"I ragazzi stanno bene", incontri ravvicinati col terzo tipo
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"I ragazzi stanno bene", incontri ravvicinati col terzo tipo

mercoledì 9 marzo, 2011

NAPOLI, 9 MARZO - Se qualche assiduo frequentatore delle sale cinematografiche fosse anche un vorace smanettone del web, potrebbe facilmente incuriosirsi dopo la visione del film “I ragazzi stanno bene” (The Kids are Alright) e digitare su Google il nome della regista e sceneggiatrice: “Lisa Cholodenko”. [MORE]In realtà, se il nostro signor “websurfer” fosse anche un cinefilo doc, dovrebbe già conoscere l’autrice, assai apprezzata nel circuito indipendente per film come “High art” e soprattutto “Laurel Canyon”, che già scandagliava le complesse dinamiche del nucleo familiare. Una garanzia, insomma. Che diventa “certezza” se si considera che la Cholodenko conosce molto bene l’argomento del suo ultimo film, essendo madre lesbica impegnata da anni in una convivenza omosex.

The Kids are Alright” – titolo ripreso da una canzone degli “Who”, con allusione alla preoccupazione prioritaria del benessere dei minori – vede infatti protagoniste Nic e Jules (rispettivamente, Annette Bening e Julianne Moore), perfetta coppia lesbica di mezza età. Le due hanno costruito un sereno ambiente familiare assieme ai figli adolescenti, Joni (appena maggiorenne, prossima al College) ed il più introverso e giovane Laser. È proprio quest’ultimo a fare pressioni alla sorella perché si rivolga alla banca del seme per farsi mettere in contatto con il donatore segreto, padre biologico. Paul, self-made man single ed un po’ playboy,  è un buon lavoratore che gestisce un ristorante biologico alla periferia di Los Angeles. Superati gli imbarazzi iniziali, il rapporto col sedicente padre motociclista sembrano accelerare. Ma che diranno le madri?

Si potrebbe descrivere il film come una commedia convenzionale su una famiglia anticonvenzionale. Commedia “convenzionalmente” buona, però. Si, perché a qualche regista italiano, incline a ricadute cinepanettonistiche perfino quando ha tra le mani soggetti potenzialmente “impegnati”, “I ragazzi stanno bene” andrebbe fatto rivedere più di una volta. Forse vanamente, considerando che sotto il profilo tecnico, le sue sono peculiarità che non si possono imparare: la sceneggiatura brillante e controllata, il perfetto bilanciamento dei toni con la comedy che sfuma in dramedy, l’abile slittamento dei punti di vista votato a chiaroscurare i rapporti familiari anziché perdersi nelle caratterizzazioni di singole maschere da commedia.

La Cholodenko opera una scelta ben definita e la sfrutta con coerenza: riflettere sulla normalità di una coppia anormale, anziché trasformare le anomalie in gag. Sicché i problemi di Joni non riguardano l’avere due madri, bensì i primi amori, la crescita, l’indipendenza; il rapporto tra Nic e Jules conosce le tensioni di una tradizionale relazione amorosa, come le mancate attenzioni, il tradimento, il perdono. Tensioni che la macchina da presa asseconda a meraviglia, come nella magnifica sequenza della cena a casa di Paul, con i timori di Jules ed i cambi di umore di Nic sottilmente profilati con un gioco di primi piani e soggettive. L’unico paradosso – intelligente – è quello dell’elemento di “normalità” che viene percepito da Nic come un corpo estraneo: il padre naturale che si trasforma in un terzo incomodo. A ben vedere, le famiglie, di ogni tipo, hanno i propri meccanismi di difesa.

Per la serie “il grado zero del cinema”, è ancora una volta il fattore umano a contare: le splendide interpretazioni dei protagonisti. Annette Bening (Golden Globe e candidata agli Oscar come migliore attrice protagonista) è una credibilissima mamma coi pantaloni ed i capelli corti, tanto aggressiva quanto liberale, tanto dispotica quanto fragile. Julianne Moore ha semplicemente classe ed esperienza da vendere e duetta a meraviglia con Mark Ruffalo (candidato agli Oscar come migliore attore non protagonista). È merito soprattutto loro se “i ragazzi” – quelli del pubblico – stanno bene.

ANTONIO MAIORINO
 


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