, inconsistente, oppure lucignolo dalla fiamma smorta, canna incrinata, da lui mai potrà nascere la fede. Se la fede in lui è morta, mai potrà sorgere in un altro cuore. Potrà anche conoscere a memoria tutti i trattati sulla fede e sulla verità esistenti nel mondo, mai per Lui naserà la vera fede in un cuore.
È giusto allora che ogni cristiano si interroghi, si chieda: “ Quanta viva è la mia fede? Con essa cosa posso e cosa non posso fare? Dinanzi ad un evento storico, cosa posso garantire, dare, offrire?”. Dalla risposta onesta e sincera, sappiamo cosa dire a Giàiro. Gesù sa che sua figlia ritornerà in vita per la sua fede nell’onnipotenza del Padre. Se il cristiano non sa cosa Dio vuole fare per mezzo di lui mai potrà avere una parola di speranza vera, di conforto pieno. Dirà parole vuote. Dalla parola vuota mai potrà nascere la fede. La parola del cristiano dovrà essere portatrice sempre di un germe di vita nuova.
Ribadito questo principio di verità, voglio soffermarmi un attimo sul miracolo dell’emorroissa. La fede di questa donna è grande. Lei pensa e dice: «Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata». Questa donna sa chi è Gesù, conosce la sua potenza salvatrice. A lei non importa parlare con Gesù, stringergli la mano. Le basta sfiorare il suo mantello. Non è questa una fede grande? Ma noi cristiani, possiamo fare qualcosa di più grande. Noi non tocchiamo un pezzo di stoffa; noi mangiamo Cristo nell’Eucarestia. Se solo comprendessimo questa grande grazia. Se solo ricevessimo Gesù con grande fede e con il cuore in grazia di Dio. Pensiamoci.
Non solo, noi potremmo essere quel Gesù che l’altro dovrebbe cercare, toccare, sfiorare per poter guarire dai nostri mali dell’anima, del corpo, dello spirito. Quanta potenza di grazia e di santità e richiesta a tutti noi.
Il Signore benedica e aumenti la nostra fede e, soprattutto, ci renda veri strumenti di fede per i nostri fratelli. Amen.


Don Francesco Cristofaro
www.donfrancescocristofaro.it


Autore
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