Donna si finge “giustiziera dei tradimenti”: condannata per revenge porn e stalking

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Una sessantenne lombarda adescava uomini sui social per “vendicare” donne tradite: due anni e quattro mesi di condanna

Una storia ai limiti della realtà arriva dal Tribunale di Prato, dove una donna di 60 anni, residente in Lombardia, è stata condannata in primo grado a due anni e quattro mesi di reclusione per revenge porn, diffamazione, stalking e sostituzione di persona.

Secondo l’accusa, la donna si sarebbe autoproclamata una sorta di “giustiziera dei tradimenti virtuali”, scegliendo le sue vittime casualmente sui social network con l’obiettivo, a suo dire, di difendere le donne tradite.

Un piano orchestrato con l’aiuto del figlio

A finire sotto processo anche il figlio trentenne della donna, condannato a un anno e otto mesi per stalking e sostituzione di persona. Sarebbe stato proprio lui a creare i profili falsi online utilizzati dalla madre per adescare gli uomini e organizzare la trappola.

La vicenda giudiziaria risale al 2020, ma secondo gli inquirenti non si sarebbe trattato di un episodio isolato: la donna, già segnalata in passato, avrebbe più volte agito in modo simile, spinta non da fini economici ma da una personale crociata morale contro l’infedeltà.

Come operava la “vendicatrice”

Nel caso specifico, la donna avrebbe adescato sui social un uomo di Prato, inviandogli una richiesta di amicizia da un profilo femminile falso. Dopo aver instaurato un dialogo fatto di messaggi erotici e scambi di foto, avrebbe deciso di inoltrare tutto il materiale alla compagna dell’uomo, alle loro famiglie, agli amici e persino ai colleghi di lavoro.

Le chat, stampate e raccolte in un dossier, sarebbero state spedite per raccomandata direttamente sul posto di lavoro della donna tradita.

Dalla vendetta al pedinamento

Quando la coppia, nonostante la tempesta mediatica e privata, ha deciso di restare insieme, la “giustiziera” avrebbe reagito intensificando la persecuzione.

Insieme al figlio, ha pedinato i due giovani, raccogliendo foto e video nel tentativo di dimostrare ulteriori tradimenti. Le vittime, accorgendosi di essere seguite, hanno denunciato tutto alla polizia, che ha infine identificato e fermato la responsabile.

La condanna e le implicazioni sociali

Il caso ha destato grande attenzione anche per le implicazioni sociali e psicologiche: la donna non ha mai chiesto denaro alle sue vittime, ma ha agito come se stesse “difendendo” le donne tradite, alimentando un concetto distorto di giustizia privata.

Il tribunale ha invece riconosciuto la gravità dei reati di revenge porn e stalking, reati che continuano a colpire numerose persone, spesso attraverso l’uso improprio dei social network.

Presunzione di innocenza

È importante ricordare che, nel sistema penale italiano, vige la presunzione di innocenza fino alla sentenza definitiva. Come sancito dall’articolo 27 della Costituzione italiana, nessuno può essere considerato colpevole fino a condanna passata in giudicato.

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Scritto da Redazione

Giornalista di InfoOggi

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