Il caso Spotlight, il cinema da Oscar. O da Pulitzer?
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Il caso Spotlight, il cinema da Oscar. O da Pulitzer?

giovedì 25 febbraio, 2016

IL CASO SPOTLIGHT di Tom McCarthy, la recensione. Il film racconta l'indagine del 2001 del Boston Globe per far venire a galla la verità sugli abusi di minori ad opera di sacerdoti. Rigoroso, ben interpretato, acuto, ma senza acuti: abuso di verità?

Il caso Spotlight sarà uno dei migliori film dell’anno, ma diciamola tutta: sembra più il primo della classe, che il fuoriclasse. Si sviluppa, cioè, come uno di quei film dall’esecuzione impeccabile, dai contenuti nobili, dall’infallibile dialettica, ma che tende a sorvolare sui personaggi, pur di mantenere il nitore della ricostruzione giornalistica: la tensione drammatica non nasce per struggimento o per scontro di morali, piuttosto per le frizioni di procedura, per le difficoltà incontrate dai reporter investigativi del Boston Globe rispetto a budget e scadenze. Straordinario per limpidezza, gli si darebbe più volentieri una sorta di Pulitzer cinematografico, anziché l’Oscar.

D’investigazioni si parla, dunque: sui meccanismi, più che sulle psicologie. Nel 2001, il team Spotlight del giornale di Boston, formato dall’editore Walter Robby Robinson (Michael Keaton) e dai cronisti d’assalto Mike Rezendes (Mark Ruffalo), Sacha Pfeiffer (Rachel McAdams) e Matt Carroll (Brian d’Arcy James), intraprese delle ricerche sulla copertura degli abusi sessuali di alcuni preti della chiesa cattolica in Massachussetts. Incalzati dal neodirettore ebreo Marty Baron (Liev Schreiber), catapultato da Miami ed inflessibile nei propri propositi, i reporter si muovono tra vittime traumatizzate, avvocati reticenti e l’implicito ostracismo della comunità cattolica: un campo minato, ma le mine delle matite sui taccuini son ben appuntite e vanno fino in fondo. [MORE]

FAMIGLIA POCO CRISTIANA - L’approccio del regista Tom McCarthy si fa apprezzare per deontologia cinematografica: non si aggrappa alle tante storie sommerse per cavarne melodrammi, ma nemmeno le minimizza; si concentra sul turbamento di una verità scaturita per spremitura, anziché votarsi alla facile tragedia. Dieci in condotta per orientamenti di questo tipo, ma è inevitabile concluderne che la condotta dei bravi attori ne risulti condizionata fino al punto da spostare i faretti sui fatti, anziché sui personaggi: poco sapremo delle loro vite al di fuori del lavoro. S'indovina un palpito tra le scartoffie.

(foto dal set, fonte KERRY HAYES: da sinistra a destra, R. McAdams, M. Keaton, M. Ruffalo, B. d'Arcy James)

Esemplare in questo senso è il Mark Ruffalo stacanovista separato, che vive in una sorta di scantinato ombroso mentre cerca di far luce sui fatti: la “separata” non compare mai, la "moglie" resta infatti una parola sussurrata, l’intuizione dello spettatore funzionale a realizzare che, caspita, Mike Rezendes è così assorbito dal proprio lavoro da non potersi dedicare alla famiglia.

LA SQUADRA – Le strategie con cui Spotlight trascina da una stanza dei bottoni all’altra – la newsroom della redazione giornalistica, le anticamere dei tribunali, i salotti ovattati dei prelati – producono, dunque, una sorta di febbre dell’inchiesta, ma si resta abbottonati sulle spinte centrifughe: il lavoro di equipe appassiona, ma le passioni dei protagonisti afferiscono più al tormento professionale che allo scavo morale o al rovello individuale. Se si potesse, si darebbe al film di Tom McCarthy il premio per il miglior cast, apprezzando della scelta corale la volontà, antispettacolare, di aderire alla vicenda. Risultato: il coro non stona, ed anzi, ne apprezzi persino le voci di contorno (un severo Stanley Tucci, avvocato d’un pezzo, un ambiguo Jason Slattery, vice manager del gruppo), ma poi niente acuti.

Può andar bene, comunque: l’acutezza resta nel fatto che la verità che viene a galla non è semplicemente quella contingente, di cronaca, bensì quella esistenziale, oltre che professionale, su certi disturbi collettivi dell’attenzione, sulla difficoltà di guardare in faccia alla realtà anche quando le cose capitano sotto il nostro naso. Il caso Spotlight non lascia nulla al caso, dunque, e vince la grande scommessa (ma non grandissima) di fare un cinema cristallino.

DATA USCITA: 18 febbraio 2016
GENERE: Drammatico
REGIA: Thomas McCarthy
CAST: Rachel McAdams, Mark Ruffalo, Michael Keaton, Stanley Tucci, Liev Schreiber, Billy Crudup, John Slattery, Len Cariou, Jamey Sheridan
SCENEGGIATURA: Thomas McCarthy, Josh Singer
FOTOGRAFIA: Masanobu Takayanagi
MONTAGGIO: Tom McArdle
MUSICHE: Howard Shore
DISTRIBUZIONE: BIM
PAESE: USA
DURATA: 128 Min
NOTE: selezione ufficiale Venezia 2016, 6 nomination agli Oscar

(nell'immagine principale, in alto: dettaglio del poster di Spotlight)

Antonio Maiorino


Autore
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