Caso Yara, la sentenza del processo d'appello: ergastolo per Bossetti
Cronaca Lombardia

Caso Yara, la sentenza del processo d'appello: ergastolo per Bossetti

lunedì 17 luglio, 2017

BRESCIA, 18 LUGLIO - Dopo 15 ore di camera di consiglio la Corte d’Assise d’Appello del Tribunale di Brescia ha confermato l’ergastolo per Massimo Bossetti, il muratore bergamasco accusato e già condannato in primo grado all'ergastolo per l'omicidio della tredicenne Yara Gambirasio, scomparsa il 26 novembre 2010 e poi ritrovata cadavere il 26 febbraio 2011, in un campo di Chignolo d'Isola.
Il verdetto, letto intorno alla mezzanotte e mezza dal presidente Enrico Fischetti, ricalca dunque in pieno la sentenza di primo grado. [MORE]

«Questa sera si è assistito alla sconfitta del diritto», queste le prime parole di Claudio Salvagni, uno degli avvocati di Bossetti. «Aspettiamo le motivazioni – ha poi aggiunto assieme al collega Camporini – ma il ricorso in Cassazione è scontato».
«Giustizia è stata fatta», è stato invece il primo commento dell’avvocato di parte civile Enrico Pelillo.

Al momento della lettura della sentenza in aula era presente, con gli avvocati e la madre di Bossetti, anche Marita Comi, la moglie dell’imputato, che non ha saputo trattenere le lacrime. Anche Bossetti, come riferito dai suoi legali, dopo la lettura del verdetto ha pianto nella gabbia degli imputati.

Le parole di Bossetti

Il muratore di Mapello, unico imputato per l’omicidio, aveva rilasciato alcune dichiarazioni spontanee prima che i giudici lasciassero l’aula. L’uomo ha innanzitutto chiesto scusa per «il comportamento scorretto» tenuto nella prima udienza quando, alle affermazioni del sostituto pg, aveva perso il controllo. «Pensate però – ha detto leggendo appunti da un foglio - come può sentirsi una persona attaccata con ipotesi fantasiose e irreali».«Questo – ha proseguito -è il più grave errore giudiziario di questo secolo. Yara poteva essere mia figlia o la figlia di tutti voi. Neppure un animale meriterebbe una fine così, tanto dolore, tanto accanimento, tanto sadismo. Non oso immaginare il dolore dei familiari».

Antonella Sica


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