Colin resta "attaccato" alla corona.
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Colin resta "attaccato" alla corona.

giovedì 26 maggio, 2011

 ROMA, 26 MAGGIO 2011. Notizie non bellissime arrivano da Colin Firth dopo la perfetta mimesi del balbuziente re Giorgio VI, talmente perfetta da non riuscire a separarsi dalla balbuzie.[MORE]

L’attore inglese debuttò nella compagnia teatrale pluripremiata londinese in Another country nel 1983, nel 1995 ottenne grande successo anche a livello internazionale con l’adattamento televisivo di “Orgoglio e pregiudizio” di Jane Austen, recitò in seguito in numerosi film di successo come Shakespeare in Love, Il diario di Bridget Jones e Mamma Mia! con altrettanti importanti riconoscimenti quali British Academy Film Awards, Coppa Volpi al Festival di Venezia e Golden Globe.

A coronare una carriera già ricca di premi è arrivato l’Oscar come migliore attore protagonista con il film “Il discorso del re” di Tom Hooper, drammatizzazione in stile classico e recitazione quasi teatrale della vera storia del re balbuziente Giorgio Vi e dal suo amico logopedista Lionel Logue.

Colin spiega come ha girato la scena conclusiva della pellicola e di come si sia preparato per diventare re Giorgio VI, servendosi di materiale di repertorio della BBC e, in particolare, del filmato di chiusura a Wembley il 31 ottobre 1925, un terribile monologo pieno di esitazioni e di balbettamenti dopo il quale il futuro re iniziò a vedere il logopedista, i due attori passarono diverse settimane insieme per riuscire a mettere in scena il tutto e sembrare il più reale possibile.


Sembrerebbe che Firth non sia più uscito dal suo ruolo, non riesca a liberarsi della balbuzie, il tic intorno cui ruota tutto il suo ultimo film; se la notizia dovesse risultare vera potrebbe provocare non pochi problemi alla sua carriera da attore; “É come un'infezione” - avrebbe rivelato l'attore a più di un quotidiano britannico –“ Ti ritrovi a balbettare, senza nemmeno pensarci. Poi, se cominci a pensare che lo stai facendo, peggiori ulteriormente”. Un Oscar si aggiungerebbe a quello già vinto: l’Oscar della sfortuna.

Giuseppe Fratta


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