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Il diritto di uccidere di Gavin Hood, se questa è una guerra intelligente

IL DIRITTO DI UCCIDERE DI GAVIN HOOD, la recensione. Con un cast di assoluto livello (Helen Mirren ed il compianto Alan Rickman su tutti), il thriller di guerra racconta l'insicurezza di chi gestisce i più alti livelli di sicurezza, tra adrenalina e dubbio.

Benvenuti nella guerra contemporanea, fatta di droni, microtelecamere, missili telecomandati ed ogni sorta di diavoleria elettronica. E poi, benvenuti nel dilemma morale vecchio quanto l’umanità: “uccidere o non uccidere, questo è il problema”. Insomma, la guerra intelligente, ossia ipertecnologica ed arcistrategica, e la dubbia intelligenza della stanza dei bottoni, dove ministri, militari, avvocati, segretari ed affini si azzuffano, mossi da diversi interessi, per concordare… se premere un bottone. Il risultato: un thriller di guerra disinnescato, da camera, in cui l’effetto adrenalina si scatena soprattutto quando la camera nascosta nell’insetto-drone segue loschi personaggi e fa ronzare dubbi nella testa di spie e comandanti.

Occhi chiari e sguardo d’acciaio, il Colonello Katherine Powell (una convincente Helen Mirren) supervisiona un’operazione meticolosamente studiata con l’obiettivo di catturare una giovane inglese che in Kenya si è unita al radicalismo islamico di Al-Shabaab. Quando la sorveglianza high-tech lascia intuire che la rinnegata sta ordendo un attacco terrorista in una casa di Nairobi, la parola d’ordine cambia da “catturare” a “uccidere”. Il Generale Frank Benson (Alan Rickman), suo superiore, concorda in videoconferenza, ma l’ultima parola spetta ai superiori dei superiori. Già: chi? La patata bollente passa di mano in mano mentre la situazione evolve, ma ai piani alti nessuno pare volersi prendere la responsabilità di una decisione che scotta. [MORE]

Con Il diritto di uccidere, il regista Gavin Hood intreccia con disinvoltura la suspense della corsa contro il tempo con la farsa tragica. Se sul terreno della guerra di droni si è mosso di recente il film Good Kill di Andrew Niccol con Ethan Hawke, il retroterra cinematografico è in realtà più attempato ed originalmente rielaborato: certi orizzonti di boria alla Kubrick sono rivissuti con citazioni dal Dottor Stranamore, con un’ironia esplosiva che trapassa rapidamente nello sconcerto e nel dubbio etico. Alcuni, se non tutti gli uomini del Presidente sembrano figurine comiche: il Ministro all’inaugurazione con i problemi intestinali (troppi gamberetti al cocktail), o l’impegnatissimo Ministro in ambasciata che gioca a ping-pong, mentre le linee rimbalzano quesiti di Stato, del tipo: vale la pena sacrificare la vita di civili per sventare un possibile attacco terrorista?

Nel terrore di prendere decisioni con effetti negativi sull’elettorato, il rimpallo è incalzante, soprattutto tra chi fa la voce grossa nel consesso e chi, suo malgrado, esegue: vedasi il bravo Aaron Paul, giovane, efficiente e traumatizzato, o l’aviere scelto senza scelta Aisha Takow, che mettono sul tavolo l’obiezione di coscienza più ingestibile di tutte: fuori al quartier generale dei terroristi, c’è un’innocente bambina che vende il pane. Ecco allora che il film diventa qualcosa di affine a La parola ai giurati, incentrandosi su di un difficile giudizio, mentre l’occhio nel cielo continua a teletrasportare sulla scena del possibile delitto, in cui l’agente sotto copertura (un fisicissimo Barkhad Abdi, visto anche in Captain Phillips) ne passa di tutti i colori.

Tra azione e inazione, è quasi impossibile non schierarsi e non innervosirsi, anche se alla fine si resta con la sensazione che la cornice politica non sia poi così rifinita e che questa ricostruzione della banalità del male, o del bene di Stato, sia leggermente scolastica. Ma forse l’obiettivo da centrare era proprio questo: raccontare la nonchalance, o al più sofferenza “burocratica”, di tante decisioni che ogni giorno influenzano lo scacchiere dei rapporti tra gli Stati e la vita di persone in carne ed ossa. Diritto di replica allo spettatore.

 

USCITA: 25 agosto 2016
GENERE: drammatico, guerra, thriller
REGIA: Gavin Hood
CAST: Helen Mirren, Aaron Paul, Alan Rickman
SCENEGGIATURA: Guy Hibbert
FOTOGRAFIA: Haris Zambarloukos
MUSICHE: Paul Hepker, Mark Kilian
PRODUZIONE: eOne Films
DISTRIBUZIONE: Teodora Film
PAESE: Gran Bretagna
DURATA: 102'

(immagini: in copertina, Helen Mirren di spalle in un dettaglio di fotogramma del film; all'interno, fotogramma del film con Barkhad Abdi, a destra))

Antonio Maiorino