Cultura e Spettacolo

L'Amleto sotto la Regìa di Formigoni: Angioino "In piena"

MOLA DI BARI, 14 GENNAIO 2012-            Un teatro Pieno come ultimamente i teatri non si vedono. Chiuso il sipario da qualche minuto, il Teatro Angioino di Mola stasera registra un quasi tutto esaurito. La TRAGEDIA di William Shakespeare, HAMLET, riadattata in una formula un tantino più moderna, ha riacceso la curiosità di molti spettatori . [MORE]Quasi assente nella fedeltà dei costumi o dell’accademica impostazione del teatro di riproposta per quest’opera, in scena non abbiamo visto per nulla il “pathos costruito in laboratorio”, ma la veracità dei dialoghi. Con questo Amleto (interpretato da SILVIO GIOIA) si ribalta l’impatto scenico. Irrompe con un pallone da basket, accenna qualche palleggio. Poi scatta con la parola. Pare, all’inizio, non voler dar ristoro al pubblico pretenzioso. Così non è: la sua spontaneità è disarmante, la follìa sembra non recitata. Di sua parola “per mancanza di pathos, perché non ho mai coltivato un percorso accademico, piuttosto ho sempre puntato sulla caratterizzazione più cruda del personaggio”.

Con la stessa enfasi, nei panni di Claudio-Ofelia-Gertrude- Laerte, gli interpreti Adriano BASILE, Ermelinda NASUTO, Angelica SCHIAVONE e Giancarlo LUCE, hanno aiutato la trama a sollevarsi, snella e leggera come solo la regìa di Formigoni sarebbe riuscita a creare (lui difatti è stato il promotore negli anni ’70 del “Teatro Ragazzi”, passando poi al Teatro Kismet che ha visto la sua firma). Mentre “l’Impazzìto” Amleto viene accecato dalla vendetta per la morte di suo padre, i nodi si attorcigliano. Ad inizio atto, il passato vien su da un escamotage metateatrale: un “rude” teatrino di marionette farà entrare in crisi il Re Claudio, intrappolato come un topo nella gabbia della colpevolezza svelata. Gertrude, madre del principe, per antico tradimento, pur amoreggiando nel caldo letto dell’assassino Claudio, viene inchiodata nella pena del delitto commesso con la condanna delle lacrime. E così, nel susseguirsi dell’Unico Atto, Ofelia, mira delle “profferte amorose di Amleto”, perirà in un silenzioso suicidio per il dolore della perdita del padre, Polonio (ciambellano di Elsinore, reggia di Danimarca e caduto accidentalmente per mano dello stesso Amleto) .


Carlo FORMIGONI appresta un teatro che scandaglia i giovani talenti irrobustendo quelli più in avanti con l’esperienza. Gioca con il buio delle tenebre (nel teatro, come nelle “piccinerìe” di ognuno) e con la luce (sul palco, come nelle “meditazioni ad altezze vertiginose” del protagonista). Ma quando il sipario sta per chiudersi e dal palco l’attore ringrazia per “aver assistito numerosi”, una spettatrice ribatte al ringraziamento a voce alta: “Grazie a voi, per il vostro coraggio”. Questa, forse, la conferma della buona riuscita per Teatro delle Forche di questo sapiente esperimento, seppur slacciato dal tradizionale amletico con in mano un teschio al quale domanda se “essere o non essere” sia il problema.

Qui, tutto questo, non c’è.              Semmai un metateatro, con quel rullo di tamburi di contorno (anche quella, bella trovata per dar vigore alle azioni) che fa un certo effetto. Fortissimo.

Anna Ingravallo
In alto a sinistra, sezione foto della serata appena conclusa del Teatro Angioino (direttore Francesco Capotorto)

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