NAPOLI 17 AGOSTO - Intervento del Cardinale Domenico Battaglia
In un tempo in cui la guerra viene spesso raccontata attraverso numeri, strategie e analisi tecniche, una voce si alza per ricordare che dietro ogni conflitto ci sono volti, respiro, carne ferita. Non grafici. Non statistiche. Ma esseri umani.
È la voce del Cardinale Domenico Battaglia, Arcivescovo metropolita di Napoli, che con parole forti e senza compromessi invita a guardare oltre la retorica politica, oltre le giustificazioni strategiche e oltre l’indifferenza che anestetizza le coscienze.
Il suo intervento non è un semplice commento, ma una denuncia vibrante, un appello morale che attraversa la retorica e colpisce il cuore. Battaglia non parla solo ai credenti: parla a chiunque riconosca il valore della vita umana come fondamento irrinunciabile di ogni civiltà. Le sue parole cercano chi si è abituato alle notizie di bombardamenti come fossero bollettini meteorologici, chi si rifugia nel cinismo per non vedere il dolore, chi ha smarrito il coraggio di indignarsi.
Il Cardinale ricorda che la guerra non è un concetto astratto: è un bambino che ha paura al buio, una madre che scava tra le macerie, un soldato ventenne mandato a morire, un chirurgo che opera senza luce. E chiede alla politica, alle istituzioni, e a ciascuno di noi, di smettere di chiamare con nomi neutri ciò che è ingiusto, violento e disumano.
Il suo messaggio è semplice e radicale: non possiamo restare spettatori. Perché la pace non nasce nei palazzi del potere, ma nei gesti quotidiani, negli atti di cura, nella capacità di custodire la fragilità dell’altro.
Oggi, più che mai, queste parole risuonano come una domanda che non possiamo eludere:
stiamo proteggendo l’umanità o contribuendo alla sua distruzione?
L'intervento del Cardinale Domenico Battagli
Altro che la "madre cristiana" dei miei stivali!
"E voi che sprofondate nelle poltrone rosse dei parlamenti, abbandonate dossier e grafici: attraversate, anche solo per un’ora, i corridoi spenti di un ospedale bombardato; odorate il gasolio dell’ultimo generatore; ascoltate il bip solitario di un respiratore sospeso tra vita e silenzio, e poi sussurrate – se ci riuscite – la locuzione «obiettivi strategici».
Il Vangelo – per chi crede e per chi non crede – è uno specchio impietoso: riflette ciò che è umano, denuncia ciò che è disumano.
Se un progetto schiaccia l’innocente, è disumano.
Se una legge non protegge il debole, è disumana.
Se un profitto cresce sul dolore, è disumano.
E se non volete farlo per Dio, fatelo almeno per quel poco di umano che ancora ci tiene in piedi.
Quando i cieli si riempiono di missili, guardate i bambini che contano i buchi nel soffitto invece delle stelle. Guardate il soldato ventenne spedito a morire per uno slogan. Guardate i chirurghi che operano al buio in un ospedale sventrato. Il Vangelo non accetta i vostri comunicati “tecnici”. Scrosta ogni vernice di patria o interesse e ci lascia davanti all’unica realtà: carne ferita, vite spezzate.
Non chiamate «danni collaterali» le madri che scavano tra le macerie.
Non chiamate «interferenze strategiche» i ragazzi cui avete rubato il futuro.
Non chiamate «operazioni speciali» i crateri lasciati dai droni.
Togliete pure il nome di Dio se vi spaventa; chiamatelo coscienza, onestà, vergogna. Ma ascoltatelo: la guerra è l’unico affare in cui investiamo la nostra umanità per ricavarne cenere. Ogni proiettile è già previsto nei fogli di calcolo di chi guadagna sulle macerie. L’umano muore due volte: quando esplode la bomba e quando il suo valore viene tradotto in utile.
Finché una bomba varrà più di un abbraccio, saremo smarriti. Finché le armi detteranno l’agenda, la pace sembrerà follia. Perciò, spegnete i cannoni. Fate tacere i titoli di borsa che crescono sul dolore. Restituite al silenzio l’alba di un giorno che non macchi di sangue le strade.
Tutto il resto – confini, strategie, bandiere gonfiate dalla propaganda – è nebbia destinata a svanire. Rimarrà solo una domanda:
«Ho salvato o ho ucciso l’umanità che mi era stata affidata?»
Che la risposta non sia un’altra sirena nella notte.
Convertite i piani di battaglia in piani di semina, i discorsi di potenza in discorsi di cura. Sedete accanto alle madri che frugano tra le macerie per salvare un peluche: scoprirete che la strategia suprema è impedire a un bambino di perdere l’infanzia. Portate l’odore delle pietre bruciate nei vostri palazzi: impregni i tappeti, ricordi a ogni passo che nessuno si salva da solo e che l’unica rotta sicura è riportare ogni uomo a casa integro nel corpo e nel cuore.
A noi, popolo che legge, spetta il dovere di non arrenderci.
La pace germoglia in salotto – un divano che si allunga; in cucina – una pentola che raddoppia; in strada – una mano che si tende.
Gesti umili, ostinati: “tu vali” sussurrato a chi il mondo scarta.
Il seme di senape è minimo, ma diventa albero. Così il Vangelo: duro come pietra, tenero come il primo vagito. Chiede scelta netta: costruttori di vita o complici del male.
Terze vie non esistono".
Cardinale e Arcivescovo metropolita di Napoli, Mons. Domenico Battaglia