Economia

Federal Reserve, il vicepresidente Fischer rassegna le dimissioni

WASHINGTON, 7 SETTEMBRE - Dimissioni a sorpresa di Stanley Fischer dalla vicepresidenza della Federal Reserve. Il banchiere centrale, 74 anni, il cui mandato di numero due della banca centrale Usa era in scadenza nel giugno 2018, ha inviato ieri una lettera al presidente degli Stati Uniti Donald Trump, adducendo "ragioni personali”. [MORE]

Fischer è uno dei più stretti alleati nel consiglio della Fed del presidente Janet Yellen, il cui mandato scade a sua volta nel febbraio prossimo. Le sue dimissioni accelerano quindi il cambio della guardia ai vertici della banca centrale, dove Trump ha già tre seggi vacanti da riempire e la possibilità di rimodellare la Fed su una linea più in sintonia con la sua. Yellen resta tuttavia in corsa per continuare a ricoprire l'incarico, ma un candidato più forte è considerato il consigliere economico di Trump, Gary Cohn. Resta però da vedere se e come l’uscita di Fischer influenzerà la successiva scelta del numero uno.

Finora Trump ha effettuato una sola nomina, quella di Randal Quarles, ex consigliere economico di George W. Bush, ancora da approvare dal Congresso. Quarles si dovrebbe occupare della regolamentazione delle banche e della finanza, un tema su cui l’amministrazione Trump vuole imporre una marcia indietro rispetto alle regole introdotte dopo la crisi finanziaria scoppiata nel 2008. Yellen e Fischer invece si sono entrambi pronunciati contro questa inversione di tendenza. La presidente della Fed lo ha fatto nel suo discorso di Jackson Hole il mese scorso, mentre il suo vice lo ribadisce nella lettera di dimissioni.

"Abbiamo proseguito sui passi intrapresi in precedenza – scrive Fischer a Trump – per rendere il sistema finanziario più forte e resistente e maggiormente in grado di fornire il credito che è così vitale alla prosperità delle famiglie e delle imprese". Recentemente, aveva detto che i tentativi di allentare i vincoli sul sistema finanziario sono "pericolosi e miopi". Il banchiere centrale rivendica anche nella lettera che dalla sua nomina (nel 2014 da parte di Barack Obama) "l’economia ha continuato a rafforzarsi, fornendo milioni di posti di lavoro addizionali ai lavoratori americani”.

Fischer è considerato un vero e proprio “padrino” del central banking contemporaneo e gode di enorme peso internazionale. È stato uno dei principali economisti a studiare a fondo l’indipendenza delle banche centrali ed è stato maestro, al Massachusetts Institute of Technology, del presidente della Bce Mario Draghi, e dell’ex presidente della Fed Ben Bernanke, oltre che degli attuali governatori di Brasile e Argentina. È stato tra l’altro il numero due del Fondo monetario negli anni della crisi dei Paesi emergenti, capo economista della Banca mondiale e governatore della Banca d’Israele fra il 2005 e il 2013.

Claudio Canzone

Fonte foto: cbsnews.com