Politica

Assoluzione Marino, il caso che agita la base PD

 ROMA, 8 OTTOBRE - E’ un Ignazio Marino sollevato quello del dopo assoluzione sul caso scontrini. L’ex sindaco di Roma, evidentemente soddisfatto dall’esito della sentenza ed oltretutto commosso, è pronto a rilanciare la propria attività politica. E magari, a togliere più di un sassolino dalla scarpa, dopo essere stato abbandonato ed isolato dal Partito Democratico, prima e dopo le dimissioni poi ritirate.[MORE]

Ed il caso agita non poco la base Pd. Dopo l’assoluzione del chirurgo molte sono state le critiche rivolte da una parte dell’elettorato Pd nei confronti in particolar modo del commissario Matteo Orfini: secondo tali posizioni chiedere scusa all’ex sindaco sarebbe d’obbligo. La rabbia di alcuni utenti lascia trasparire tutta la delusione nei confronti del Pd: alcuni accusano Orfini di aver abbandonato Marino, lasciando Roma nelle mani di Virginia Raggi e del MoVimento Cinque Stelle. Orfini, dal canto suo, ha cercato di replicare parlando di incapacità amministrativa di Marino, pertanto distinta dall’inchiesta giudiziaria che aveva visto coinvolto l'ex sindaco. Ma il gelo resta, così come il silenzio del premier e segretario Renzi sulla vicenda.

«Ho inviti in oltre 20 città italiane. Dirò quello che penso sulla riforma: che il Senato va totalmente abolito e che la revisione non è stata studiata e votata come avevano fatto in Assemblea costituente» - avverte l'ex sindaco – annunciando di fatto un ‘ritorno’ in politica. Sul proprio futuro l’ex sindaco è piuttosto chiaro, rispondendo alle domande sulla fondazione di un partito o di una candidatura alla prossima segreteria Pd: «Io non sono proprio di indole un capopartito. Non lo sarò mai. Posso produrre idee e studiare».

Marino fa anche mea culpa sulla decisione di dimettersi: «Forse non mi sarei dovuto dimettere ma subivo un enorme pressione. Non solo io, ma anche la mia famiglia. Mi arrivarono buste con proiettili, in cui c’erano cartucce di una P38 special». Il messaggio: «I prossimi proiettili serviranno per bucare te, tua moglie e tua figlia. E sappiamo dove vive tua figlia». Minacce personali dunque, accompagnate da un isolamento politico e da un caso diventato piuttosto mediatico.

Marino era stato piuttosto duro nei confronti del Pd, subito dopo l’assoluzione: «Il conto di certe azioni le paga il Paese, soprattutto quando riguardano la Capitale d’Italia. Qualcuno ora si dovrebbe guardare allo specchio e capire se ha la statura di statista». Ora la battaglia riparte dal referendum e si preannuncia piuttosto infuocata: in ballo vi è l’assetto istituzionale e costituzionale del Paese.

 

foto da: vivicentro.it

Cosimo Cataleta