AGRIGENTO, 14 NOVEMBRE 2011 - Le fiamme tornano ad avvolgere il centro di accoglienza di Lampedusa. Questa volta sono stati incendiati alcuni mezzi parcheggiati all’interno della struttura di contrada Imbriacola, tra cui un furgone di proprietà della cooperativa “Lampedusa accoglienza”. [MORE]
È il terzo incendio appiccato a mezzi di proprietà del centro. La prima volta è toccato ad una Ford in uso all’amministratore delegato Cono Galipò, a cui è seguito il danneggiamento di un altro furgone nella notte di giovedì scorso. L’ultimo atto di vandalismo ai danni del Cie si è consumato ieri sera, quando davanti ai cancelli del centro è stato dato alle fiamme l’ennesimo furgone intestato alla società che gestisce la struttura.
Le autorità sono impegnate nelle indagini per scoprire i responsabili del danneggiamento, ma al momento non sono stati rinvenuti indizi che possano ricollegare il fatto agli immigrati tunisini rimasti sull’isola. È questa infatti l’ipotesi ventilata da molti cittadini, convinti che dietro ai numerosi atti vandalici degli ultimi giorni ci siano gli stessi volti dei tunisini che il 20 Settembre scorso diedero alle fiamme il centro. Gli immigrati avevano appiccato il rogo nell’ultimo disperato tentativo di impedire il rimpatrio ordinato nei loro confronti dal Viminale e portato a termine nei giorni seguenti alla chiusura del centro. Già nel 2009 un altro incendio, sempre appiccato dai tunisini, aveva provocato numerosi danni.
L’incendio di settembre aveva gravemente danneggiato due dei tre edifici del Centro di accoglienza. L’intera struttura, resa impraticabile dalla furia delle fiamme, chiuse i battenti il giorno stesso e gli oltre 1.000 migranti che ospitava si riversarono nelle strade della città dove furono costretti a trascorrere la notte al freddo. In quell’occasione, il sindaco di Lampedusa Bernardino De Rubeis era intervenuto con un appello diretto all’allora ministro Maroni, nonché all’ex Premier Silvio Berlusconi e al Presidente della Repubblica Napolitano, ai quali si era rivolto con parole di rabbia e sconforto. ”Adesso siamo stanchi – aveva detto De Rubeis - Non li vogliamo più. Non accettiamo più un solo tunisino sulla nostra isola".
"Adesso la faccenda sta diventando molto seria – ha detto invece Cono Galipò sui fatti di ieri sera - inizio a preoccuparmi davvero. All'inizio pensavo che fosse soltanto un episodio dovuto all'isteria per l'incendio del centro d'accoglienza, ma adesso comincio a pensare che ci sia dell'altro". Questa la testimonianza dell’ad che gestisce il centro, il quale ha fatto sapere di trovarsi già in viaggio verso Lampedusa per denunciare l’incidente alle autorità.
Per il momento, la situazione sull’isola è sotto controllo e non si sono registrati disordini. Tuttavia, la città è rimasta bollata come “porto non sicuro” a seguito dei fatti di Settembre, e per il momento resta incerto il futuro di un centinaio di dipendenti della struttura di contrada Imbriacola. I lavoratori sono infatti bloccati a casa da quando furono inseriti in cassa integrazione dopo la chiusura del centro, ed almeno fino al 31 Dicembre nessuno potrà dire in che modo proseguiranno le loro storie.
Riccardo Marcucci
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