Intervista al professor Alessandro Meluzzi sul suo ultimo libro: "Bullismo e Cyberbullismo"
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Intervista al professor Alessandro Meluzzi sul suo ultimo libro: "Bullismo e Cyberbullismo"

martedì 3 febbraio, 2015

TORINO, 03 FEBBARIO 2015 - Il professor Alessandro Meluzzi, medico chirurgo specialista in psichiatria, psicologo, psicoterapeuta e criminologo, ha di recente presentato il suo ultimo libro, dal titolo "Bullismo e Cyberbullismo". 

Nella pubblicazione, edita da Imprimatur (2015), si possono trovare gli studi del professor Alessandro Meluzzi in merito ai fenomeni che influenzano l'atteggiamento dei "bulli" moderni, che si avvalgono anche delle più recenti tecnologie per registrare e mostrare gli atti compiuti. Unendo esempi pratici e teorici, il professor Alessandro Meluzzi esamina infatti anche l'amplificazione degli atti commessi dai "bulli", analizzando il ruolo dei social networks nella società attuale. [MORE]

Intervista al professor Alessandro Meluzzi

Professor Meluzzi, può spiegare come s’innesca il bullismo? Quali sono i segnali che non devono essere sottovalutati?
«Il bullismo si innesca quando un individuo maltratta psicologicamente o fisicamente un altro essere umano. I segnali che non vanno sottovalutai sono diversi per il carnefice e per la vittima. Per quest’ultima è più facile individuarli: può trattarsi di lesioni più o meno gravi sul corpo oppure di isolamento e depressione. Invece, è più difficile individuare i segnali che provengono dai bulli perché i carnefici possono essere agli occhi degli adulti bravi ragazzi o buoni studenti. Insomma, persone di cui apparentemente ci si può fidare».

Nel suo libro, Lei parla anche di bullismo femminile, è differente da quello maschile?
Un tempo il bullismo femminile si differenziava da quello maschile. Quello femminile era prevalentemente psicologico. Le bulle prendevano in giro e isolavano le loro vittime. Oggi le bulle non sono diverse dai bulli maschi, anche loro usano la forza fisica per sopraffare le loro vittime.

Qual è il ruolo dei social network? 
«I social network, ma in senso lato tutto il web, ha modificato il bullismo. Infatti, attraverso la rete un bullo può perseguitare la sua vittima sempre e ovunque. E spesso i genitori non sanno niente, perché non controllano ciò che i figli fanno sul web. Ci vorrebbe un maggior controllo e più dialogo tra genitori e figli».

Nella Sua pubblicazione viene spiegato che un “bullo” cerca di affermarsi per compensare la propria fragilità: è quindi necessario che le famiglie si informino sul fenomeno per prevenire atti di bullismo?
«Come ho detto prima, spesso è difficile riuscire a individuare un bullo perché all’apparenza sembra un bravo ragazzo. Infatti, quando si informa un genitore che il proprio figlio è un bullo quasi sempre non ci crede, difende la prole e pensa che sia il figlio stesso ad essere stato preso di mira. È importante la prevenzione, che parte sempre dall’informazione!»

Il Suo libro può essere di supporto alle famgilie per comprendere il fenomeno e dunque contrastare il bullismo ed il cyberbullismo?
«Non ho la presunzione di dire che il mio libro possa in qualche modo influire sulle persone. Ma ho cercato di sintetizzare le mie impressioni e le miei teorie riguardo il fenomeno. I genitori non dovrebbero però limitarsi a leggere un libro e a dire che hanno compreso il bullismo, dovrebbero parlare con i propri figli per cercare di capire se hanno un problema e per comunicargli che sono presenti in caso di bisogno».

Nella pubblicazione Lei unisce studi teorici ad esempi pratici: può accennare qualcosa su uno dei casi portati come esempio?

«Dal momento che abbiamo parlato di bullismo femminile, mi inserirei in questo filone. Abbiamo detto che i social network hanno cambiato il bullismo ma non solo, hanno anche esteso o amplificato alcuni elementi. Ad esempio un tempo la ragazza più bella poteva isolare o prendere in giro le ragazze meno belle, in base ovviamente ai canoni di bellezza del proprio tempo. Oggi una bella ragazza può tranquillamente mettere alla berlina una ragazza considerata brutta davanti a migliaia di persone. Questo provoca effetti devastanti per la psicologia di una adolescente».

Lei spiega che le “gesta” del “bullo” possono essere pubblicate e trasmesse tramite smartphone: quanto influisce la moda dei “mi piace” e dei riscontri sui social network, sulla mente del soggetto?
«La moda dei “mi piace” è pericolosa. Un bullo che ottiene molti “like” può sentirsi potente e diventare dipendente da questa sensazione, può non rendersi conto che oltrepassa i limiti. Non c’entra col bullismo o c’entra in parte, chi ha pochi “mi piace” è uno sfigato!»

Come dovrebbero comportarsi i media per “condannare” tali gesti e non incoraggiare i “bulli”?
«Non si parla abbastanza del fenomeno perché le vittime si vergognano di ammettere di essere state soggette a soprusi. Certamente bisogna parlarne di più, soprattutto in televisione che è il mezzo ancora di maggiore informazione in Italia. Invece, per quanto riguarda il web è necessario che qualcuno faccia da garante e da vigile per poter condannare pubblicamente il bullismo e per poter vietare a chi commette reati di bullismo di avere accesso a Internet. Sembra impossibile perché i ragazzi hanno molti accessi alla rete come gli smartphone e perché tutti possiamo creare un profilo falso sul web. Oltre alla pubblica condanna, una pena determinata sulla base degli interessi del bullo».

Nel libro si parla anche delle “baby escort”, come si correla questo fenomeno al bullismo?

«Baby escort e bullismo sono correlati non solo per il mezzo (Internet) che usano per adempiere alle loro malefatte ma anche per i retroscena socio-educativi. I genitori insegnano che il più forte vince e allo stesso tempo che i soldi fanno la felicità. E allora che cosa impedisce a un giovane, che oggi ha i mezzi per farlo, di guadagnarsi da vivere facendo la prostituta o minacciare i più deboli per raggiungere lo stesso obiettivo? La colpa non è solo dei genitori ma anche delle istituzioni e degli esempi che i media ci propongono».

Infine, come descriverebbe il suo libro?
«È una domanda a cui non saprei rispondere. Il mio proposito era quello di studiare il fenomeno perché, per quanto lo abbia incontrato in passato, non pensavo di saperne abbastanza e negli ultimi tempi molti giornalisti mi facevano domande riguardo il bullismo. Quindi, tutto è nato per una ricerca personale che poi inaspettatamente si è trasformata in un progetto editoriale. Spero che serva davvero a qualcuno leggere questo libro. Spero che qualcuno abbia il coraggio di denunciare».

Per informazioni sul libro "Bullismo e Cyberbullismo" è possibile consultare il sito web del professor Alessandro Meluzzi

(Foto da alessandromeluzzi.it)

Alessia Malachiti 


Autore
https://www.infooggi.it - Il Diritto Di Sapere

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