"Il vero abito nuziale"
Fantasticherie del cuore Calabria

"Il vero abito nuziale"

domenica 7 gennaio, 2018

Le feste natalizie sono ormai terminate. Si spengono gli alberi colorati nelle piazze e nelle case e si smonta il presepe nei luoghi dove ancora si crede nel valore eterno della natività. Questo santo periodo è servito a maturare dentro di sé un rinnovamento, capace di dare alla vita di ognuno un senso più alto? La domanda è seria, ma sotto alcuni aspetti la risposta rimane molto critica! In giro si è sentito parlare spesso di vacanze, di piatti speciali; di feste senza orari; di giochi d’azzardo nei clubs o nelle case private; di intere giornate trascorse nei centri commerciali a passeggiare senza una direttrice o una metà sensata. Qualcuno mi potrebbe dire come tutto questo rientri negli usi e costumi della società odierna e che il tutto non preclude di vivere il Natale nella sua intensità. A parole l’osservazione non fa una grinza.[MORE]

Ma è veramente così, senza voler intaccare la libertà di come utilizzare il proprio tempo? Qui non si vogliono condannare le scelte personali su come organizzare la giornata, ma affermare con serenità che al di sopra di ogni gesto c’è una verità che precede ogni cosa. Una verità che libera l’uomo da ogni sua angoscia e che non può essere tradotta secondo i propri schemi mentali . Non a caso oggi la si vorrebbe gestire in un modo del tutto riservato, fino al punto di confondere il vangelo con dei riferimenti di sapore relativistico, ampiamente legati ad un Dio privato da collocare persino nell’alveo della Chiesa. Si confonde l’abito che consente di accedere al banchetto nuziale, con quello che si utilizza per ogni “faccenda” sporca o pulita che sia. I diritti così si riflettono in una espressione di maggioranza e non nello specchio del valore ontologico della natura.

La società odierna purtroppo spinge in quest’ultima direzione, offrendo un vangelo truccato e tradotto secondo le sensazioni in voga, dettate da comportamenti sociali e politici proiettati solo ad un consenso fine a sé stesso. Vivere nella Chiesa è propedeutico nell’indossare l’abito nuziale che trae tutto il suo splendore dal Vangelo in ogni sua Parola e in ogni sua verità. Se il vangelo viene distorto dalle mille teorie in campo o “per spirito di semplicioneria e dabbenaggine o per totale carenza scientifica e teologica, filosofica e morale, antropologica e spirituale”, l’abito indossato è tutt’altra cosa e i risultati che vediamo di continuo dinnanzi a noi ne sono la chiara conferma. Il pericolo non sta quindi nella libertà di scegliere, ma nel confondere la verità con tante sensazioni pilotate. In proposito una riflessione dal portale: http://homilyvoice.it/public/TT/2018.01/06G.htm :

“Se l’abito del Vangelo è uguale ad ogni altro abito, se la Parola di Cristo è uguale ad ogni altra parola, se l’Eucaristia è uguale ad ogni altro pezzo di pane, se il battesimo è uguale ad ogni altra ritualità religiosa, se il sacerdozio ministeriale è uguale in tutto al sacerdozio battesimale, è evidente che qualcosa non funziona più nella Chiesa. O chi trasmette la Parola non ritiene più fare differenza tra la sua Parola e la parola di ogni altro uomo, oppure si deve pensare che chi recepisce la Parola, diabolicamente la trasforma per un suo vantaggio personale, per apparire persona moderna, aperta al mondo, libera nei pensieri e nelle idee, favorevole a qualsiasi dottrina, senza dare ad essa nessuna connotazione morale”. Un quadro che strappa il vero abito nuziale e lascia il banchetto della vita alla mercé di un deleterio pressapochismo spirituale e materiale.

Egidio Chiarella

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