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Catalogna, oggi scade l'ultimatum di Rajoy. Il premier a Puigdemont: "Serve buon senso"

BARCELLONA, 19 OTTOBRE - Commissariamento, Repubblica, elezioni: la Catalogna è di fronte ad un nuovo delicato bivio nell’infinita crisi dell’indipendenza, che ora non può che farsi più dura. Oggi scade l’ultimatum del premier spagnolo Mariano Rajoy al President Carles Puigdemont, che deve chiarire, con un sì o con un no, se abbia dichiarato o meno l’indipendenza il 10 ottobre. Rajoy ha avvertito che altrimenti applicherà l'art. 155 della costituzione, che gli consente di commissariare la Catalogna. Puigdemont nelle ultime ore ha tenuto le carte coperte, ma sembra improbabile che risponda quello che Rajoy vorrebbe sentire. [MORE]

“Non ci sarà resa”, ha detto il portavoce catalano Jordi Turull. Ma sul President crescono le pressioni perché revochi la sospensione dell’indipendenza annunciata il 10 ottobre. La repressione spagnola si è infatti accentuata, con l’arresto dei leader indipendentisti Jordi Sanchez e Jordi Cuixart per sedizione, e le conseguenti proteste di Puigdemont, che ha parlato di “detenuti politici”. Rajoy ha intanto fatto un’ultima offerta, invitando al buon senso e proponendo di non usare l’arma dell’articolo 155 se Puigdemont convocherà subito elezioni regionali anticipate.

I due alleati del premier spagnolo, i socialisti Pedro Sanchez e Albert Rivera, che chiedono nel quadro del 155 elezioni immediate, convinti di vincerle e di formare un governo alternativo a quello secessionista. Galiziano prudente e moderato Rajoy non è entusiasta di dover usare “l’arma atomica” del 155, malgrado le pressioni del suo partito, del leader di Ciudadanos Albert Rivera e della stampa madrilena. Oggi ha così di nuovo chiesto - ma per l’ultima volta - a Puigdemont di dare prova di “buon senso” e “non obbligare il governo a prendere decisioni che sarebbe meglio non prendere mai”.

Ma un passo indietro di Puigdemont sembra da escludere. In una giornata carica di incertezza e tensione i due avversari hanno preparato le prossime mosse, a seconda degli scenari che si disegneranno domani. Se Rajoy attiverà il 155, Puigdemont potrebbe rispondere proclamando la Repubblica e convocando elezioni non regionali ma costituenti del nuovo Stato indipendente. Una mossa preparata nelle ultime ore, in riunioni di crisi, dai partiti indipendentisti.

I 72 deputati di Puigdemont sono stati così pregati di non allontanarsi da Barcellona, mentre per sabato è stata convocata una grande manifestazione nella città catalana. Le organizzazioni della società civile si preparano intanto ad una resistenza pacifica di massa in difesa delle istituzioni se Madrid commissarierà la Catalogna. Gli scenari di domani, in caso di mancata risposta di Puigdemont o di una sua risposta negativa all’invito del premier, potrebbero essere questi: Rajoy convocherebbe una riunione straordinaria del governo per avviare la procedura ex art.155 al Senato, poi si sposterebbe a Bruxelles per chiedere l’appoggio del vertice Ue.

Intanto l’Autorità Fiscale di Madrid ipotizza le conseguenze di una rottura definitiva tra Madrid e Barcellona: un calo della crescita nel 2018 fino all’1,2%, con perdite fino a 12 miliardi per l’economia spagnola. L’art. 155 consentirà a Rajoy di assumere le competenze del Govern, iniziando dagli interni, con il controllo dei Mossos d'Esquadra, la polizia locale, e dell'economia, inibendo il vicepresidente Junqueras. Puigdemont non sarebbe destituito, ma perderebbe i suoi poteri. Contro di lui, però, potrebbe procedere la procura spagnola, incriminandolo per ribellione.

Claudio Canzone

Fonte foto: tgcom24.it