Politica

Guerra. Ecco il dissenso: la storia del conflitto Israele-Palestina

Dalle radici storiche ai recenti sviluppi nella lotta per la terra e l'identità la complessità storica e l'attuale

La guerra tra Israele e Palestina ha radici profonde. Sin dalla fine della prima guerra mondiale, durante il governo britannico, vi sono stati numerosi flussi migratori ebraici verso la Palestina, territorio prescelto su cui doveva sorgere lo Stato ebraico, senza tenere conto della popolazione araba precedentemente insediatasi nei territori. Numerosi politici tra cui l’inglese Balfour si sono dichiarati favorevoli alla costituzione di uno Stato ebraico in Palestina. In tale clima di tensione politico-internazionale  tra ebrei estremisti e palestinesi dall’altra parte la Gran Bretagna ha subito attacchi terroristici vedendosi costretta a chiedere aiuto all’ONU. Nel 1947 l’ONU propone un piano di spartizione territoriale: sarebbe stato creato uno Stato israeliano a cui sarebbe stato assegnato il 55 % del territorio e uno Stato palestinese  comprendente il 45% del territorio. La spartizione territoriale tuttavia, non era proporzionata all’effettiva popolazione presente in quei luoghi, 600.000 ebrei contro un milione di arabi, e inoltre lo Stato arabo non avrebbe goduto di continuità territoriale. 

Nel 1948 David Ben Gurion leader dell’Organizzazione sionista mondiale, capo dell’Agenzia ebraica proclamava unilateralmente  la nascita dello Stato di Israele, senza accordo con la controparte palestinese e innescando la guerra arabo-israeliana, che dura sino ai giorni nostri. Il 7 Ottobre 2023 Hamas effettua una serie di attacchi mirati e chirurgici in territorio ebraico, provocando numerose vittime e catturando ostaggi per avere potere contrattuale con Israele. La reazione del leader ebraico Netanyahu, non si è fatta attendere: un’offensiva su larga scala nella striscia di Gaza territorio che insieme alla Cisgiordania, secondo la proposta Onu del 1947 sarebbe dovuto toccare ai palestinesi. Il Pontefice Papa Francesco, somma autorità della Chiesa Cattolica, sin dagli attacchi del 7 ottobre, non ha mai smesso di fare appelli alle parti coinvolte per un cessate il fuoco, tutelare i feriti, proteggere i civili e i bambini e cercare di trovare  le vie del dialogo per risolvere questa guerra lunga e dolorosa,  proponendo la soluzione “ due popoli, due stati”  e utilizzando la terminologia “genocidio”  per condannare le azioni di Israele nella striscia di Gaza Lo scorso 14 febbraio, il Cardinale Parolin ministro degli esteri della Santa Sede, pronunciava  un comunicato stampa condannando le azioni ebraiche e invocando una risposta “proporzionata” poiché “ certamente 30mila morti non lo è” e sollevando tensione internazionale. Il Santo Padre si è collocato in una posizione di equidistanza  venendo per questo condannato dall’Assemblea dei rabbini d’Italia per aver messo in dubbio il  dialogo ebraico-cristiano  messo in atto nel 1986 da Giovanni Paolo II. Bergoglio ha preferito alla vicinanza per credo, il valore universale della vita degli innocenti, il valore della giustizia nella valutazione dei fatti e la luce della verità. La Santa Sede in un’ottica di moderazione  di lotta alla morte e alla sofferenza del prossimo,  di qualunque popolo come affermato da Parolin, “cerca in tutti i modi di essere giusta nei confronti di tutti e di tenere conto delle sofferenze di tutti”. Tutta la comunità internazionale sembra preoccupata dalla situazione in Medio Oriente, anche il Ministro degli Esteri Italiano, Antonio Tajani, espressosi sulla questione l’ha definita “reazione sproporzionata” “sta provocando troppe vittime civili”. La morte, i massacri dei civili palestinesi e gli stupri che avvengono a Gaza stanno alimentando solo una tensione crescente in tutta la regione mediorientale che sarà difficile da sanare negli anni a venire.

Sembra molto difficile immaginare come neonati o pazienti di un ospedale possano essere coinvolti attivamente in azioni terroristiche. La maggior parte delle vittime innocenti nei conflitti, come quello nella Striscia di Gaza sono spesso civili indifesi anziani, bambini, malati e altre persone vulnerabili che sono colpite dalle bombe o soffrono a causa della mancanza di cure mediche. È importante distinguere tra i combattenti e coloro che sono innocenti e non hanno alcuna responsabilità nelle ostilità. Secondo una stima della sede diplomatica del Vaticano il rapporto delle vittime civili rispetto alla vittime dei miliziani di Hamas è di 3 a 1 con circa un terzo di bambini  e tali morti non possono sicuramente essere giustificati come “danni collaterali” per eliminare i terroristi. Secondo l'Osservatore Romano il Vaticano riconosce “il diritto di Israele di assicurare alla giustizia i responsabili del massacro di ottobre”, ma viene altresì ribadito che “non può giustificare questa carneficina”. Non è possibile altresì tacciare, politici, capi di Stato e di Governo di antisemitismo o antigiudaismo solo perché si pongono a difesa della vita umana e dello stermino di un popolo, e Israele stante il suo passato storico, che sembra aver dimenticato, lo dovrebbe sapere meglio di tutti.

Marco Rispoli (Davoli)