Carmelo Panella racconta Nicastrello: il borgo fantasma della Calabria tra storia, mistero e tradizioni. Video

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Nicastrello: il borgo fantasma della Calabria che rivive sotto le radici del passato

Immerso nel silenzio del bosco di Fellà, Nicastrello — chiamato anche Casaliadju, Casaleru o Casalello — è un piccolo borgo rurale in provincia di Vibo Valentia, nel comune di Capistrano. Completamente abbandonato ormai dagli anni ’70, custodisce storie secolari e un patrimonio architettonico suggestivo che emerge come un fantasma del passato, ogni volta più affascinante.

Origini e vita del borgo

Secondo documenti storici, Nicastrello ha origini antiche, risalenti al X secolo, per poi svilupparsi intorno a un casale nel 1600, grazie all’aumentata domanda di manodopera agricola e boschiva.

In quei giorni, il borgo vantava una struttura vivace e autosufficiente: farmacia, scuola, chiesa, due frantoi, mulini, fino a contare quasi 500 abitanti agli inizi del Novecento.

Spopolamento e abbandono

Dopo la Seconda Guerra Mondiale, la massiccia emigrazione svuotò progressivamente il borgo. L’ultimo abitante, Nicola o Nicola Posca, lasciò il borgo tra il 1975 e il 1976, spesso per problemi di salute, segnando la fine dell’abitato umano attivo.

La rinascita annuale: culto e memoria

Anche abbandonato e degradato, Nicastrello non è del tutto dimenticato. Una volta all’anno, il borgo rivive con le celebrazioni dei santi patroni:

  • 18 agosto: festa di Sant’Elena Imperatrice
  • 26 giugno: celebrazione di San Filippo Neri, celebrato nella piccola chiesa del borgo

La chiesetta, restaurata dopo i terremoti con l’aiuto della comunità (tra cui Padre Antonio Calafati), ospita una statua lignea di Sant’Elena, realizzata nel 1828 dallo scultore Venanzio Pisani di Serra San Bruno.

Questi appuntamenti religiosi diventano momenti di coesione territoriale, in cui emigranti e paesani si ritrovano per custodire insieme le radici del loro borgo. L’immagine oggi: tra ruderi, silenzi e fascinazione

Oggi, Nicastrello affascina viaggiatori e appassionati di "urbex" con i suoi ruderi incastonati nella vegetazione, le strade deserte, le case rigorosamente in pietra, e dettagli come stoviglie, sedie di paglia, numeri civici ancora visibili e resti di vita quotidiana che parlano di un tempo ormai lontano.

Alcune abitazioni, pur danneggiate, mantengono la loro identità rurale; la natura ha iniziato a riconquistare lo spazio, avvolgendo le costruzioni con un fascino silenzioso ma palpabile.

Perché i visitatori) dovrebbero interessarsene

  • Storia: radici antiche, comunità produttiva e spopolamento postbellico.
  • Patrimonio: presenza di edifici chiave (chiesa, mulini, scuola, farmacia).
  • Atmosfera unica: silenzio magico, eredità materiale, natura che riconquista.
  • Rinascita rituale: le feste di Sant’Elena e San Filippo riportano vita, memoria e senso di appartenenza.
  • Potenziale turistico: ideale tappa per percorsi culturali, religiosi o legati all’esplorazione urbana.

Carmelo Panella

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Scritto da Redazione

Giornalista di InfoOggi

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