Economia

Manovra economica: lacrime sui dipendenti,esclusi evasori

Dopo aver negato la crisi per due anni, Tremonti annuncia lacrime e sangue. A pagare il dissesto dei conti pubblici saranno i lavoratori e i pensionati. Taglio del salario legato alla produttività, blocco dei rinnovi contrattuali e delle “finestre” pensionistiche

ROMA – Tecnici al lavoro anche durante il week end per mettere a punto la manovra che, come già annunciato dal ministro Tremonti nei giorni scorsi, sarà di 25 miliardi complessivi ma che, secondo alcuni, potrebbe lievitare fino a 60 miliardi.[MORE] Il Governo, in altri termini, si adegua alla congiuntura internazionale e al contesto delle decisioni prese durante l’euro-vertice dello scorso week-end con misure molto severe, soprattutto nel settore pubblico. La manovra che i tecnici stanno mettendo a punto inciderà – quanto pesantemente ancora non si sa bene – sulle retribuzioni dei dipendenti pubblici, sul turn-over, sulle “finestre” pensionistiche e, molto probabilmente, anche sulla spesa sanitaria.

GLI STIPENDI PUBBLICI

Le anticipazioni sui provvedimenti relativi agli stipendi dei dipendenti pubblici hanno già messo in subbuglio i sindacati (vedi l’articolo di Rossanna Dettori, segretario della Fp-Cgil, che pubblichiamo a parte). In effetti, la manovra in itinere del Governo, prevede un taglio del salario accessorio. Infatti, nelle intenzioni del Governo c’è la volontà di prelevare soldi dal “Fua” (Fondi unici di amministrazione) con il quale è finanziata quella parte di salari e stipendi legati alla produttività dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche centrali, delle agenzie e degli enti pubblici non economici. Si ipotizza un taglio medio delle retribuzioni pari a circa 20 euro mensili. L’incasso per il Governo ammonterebbe a circa un miliardo nel biennio 2010-11. Ma la perdita netta di valore delle retribuzioni pubbliche non si fermerebbe qui, perché è in previsione anche l’allungamento dei tempi per i rinnovi contrattuali fino al 2012. Ciò comporterebbe evidentemente il rinvio del rinnovo anche della parte economica, con il mancato adeguamento dei livelli retributivi al tasso di inflazione, con un risparmio per la spesa pubblica oscillante fra 1,3-1,8 miliardi. La manovra dovrebbe prevedere anche il perdurare del blocco del turn over, che era in scadenza quest’anno, con effetti prevedibili sul livello della disoccupazione.
Allo studio anche la sterilizzazione degli aumenti automatici per quelle categorie non contrattualizzate (magistrati, professori universitari, prefetti e ambasciatori). Altro strumento allo studio è lo slittamento del pagamento delle liquidazioni ai dipendenti che vanno in pensione e l’abolizione di alcune finestre per i dipendenti che stanno per raggiungere l’età per la pensione di anzianità. Attualmente, lo Stato è obbligato a pagare questi emolumenti entro 90 giorni, dopo i quali scattano gli interessi al 5%. L’ipotesi è quello di raddoppiare i tempi, con l’allungamento a 180 giorni. I risparmi ottenuti da questa parte della manovra ammonterebbero a 5 miliardi.

NESSUNA STRETTA SULL’EVASIONE FISCALE
Ciò che più stupisce delle anticipazioni sulla manovra economica è la netta contrarietà che, ancora una volta, nonostante il deteriorato tessuto dei conti pubblici, il ministro Tremonti avrebbe formulato in relazione ad una stretta sull’enorme evasione fiscale che perdura nel nostro Paese. Il ministro, infatti, non introdurrebbe alcun nuovo strumento in grado di far emergere redditi omessi o nascosti ma tenderebbe a prolungare i termini dello scudo fiscale o di altro condono fiscale ancora da studiare. Il Governo sarebbe favorevole a nuove tassazioni sui giochi on line e a perseguire maggiormente l’evasione internazionale, portando il gettito del recupero dagli attuali 9,1 miliardi a 16,6.

UNA MANOVRA SQUILIBRATA
Tagliare in questo modo gli stupendi pubblici italiani quando l’evasione fiscale è stimata, con una previsione minimale, in 100 miliardi all’anno, vuol dire predisporre una politica di bilancio come se ci si trovasse in un Paese normale, dove tutti i cittadini pagano il dovuto all’Erario. Se non si fossero smantellati tutti gli strumenti per l’emersione dei redditi nascosti introdotti dal II Governo Prodi, insieme all’abrogazione dell’Ici versata dai ceti più abbienti, decisioni a suo tempo avversate dall’attuale maggioranza come una “gogna” fiscale, ora forse il Governo non sarebbe costretto a correre ai ripari in questo modo scriteriato. Ancora una volta, a pagare la crisi sono i ceti più deboli e più esposti ai marosi del deficit pubblico, peraltro appesantito,come emerge dalle inchieste della magistratura, dalla rilevante corruzione sugli appalti pubblici.

LE REAZIONI
Stefano Fassina, responsabile economico del Pd, sottolinea come «per due anni, il governo ha negato la crisi, poi ha continuato a ripetere che l'Italia era in condizioni migliori di ogni altro Paese. Ora, annuncia una manovra di lacrime e sangue». Con queste decisioni, secondo l’esponente democratico, «vengono colpiti pesantemente i lavoratori. L' Irap doveva essere abolita, invece viene aumentata per coprire l'incapacità dei commissari nominati dal Governo di risanare la sanità». L’Idv, per voce del vicepresidente del gruppo alla Camera dei deputati Antonio Borghesi, afferma che «è inaccettabile che a pagare le conseguenze dell'immobilismo e dell'incapacità del governo nell'affrontare la crisi economica siano le fasce sociali più deboli, famiglie e pensionati». Secondo Paolo Ferrero, portavoce della Federazione della Sinistra, ci sarebbe una strada alternativa a quella prevista dal Governo: «L'unica strada per uscire dalla crisi è quella di ridistribuire reddito. Noi proponiamo la tassa patrimoniale, delle rendite, e sulle successioni per i grandi patrimoni, così come proponiamo di tagliare le spese militari».
dazebao