Cronaca

'Ndrangheta: patto amministratori imprenditori clan, 14 arresti

REGGIO CALABRIA, 7 DICEMBRE - "Un circolare rapporto a tre tra amministratori pubblici, imprenditoria e articolazione territoriale della 'ndrangheta". Con queste parole il giudice per le indagini preliminari di Reggio Calabria, nell'ordinanza di misura cautelare a carico di 18 indagati, commenta le risultanze dell'indagine "Ecosistema", condotta dai Carabinieri e coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia. Si tratta di 5 arresti in carcere, 3 dei quali gia' detenuti, 9 ai domiciliari e 4 all'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.[MORE]

Le accuse, a vario titolo, vanno da concorso esterno in associazione mafiosa, a turbata liberta' degli incanti, violenza privata, estorsione, illecita concorrenza con minaccia o violenza, falsa testimonianza, corruzione per l'esercizio della funzione, corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio, detenzione e porto illegale in luogo pubblico o aperto al pubblico di armi comuni da sparo. Tanti i politici coinvolti, ai quali non vengono contestati reati mafiosi. Agli arresti domiciliari il sindaco di Bova Marina, Vincenzo Crupi, come il vicesindaco di Brancaleone, Giuseppe Benavoli, indagati pure due assessori di Brancaleone, obbligo di dimora per Domenico Marino (ambiente) e domiciliari per Alfredo Zappia (turismo); obbligo di dimora per l'assessore a sport e turismo di Condofuri, Salvatore Trapani; arresti domiciliari per l'ex sindaco di Melito Porto Salvo, Giuseppe Iaria. Ai domiciliari un ex dirigente del Comune di Melito, e un ex dirigente della Provincia di Reggio Calabria.

Tra gli indagati vi sono anche il consigliere regionale Francesco Cannizzaro e l'ex consigliere regionale Pasquale Tripodi, destinatari entrambi di avviso di garanzia, cosi' come i sindaci di Palizzi, Walter Scerbo, quest'ultimo indagato per tentata corruzione, e di Motta San Giovanni, Paolo Lagana'. La parte imprenditoriale e' rappresentata da Rosario Azzara', titolare della Ased srl, e Carmelo Ciccone, titolare della Ra.Di srl, entrambi finiti in carcere. L'articolazione territoriale della 'ndrangheta oggetto dell'indagine, invece, e' rappresentata dalla cosca Iamonte, egemone a Melito Porto Salvo e comuni vicini, e dalla cosca Paviglianiti di San Lorenzo.

"La 'ndrangheta non e' un ufficio di collocamento", ha affermato il colonnello Giancarlo Scafuri, comandante provinciale dell'Arma, nel corso della conferenza stampa tenuta alla presenza del procuratore capo Federico Cafiero de Raho e del comandante del Nucleo investigativo, il tenente colonnello Alessandro Mucci. La 'ndrangheta, hanno spiegato gli inquirenti, otteneva, e pretendeva, l'assunzione di personale indicato dalle cosche all'interno delle ditte che grazie alla 'ndrangheta si aggiudicavano le gare di appalto indette dai comuni.

Come l'appalto per la raccolta di rifiuti, oggetto dell'indagine, aggiudicato da un'Ati grazie a un meccanismo spiegato dal procuratore Cafiero De Raho: "E' proprio l'appalto che viene configurato a misura della Ati che si presenta per partecipare all'appalto, e infatti viene posto come requisito fondamentale la iscrizione alla categoria "classe E", che consisteva nella capacita' di smaltire 5 mila tonnellate di rifiuti pericolosi, ebbene il Comune di Melito Porto Salvo non produce 5 mila tonnellate di rifiuti pericolosi, ma 5 mila tonnellate di rifiuti solidi urbani, e anche rifiuti pericolosi, quindi questo elemento non era necessario ma consente di individuare in quella Ati il soggetto che deve portare avanti l'appalto".

L'attenzione degli inquirenti si e' focalizzata in particolare su Azzara', come ha sottolineato lo stesso procuratore: "La figura di Azzara' e' particolarmente significativa tanto che Salvatore Aiello, direttore tecnico della societa' Fata Morgana, ricorda un incontro che ebbe con Azzara' proprio presso la sede della Ased, e in quella occasione entro' in ufficio e noto' che mentre Azzara' era in piedi vi era seduto al suo posto Carmelo Iamonte, il quale gli dice "questa e' la mia societa'"" Dalle indagini, infine, e' emerso che Azzara' avrebbe costretto gli operai ad accettare di percepire, a titolo di stipendio, somme di denaro nettamente inferiori rispetto a quanto indicato nella busta paga, sotto minaccia di licenziamento. (Agi)