Il Teatro degli Orrori colpisce ancora con l'omonimo disco
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Il Teatro degli Orrori colpisce ancora con l'omonimo disco

martedì 5 aprile, 2016

CATANZARO - 05 APRILE - 2016 - C’era una volta Il Teatro degli Orrori: una favola in bianco e nero? Forse sì, la loro. Arrabbiati, grintosi e mai stanchi di farsi sentire, dal 2005 dominano la scena musicale con canzoni sprezzanti e ritmi penetranti e fanno impazzire le folle.[MORE]

Dopo il successo di “Il Mondo Nuovo” nel 2012, tornano carichi con il nuovo album “Il Teatro degli Orrori”, uscito il 2 ottobre 2015.

Una creatura senza nome se non quello dei loro creatori, un titolo non titolo quasi a simboleggiare il cambiamento e il nuovo percorso artistico.

Di sicuro rinnovata è la composizione del gruppo: accanto agli storici Pierpaolo Capovilla (voce), Gionata Mirai (chitarra elettrica), e Francesco Valente (batteria e percussioni), e Giulio Ragno Favero (basso elettrico), si aggiungono Kole Laca (tastiere) e Marcello Batelli (chitarra elettrica).

Due artisti già vicini nel precedente album, ma che in questo hanno dato, ancora di più, il loro contributo, integrandosi pienamente e in modo coerente con lo spirito della band, con il modo di fare musica, di concepire le canzoni, di registrare e di lavorare sul disco.

Registrato e mixato presso il Lignum Studio da Giulio Ragno Favero e masterizzato da Giovanni Versari, presso La Maestà, l’album irrompe con un rock definito, essenziale e ricercato, ma porta con sé lo spirito furioso e viscerale che li accompagna da sempre.

Dodici canzoni come dodici atti di uno spettacolo teatrale, dodici capitoli di un romanzo a tinte scure che dipingono l’Italia da una prospettiva realistica, nella sua crisi politica ed antropologica.

Pennellate di ironia, sarcasmo e disincanto per parlare di temi attuali e quotidiani: l’alienazione del lavoro e il consumismo compulsivo, la violenza dello stato ed il dramma dei profughi in fuga dalle guerre, l’emarginazione, le prigioni reali e mentali e il disagio psichico.

Testi impegnati e di cultura infinita, frutto della penna follemente geniale del frontman Pierpaolo Capovilla, con l’obiettivo di scrivere canzoni che rimangano nella storia, perché il tempo esiste per sempre.

Disinteressati e indifferenti, La paura, Sentimenti inconfessabili, Bellissima, Il lungo sonno - Lettera aperta al partito Democratico, Genova, Slint, Cazzotti e Suppliche, Benzodiazepine, Una giornata al sole, Una donna: titoli di un viaggio metaforico tra gli stati d’animo, quando si alza il sipario delle illusioni e sul palcoscenico l’unica attrice è la vita vera, con le gioie e i dolori.

E così “è il naufragio di un paese che mi ruba i giorni, i mesi, gli anni”(Bellissima) e, quindi, “amica mia, scappiamo via da un paese che non cambia perché non vuole cambiare non cambia, perché non vuole”(Lavorare stanca).

“I tempi cambiano, o no, la storia corre è come un lungo sonno ad occhi aperti che non finisce mai, nemmeno se lo vuoi ma forse è questo che vuoi” (Il lungo sonno - lettera aperta al partito Democratico), “ma guarda, li vedi, amico mio sono profughi, scappano da morte certa e noi qui a farci i cazzi nostri, e tu, donna la bellezza del tuo sorriso parla del tuo coraggio la sua dolcezza è una bandiera ” (Una donna), “che bella cosa una giornata al sole finalmente vivere un po’ i tuoi desideri non chiedo tanto vorrei soltanto il tuo sorriso” (Una giornata al sole).

Se, dunque, ciò che manca agli italiani - come ha affermato il chitarrista Gionata Mirai - è la fiducia in se stessi, nel poter cambiare le cose, senza aver bisogno di delegare gli altri, Il Teatro degli Orrori vuole essere l’occasione in musica per raccontare la realtà senza veli, per sbatterla in faccia così com’è, ma anche e soprattutto per dare un messaggio di speranza, al di là del pessimismo, e spingere all’agire pratico.

Iolanda Raffaele
 

 


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