Cronaca

Emanuela Orlandi: dalla scomparsa al ritrovamento del flauto che potrebbe esserle appartenuto...

ROMA, 07 APRILE 2013 - Il nome di Emanuela Orlandi, nata a Roma il 14 gennaio 1968, è tristemente legato alla cronaca nera ormai dal Giugno del 1983, da quando cioè, ancora adolescente, figlia di un commesso della Prefettura della Casa Pontificia, sparì in circostanze misteriose. La sua scomparsa resta, ancora oggi, uno degli inspiegabili casi irrisolti della nostra storia, in cui particolari sempre nuovi si aggiungono ad infittire il mistero.

La storia. Emanuela, che frequentava una scuola di musica in piazza Sant’Apollinare a Roma, il giorno della scomparsa, durante il tragitto che l’avrebbe condotta alla scuola, incontrò uno sconosciuto che le si avvicinò a bordo di una berlina verde, offrendole un lavoro ben remunerato come venditrice di cosmetici. Emanuela in quell’occasione rispose di dover chiedere il permesso ai genitori, e uscendo dalla scuola telefonò a casa, per l’ultima volta, raccontando alla sorella la proposta che le era stata fatta.

Dopo la telefonata, Emanuela fu accompagnata alla fermata dell’autobus alle 19.30 da un’amica, Raffaella Monzi e poco dopo la Orlandi fu vista da un vigile urbano, in servizio davanti al Senato, in compagnia di un uomo alto circa 1 metro e 75, sui 35 anni, con una valigetta e una berlina scura metallizzata. L’uomo, dall’identikit tracciato, fu poi identificato con Enrico De Pedis, membro della Banda della Magliana, anche se all’epoca De Pedis pare fosse latitante all’estero.

Il 25 giugno arrivò a casa Orlandi una chiamata da parte di un uomo che si presentò col nome “Pierluigi”. Questi raccontò che la sua fidanzata aveva incontrato a Campo dei Fiori due ragazze, ed una di queste, di nome Barbara, vendeva cosmetici ed aveva con sé un flauto. Secondo questa testimonianza "Barbara", si rifiutò di suonare il flauto perché si vergognava di indossare gli occhiali. La famiglia fu molto colpita dalla cosa perché effettivamente Emanuela suonava il flauto e si vergognava di indossare gli occhiali che aveva per correggere l’astigmatismo. Il 26 giugno "Pierluigi" chiamò ancora, dicendo che "Barbara" avrebbe suonato il flauto al matrimonio della sorella , ma il giovane rifiutò qualsiasi altra forma di collaborazione. Arrivarono altre chiamate da altri “testimoni” giudicati, però, dalla famiglia poco attendibili.

Dopo che il Papa, allora Giovanni Paolo II, durante l’Angelus del 3 luglio 1983 fece un appello ai responsabili della scomparsa di Emanuela Orlandi, ufficializzando così l’ipotesi di sequestro, giunse alla sala stampa vaticana la chiamata di quello che, per il suo accento inglese, fu poi definito “l’Amerikano”. Questi sosteneva di tenere in ostaggio la ragazza, chiamando in causa anche Mehmet Ali Ağca, l'uomo che attentò alla vita del papa un paio d’anni prima, chiedendo che fosse liberato entro il 20 luglio. Il 17 dello stesso mese, venne fatto ritrovare un nastro, in cui si confermava la richiesta di scambio con Ağca, vi era la richiesta di una linea telefonica diretta con il cardinale Casaroli, e si sentiva la voce di una ragazza che implorava aiuto. L’”Amerikano" fece 16 telefonate ma non rese concreta mai nessuna pista.  

Nel 2010, Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, avrà un colloquio con Mehmet Ali Ağca, in cui l'ex terrorista confermerà l'ipotesi di rapimento per conto del Vaticano, ipotesi che era stata già citata in una telefonata del 5 luglio 1983, e fa il nome del cardinale Giovanni Battista Re. Pietro Orlandi un anno dopo alla trasmissione “Chi l’ha visto?” dirà in collegamento di aver parlato con lo stesso Re che ha smentito tutto.[MORE]

Ipotesi di scomparsa. Le teorie sulla scomparsa della Orlandi furono molteplici, una di queste verrà fornita nel 2005 alla trasmissione “Chi l’ha visto?” da una telefonata anonima in cui si diceva che per risolvere il caso di Emanuela Orlandi bisognava vedere chi era sepolto nella basilica di Sant'Apollinare e controllare «Del favore che Renatino fece al cardinal Poletti». Si scoprì così che Enrico De Pedis, capo della banda della Magliana, era stato seppellito in territorio vaticano per volere del cardinale Ugo Poletti, allora presidente della Cei. L’ipotesi del collegamento tra la banda e la scomparsa della Orlandi non fu mai però confermata.

Un’altra supposizione fu quella del giornalista, già redattore de l’Espresso Pino Nicotri che, nei suoi due libri, Mistero Vaticano del 2002 ed Emanuela Orlandi - La verità del 2009, riconduce il tutto ad un insabbiamento per nascondere la morte della ragazza avvenuta in Vaticano il giorno stesso della scomparsa, durante un incontro sessuale con qualcuno molto in alto nella gerarchia ecclesiastica.

Altra teoria fu quella di Padre Gabriele Amorth, secondo cui la Orlandi sarebbe morta in un'orgia di pedofili in Vaticano, durante la quale, drogata, sarebbe poi stata uccisa. L’ipotesi di Amorth è stata rivelata in un'intervista rilasciata il 22 maggio 2012 a "La Stampa", in cui dice: «Come dichiarato anche da monsignor Simeone Duca, archivista vaticano, venivano organizzati festini nei quali era coinvolto come "reclutatore di ragazze" anche un gendarme della Santa Sede. Ritengo che Emanuela sia finita vittima di quel giro. Non ho mai creduto alla pista internazionale, ho motivo di credere che si sia trattato di un caso di sfruttamento sessuale con conseguente omicidio poco dopo la scomparsa e occultamento del cadavere. Nel giro era coinvolto anche personale diplomatico di un'ambasciata straniera presso la Santa Sede».

Papa Francesco rompe il silenzio. Alla prima messa di Papa Francesco nella cappella Sant'Anna, il Pontefice ha incontrato ad uno ad uno tutti i fedeli presenti. In quell'occasione, la famiglia di Emanuela Orlandi è riuscita a parlare direttamente con Bergoglio. Dopo anni di silenzi, durante i quali fu più volte richiesto sia a Giovanni Paolo II, sia a Benedetto XVI di affrontare la questione senza esito, Papa Fancesco ha rotto il silenzio. Pietro, il fratello, ha spiegato che si è trattato di una conversazione di trenta secondi o poco più, ma che il Vescovo di Roma gli ha dato fiducia. La famiglia chiederà un'udienza privata, intanto, l'incoraggiamento di Bergoglio è risultato essere d'aiuto a molti familiari delle persone scomparse.

«Gli chiederò di far avere alla magistratura i nastri con le telefonate riservate tra la Santa Sede e i sequestratori», ha affermato Pietro durante un'intervista al quotidiano “La Repubblica”. I parenti di Emanuela sostengono che il Vaticano abbia attivato un codice riservato, il cosiddetto “158”, appellandosi alla segretezza. «Se il Vaticano 15 giorni dopo il rapimento di mia sorella ha ritenuto di dover attivare un codice riservato, il 158 appunto, attraverso il quale il famoso Amerikano -portavoce dei rapitori, n.d.r.- poteva essere riconosciuto dalla segreteria del Vaticano ed essere messo in contatto direttamente con la segreteria di Stato, allora è arrivato il momento, anche se sono passati 30 anni, di fare avere quelle segretissime telefonate, tutte naturalmente registrate, alla magistratura. La Santa Sede non le ha mai volute inviare», ha aggiunto Pietro, secondo cui, in quelle telefonate è nascosta la verità.

Secondo il fratello di Emanuela, il Vaticano non avrebbe assunto un atteggiamento d'omertà per difendere le «Piccole pedine come Don Pietro Vergari», che fu indagato per concorso in sequestro. La famiglia Olrandi ritiene che ci sia qualcosa di più importante, ancora da scoprire. Per Pietro «Fu Giovanni Paolo II a far calare il silenzio e l'omertà su questa storia. Ricordo ancora quando venne a casa nostra. Disse che esiste il terrorismo nazionale e internazionale e che mia sorella era coinvolta nel secondo. Me lo ricordo proprio come fosse ora: lui sapeva come stavano le cose. Mise sulla bilancia l'immagine della Chiesa ed Emanuela. Scelse, ovviamente, la prima». Di Ratzinger, invece, ha ribadito che gli venne più volte chiesto di parlare della scomparsa, ma che gli venne impedito, poiché anche una sola parola avrebbe potuto essere franintesa.

Papa Francesco è riuscito a restituire speranza alla famiglia Orlandi, che continua a cercare la verità sulla scomparsa di Emanuela, nonostante le numerose delusioni subìte per il velo d'omertà che avvolgeva il caso.

Il flauto traverso. Durante la puntata di “Chi l'ha visto?” del 3 Aprile, è stato reso noto che un uomo si è presentato alla redazione dichiarando di sapere dove fosse nascosto il flauto di Emanuela Orlandi: nel 1983, infatti, la ragazza sparì con lo strumento dopo la lezione di musica. Inizialmente i giornalisti pensarono si trattasse di uno scherzo di cattivo gusto, ma hanno inviato Fiore De Rienzo, che da sempre si interessa del caso, nel luogo indicato dall'uomo. Con grande sorpresa, sotto una formella che rappresentava una stazione della Via Crucis, si trovava effettivamente una vecchia custodia con all'interno un flauto traverso, che assomiglia a quello usato da Emanuela.

L'astuccio nero era avvolto in due fogli di giornale di trent'anni fa ed uno di essi riportava un'intervista alla famiglia Orlandi, forse, affinchè chi lo ritrovasse, potesse collegarlo alla scomparsa della cittadina vaticana. La sorella di Emanuela ha spiegato a Fiore de Rienzo che il flauto potrebbe essere lo stesso: ricordava che la custodia era consumata ai quattro angoli ed ha affermato che era stato comprato di seconda mano, percui l'astuccio risultava essere già usurato nel 1983. Lo strumento musicale della ragazza era placcato in argento, proprio come sembra esserlo quello ritrovato, ma i familiari non hanno saputo indicare la marca né alcun segno particolare di quello suonato da Emanuela.

L'uomo che si è presentato nella sede di “Chi l'ha visto?” ha indicato per il ritrovamento un luogo che il giornalista De Rienzo ha ipotizzato fosse rimasto chiuso da molto tempo. La località è rimasta segreta al fine di non compromettere le indagini, ma mentre la scientifica cerca tracce da cui estrarre il Dna dal reperto ed eventuali impronte digitali, l'attenzione dei media italiani si concentra sul marchio. 

Il flauto riportato alla luce è stato prodotto dalla Rampone e Cazzano di Milano, che ha reso noto che lo strumento è stato fabbricato prima del 1983, poiché all'epoca veniva utilizzato un timbro particolare per indicare la produzione. Sul flauto è anche inciso un numero di serie, che inizia con al cifra 63. Il programma “Chi l'ha visto” ha omesso la parte finale del seriale affinchè qualunque possibile richiesta di restituzione possa rivelarsi veritiera.

PER AIUTARE LA FAMIGLIA ORLANDI:
-E' possibile consultare e diffondere il sito web www.emanuelaorlandi.it
-Firmare la petizione che si trova sul sito web per chiedere verità e giustizia
-Qualora si possano apportare informazioni utili relative al flauto traverso, contattare "Chi l'ha visto" al numero 06.8262
-Nel caso si venisse a conoscenza di informazioni rilevanti e pertinenti alla scomparsa di Emanuela Orlandi, contattare immediatamente il 112

(Foto di Emanuela con il flauto, da dagospia.com)

Alessia Malachiti e Katia Portovenero