Arresti, sequestri e indagini della DDA: coinvolte associazioni attive in Italia e all’estero
Una vasta operazione antiterrorismo coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia e Antiterrorismo di Genova ha portato all’arresto di nove persone accusate di aver finanziato Hamas con oltre 7 milioni di euro, dirottando fondi raccolti formalmente per scopi umanitari a favore della popolazione di Gaza.
Le misure cautelari hanno colpito anche tre associazioni, con sequestri patrimoniali superiori agli 8 milioni di euro.
Le indagini: fondi umanitari trasformati in finanziamenti al terrorismo
L’inchiesta nasce da una serie di segnalazioni di operazioni finanziarie sospette, precedenti anche al 7 ottobre 2023, che hanno acceso l’attenzione degli investigatori su un sistema strutturato di triangolazioni bancarie e trasferimenti internazionali.
Secondo gli inquirenti, oltre il 70% delle somme raccolte con finalità dichiarate di assistenza umanitaria sarebbe stato reindirizzato direttamente a Hamas o ad associazioni ritenute collegate, controllate o riconducibili all’organizzazione terroristica.
La cifra stimata ammonta a 7.288.248,15 euro, fondi che – se confermato – sarebbero stati sottratti agli aiuti reali per la popolazione civile di Gaza.
Il ruolo delle associazioni e le operazioni triangolate
Le contestazioni riguardano operazioni di finanziamento effettuate tramite bonifici bancari e canali associativi, spesso con il coinvolgimento di organizzazioni con sede all’estero, utilizzate come snodo intermedio per aggirare i controlli.
I fondi sarebbero poi confluiti verso:
- associazioni attive a Gaza, nei Territori Palestinesi e in Israele,
- soggetti ritenuti esponenti o affiliati ad Hamas,
- familiari di detenuti o di autori di attentati terroristici, contribuendo – secondo l’accusa – a rafforzare l’adesione alla strategia terroristica, inclusi attentati suicidi.
Gli arresti e il rischio di fuga
Tra gli arrestati figura Mohamed Hannoun, presidente dell’Associazione palestinesi in Italia, residente a Genova. Per lui la gip ha ravvisato un “concreto e attualissimo pericolo di fuga”, legato a un progetto già avviato di trasferimento in Turchia, dove avrebbe dovuto aprire una nuova sede associativa.
Le intercettazioni avrebbero documentato:
- l’imminenza della partenza,
- accordi familiari per il ricongiungimento,
- tentativi di elusione dei controlli, tra cui la pulizia dei dispositivi informatici, l’apertura di nuove associazioni intestate a prestanome e l’uso di canali finanziari sempre più cautelativi.
Le misure cautelari e le forze impegnate
L’ordinanza è stata eseguita da:
- DIGOS di Genova,
- Guardia di Finanza – Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria,
- Nuclei speciali della Polizia,
su disposizione del Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Genova, con custodia cautelare in carcere per tutti e nove gli indagati.
Il fermo a Firenze e la cellula italiana
Uno degli arresti è avvenuto a Firenze, dove Raed Al Salahat è stato prelevato nella sua abitazione senza opporre resistenza. Nell’alloggio sono stati sequestrati documenti e materiale ritenuto rilevante.
Secondo gli investigatori, Al Salahat:
- è membro del comparto estero di Hamas,
- ha espresso apprezzamenti per attentati terroristici nel corso delle intercettazioni,
- è stato referente per Firenze e la Toscana, operando all’interno della cellula italiana.
Le accuse: associazione con finalità di terrorismo
Tutti gli indagati rispondono del reato di associazione con finalità di terrorismo anche internazionale (art. 270-bis c.p.).
Tra le contestazioni principali figura la condivisione delle decisioni operative, comprese quelle finalizzate alla creazione di nuove associazioni benefiche ritenute funzionali a proseguire il supporto finanziario ad Hamas.
Le reazioni politiche: Meloni e Piantedosi
La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha espresso pubblicamente “soddisfazione per un’operazione di particolare complessità e importanza”, ringraziando:
- la Procura di Genova,
- la Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo,
- Polizia di Stato, Guardia di Finanza,
- e il supporto informativo dell’AISE.
Sulla stessa linea il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, che ha parlato di “un’operazione significativa che ha squarciato il velo su attività mascherate da solidarietà”, ribadendo il valore delle forze di polizia italiane tra le migliori al mondo, pur nel rispetto della presunzione di innocenza.
Presidi e proteste a Milano
In risposta agli arresti, a Milano si è svolto un presidio di solidarietà in piazza Cavour, poi trasformatosi in corteo verso corso Buenos Aires e piazza San Babila.
Tra gli slogan:
- “La solidarietà non è terrorismo”,
- “Liberi subito”,
- cori contro il governo italiano e quello israeliano.
Le posizioni della comunità palestinese
Dure le dichiarazioni di esponenti della comunità arabo-palestinese in Italia, che parlano di criminalizzazione del sostegno umanitario e di pressioni internazionali. Secondo queste posizioni, gli arresti colpirebbero persone impegnate nel supporto alla popolazione palestinese, alimentando una frattura profonda nel dibattito pubblico.
Un’indagine destinata a far discutere
L’operazione rappresenta uno dei più rilevanti interventi antiterrorismo degli ultimi anni in Italia, destinato ad avere ripercussioni giudiziarie, politiche e sociali.
Al centro resta il nodo cruciale: la distinzione tra solidarietà umanitaria e finanziamento illecito, in un contesto internazionale segnato da conflitti, tensioni e forte polarizzazione.