L'elaborazione del lutto. Ne parliamo con lo Psicoterapeuta Fabio Meloni
Salute Lazio

L'elaborazione del lutto. Ne parliamo con lo Psicoterapeuta Fabio Meloni

lunedì 9 luglio, 2018

ROMA, 9 LUGLIO 2018 - La morte di una persona cara rappresenta solitamente una delle maggiori difficoltà che un individuo affronta nel corso dell’esistenza. Dolore, rabbia, sconforto, frustrazione e avvilimento sono soltanto alcuni degli stati emozionali che prova chi vive un lutto.

Ogni soggetto affronta la morte e ciò che ne consegue in modo personale, tende ad elaborare spontaneamente le strategie adattive per superare il trauma, ma non sempre riesce a lasciarsi alle spalle questo delicato percorso senza portare con sé profonde ed estenuanti ferite, che se non curate, alla stregua di quelle corporali, non cicatrizzano correttamente e generano una profonda escalation di malessere.

Abbiamo chiesto al Dottor Fabio Meloni, Psicologo e Psicoterapeuta, alcuni aspetti riguardo l’elaborazione del lutto e quali conseguenze potrebbero scaturire quando la perdita di una persona cara non viene accettata e superata.

Dottor Meloni, ogni essere umano ha le capacità di superare un lutto?
“Tra le esperienze che possiamo fare nel corso della nostra vita, sicuramente il lutto è una delle più complicate da affrontare. La morte di una persona cara suscita in noi vissuti di perdita, di profonda solitudine, di smarrimento e disorientamento. Improvvisamente ci accorgiamo della nostra fragilità, della precarietà dell’esistenza, della difficoltà a dargli un senso definito. In ogni caso, per quanto sia una delle esperienze più traumatiche nella vita, noi esseri umani siamo naturalmente attrezzati per attraversare il lutto, a patto di permettere al dolore e alla tristezza di emergere ed esprimersi. In altre parole, il vissuto depressivo che in genere segue la perdita di una persona cara è il principale strumento di elaborazione del lutto che possediamo e che è bene lasciare emergere. È solo attraversando il dolore che è possibile superarlo”.

Quali sono le principali difficoltà (psicologiche e psicosomatiche) che possono insorgere dopo la morte di una persona cara?
“Una delle principali difficoltà che può presentarsi dopo la morte di una persona cara è quella di prendersi lo spazio e il tempo necessari per elaborare la perdita. L’insorgenza di eventuali disturbi psicologici o addirittura psichiatrici dopo un lutto è strettamente connessa all’incapacità di fare i conti, psicologicamente, con la morte del nostro caro. Peraltro, non è infrequente che si manifestino disagi anche importanti in seguito a una perdita affettivamente significativa. In particolare, quando una morte è improvvisa si possono presentare forme depressive gravi, attacchi di panico e altre manifestazioni d’ansia o un disturbo post traumatico da stress. Possono inoltre comparire - o accentuarsi, se già presenti - dipendenze da sostanze come alcool, droghe, farmaci, cibo, spesso utilizzate per tentare di arginare la sofferenza”.

Esistono delle fasi per l’elaborazione del lutto?
“L’elaborazione del lutto è un processo strettamente soggettivo e ogni individuo affronta la perdita in un modo che è in linea con la propria storia, il proprio carattere e la propria personalità. Tuttavia, è possibile individuare alcune fasi che tipicamente gli esseri umani attraversano nell’affrontare un evento luttuoso. È molto comune, ad esempio, che il primo momento sia caratterizzato da una vera e propria negazione (“non è possibile!”, “non è vero!”) soprattutto quando la morte della persona cara è improvvisa e non c’è stata alcuna possibilità di preparazione. È uno stato di choc che “paralizza” le emozioni e protegge da una sofferenza che sarebbe altrimenti troppo intensa. È un momento piuttosto delicato, nel quale la persona cerca di fare di tutto per negare la perdita. Nei casi più gravi può abusare di sostanze o di psicofarmaci. A questa fase segue in genere un vissuto di rabbia più o meno intensa rivolta verso sé stessi, verso la persona che ci ha abbandonato e lasciato soli e verso tutti coloro che, in qualche misura, sono ritenuti responsabili della sua scomparsa. La rabbia, peraltro, è funzionale ad una mobilitazione di risorse vitali utili a fronteggiare la transizione verso il dolore. Il vissuto di rabbia, infatti, è seguito in genere da uno stato depressivo più o meno profondo che segnala l’inevitabile presa di contatto con la realtà: è infine raggiunta la consapevolezza della scomparsa della persona cara e, allo stesso tempo, è permesso al dolore di emergere. Non è un processo lineare: ansia, sensi di colpa, frustrazione e disistima sono sentimenti che frequentemente costellano questo periodo. La fase depressiva lentamente permette l’espressione della tristezza che prelude all’accettazione. Quest’ultima fase consente di attuare una profonda ristrutturazione del senso della nostra vita, sia dando valore a ciò che di buono per noi ha lasciato la persona che se ne è andata, sia trovando uno spazio in noi nel quale coltivare il ricordo e l’amore per lei”.

Ritiene che ce ne sia una particolarmente ostica da superare?
“Ogni persona ha i suoi tempi per attraversare e superare ciascuna di queste fasi. Inoltre, non sempre questi stadi procedono linearmente: molto spesso si oscilla tra l’uno e l’altro lungo il percorso e non di rado il superamento di una fase può essere preceduto da un’apparente regressione ad una fase precedente. Potenzialmente ogni fase può essere ostica da superare: la capacità di transitare attraverso il dolore del lutto è strettamente connessa alla storia e alle caratteristiche della persona, al contesto di appartenenza, alle risorse personali e sociali di cui dispone. Alcune persone, ad esempio, faticano ad accettare i vissuti depressivi e tentano di allontanarli in ogni modo, altre hanno difficoltà con la rabbia e, per questo motivo, permangono a lungo in uno stato di negazione o scivolano direttamente in una depressione sconfinata. Il passaggio attraverso le fasi del lutto, inoltre, non dipende unicamente dalle caratteristiche di personalità, ma ha molto a che vedere anche con la realtà quotidiana che la persona vive: chi è impegnato e socialmente integrato ha in genere più risorse per superare una perdita rispetto a chi è solo o vive condizioni di marginalità e disagio”.

Perché alcuni individui non riescono ad accettare la morte come processo dell’esistenza? Quando si sconfina nel patologico?
“Più che di incapacità di superare il lutto in alcuni individui, preferisco parlare di incapacità di transitare fluidamente attraverso tutte le fasi del lutto. Alcune persone, infatti, quando hanno difficoltà a far emergere alcune emozioni o sentimenti, permangono senza una reale consapevolezza all’interno di una delle fasi del lutto. Uno dei problemi principali di solito ha a che fare con la difficoltà ad accettare la propria e l’altrui fragilità. Per alcune persone l’intensità del dolore che una perdita importante comporta è intollerabile e quanto più è rigida la propria struttura caratteriale e di personalità, tanto più complicato e ostico sarà attraversare il lutto. La morte di una persona cara è un’esperienza dolorosa che può piegare chiunque, a patto di essere psicologicamente flessibili in modo sufficiente. Se la propria struttura è rigida, il rischio di essere spezzati più che piegati è molto elevato”.

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E’ sempre necessario ricorrere alla Psicoterapia?
“La psicoterapia è una pratica professionale nella quale il dolore della persona è accolto con apertura e disponibilità umana. Lo psicoterapeuta si astiene da ogni giudizio e si impegna ad accompagnare chi soffre nel percorso attraverso il lutto e le sue fasi. La psicoterapia non è sempre necessaria, ma di sicuro è utile in ogni caso”.

Se la morte di una persona cara è imminente, è preferibile iniziare un percorso psicologico prima che si verifichi la perdita?
“Avviare un percorso psicologico ancora prima che la perdita si verifichi è certamente consigliabile e auspicabile. Quasi sempre ci si rivolge allo psicoterapeuta quando il dolore o i sintomi sono arrivati a livelli intollerabili, rendendo sicuramente più complicato e lungo il processo di cura. Prevenire aiuta a vivere meglio e a non far precipitare la qualità della propria vita. Il passaggio attraverso le differenti fasi del lutto può essere fonte di grande malessere per chiunque: l’ansia, il senso di colpa, la depressione, la rabbia sono vissuti difficili da sperimentare e le soluzioni “artigianali” conducono spesso a sofferenze che si protraggono sottotraccia per molti anni, per poi emergere di colpo e inaspettatamente. Lo psicologo o lo psicoterapeuta rappresentano un sostegno costruttivo che consente di attraversare in modo protetto il periodo in cui avviene la perdita di una persona cara, ristrutturando nel contempo il proprio orizzonte esistenziale e assicurando un’elaborazione del lutto serena e definitiva”.

Cosa consiglia a coloro che stanno vivendo un lutto e pensano di non avere più aspettative riguardo al futuro?
“Prendersi spazio e tempo per elaborare il lutto e vivere la perdita. Accettare serenamente di farsi aiutare se necessario, permettendosi la propria fragilità. Non giudicarsi, avere pazienza e tolleranza verso se stessi, coltivare il ricordo e la memoria, trasformare lentamente la nostalgia e il dolore in accettazione, gratitudine e apertura al futuro. Valorizzare ciò che la persona ci ha lasciato e darle uno spazio nel nostro cuore. Il poeta Attilio Bertolucci scrisse: “Assenza, più acuta presenza”: non possiamo più vedere chi è morto, ma possiamo sentirlo intensamente presente. Il modo migliore per accogliere l’acuta presenza di una persona scomparsa è quello di celebrare la vita, compresa la propria”.

Si ringrazia il Dottor Fabio Meloni

Luigi Cacciatori

 


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