PALERMO, 29 APRILE 2013 - La mafia non è uno di quegli ostacoli che la vita normalmente ti pone davanti, ma quando succede devi decidere se cedere al compromesso o affrontare la situazione con forza nella legalità. Valeria Grasso ha fatto la scelta coraggiosa di combattere la criminalità organizzata, molto organizzata, con i mezzi che lo Stato le ha messo a disposizione: la vita ne esce per certi versi frammentata, ma anche rinforzata dall’esperienza e dalla solidarietà di chi crede ancora nella giustizia. [MORE]
Cos’è la mafia per Valeria Grasso?
La mafia per me è qualcosa di indefinibile, mi fa schifo, è un mondo fatto da vigliacchi, spietati, che agiscono sempre dietro le quinte; mentre chi li combatte, li affronta a volto scoperto.
In che modo la mafia l’ha perseguitata?
In mille modi, per esempio, ma solo per citarne uno, riuscendo ad azzerare la clientela della mia palestra. Come? Forse aprendone una vicinissima alla mia, magari molto più bella....super attrezzata.....Del resto non gli mancano i capitali per comprare attrezzature all'avanguardia.
Cosa le ha fatto più paura e perché ha deciso di andare a denunciare?
Non ho avuto assolutamente paura nell'andare a denunciare; credo si debba avere seriamente paura nel vivere dentro determinate situazioni, di compromesso.."paga e sarai tranquillo" non è proprio cosi, "paga una volta, la tua vita sarà finita per sempre ". Gli atti di intimidazione sono stati veramente tanti, anche verso i miei familiari per cui dopo diverse denunce ed appelli di richieste di protezione, dopo anni mi è stata assegnata una tutela. Dopo circa un anno la situazione è peggiorata tanto da inserirci nel programma di protezione per testimoni di giustizia e decidere, insieme alla Procura di Palermo, di andare a vivere fuori dalla Sicilia. Non si è preparati a sentirsi un peso o, ancor peggio, un pacco postale che, una volta portato a destinazione, missione compiuta, arrivederci e grazie. Non avere degli interlocutori con i quali potere discutere direttamente per cercare di risolvere le problematiche legate alla nuova vita e ciò, ad eccezione degli agenti del NOP che sono semplicemente degli intermediari tra i testimoni di giustizia ed il Servizio Centrale di Protezione, che ha imparato benissimo a proteggere se stesso da noi testimoni.
Si è mai sentita isolata?
Momenti di solitudine? Si tanti, nella quotidianità la solitudine è tanta. La mia decisione nell'andare a denunciare, non è stata motivata da qualcosa in particolare, è stata una scelta scontata, non ho mai voluto avere alcun tipo di compromesso con certi esseri parassiti.
Quando ha saputo che avrebbe fatto parte di un programma di protezione per testimoni, come ha reagito? E la sua famiglia?
Certamente la mia famiglia ha sofferto per questa decisione e continua a soffrirne, non soltanto per la grande solitudine, ma per tutta un seria di disagi che si vivono ed ai quale non si è assolutamente preparati. Per esempio vivere circa quattro mesi in albergo prima di avere una casa e non sapere cosa dire ai propri figli per giustificare tutto ciò.
Lei adesso ha un’altra attività. Ora dalle persone riceve maggiore solidarietà o c’è ancora paura e indifferenza?
La società civile è vicina, in particolare i giovani dai quali giornalmente ricevo una grande forza che mi fa andare avanti senza mollare, cercando di fare di tutto, affinché altri non vivano le amarezze che io ed altri testimoni stiamo vivendo con le rispettive famiglie.
Alessandro Bertolucci e Giulia Farneti