Nella lotta all'ISIS che fine ha fatto la Coalizione Araba?
Estero Valle d'Aosta

Nella lotta all'ISIS che fine ha fatto la Coalizione Araba?

lunedì 23 novembre, 2015

 RIYAD, 23 NOVEMBRE 2015 – Con l'escalation degli attacchi dello Stato Islamico nel Sinai, a Beirut e a Parigi, si necessiterebbe la mobilitazione di risorse da porre in contrasto alla minaccia, le quali dovrebbero in particolar modo giungere dal mondo arabo. Ma l'Arabia Saudita e i suoi alleati del Golfo stanno invece facendo confluire le proprie energie nell'annaspante e costosa campagna militare in Yemen. Quando la campagna aerea contro l'ISIS ebbe inizio circa un anno fa, l'aviazione saudita figurava in prima linea come partecipante della prima ora. Ma non ha fatto volare un solo aereo dall'inizio di settembre, stando a quanto scrive il New York Times: l'ultimo aereo dal Bahrein si è alzato in volo lo scorso febbraio, gli Emirati si sono fermati a marzo, la Giordania in agosto.

Non ci sono stati annunci ufficiali di tale passo indietro: i governi arabi hanno tutti ritirato la propria forte opposizione al Daesh. La scorsa settimana, i grattacieli di Riyad erano colorati di bianco, rosso e blu per esprimere solidarietà alla città di Parigi, mentre al G2 di Ankara Barack Obama era stato informato che l'Arabia Saudita avrebbe rivestito un ruolo maggiore in Siria. Ma nella pratica, gli ufficiali della marina statunitense hanno dichiarato che le operazioni militari in Yemen hanno di fatto allontanato i caccia della Lega dagli obiettivi in Siria e in Iraq. La priorità sembra essere diventata lo Yemen, mentre le operazioni contro l'ISIS sembrano diventare sempre più 'simboliche'.

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L'assenza della coalizione araba ha creato un vuoto più politico che militare, dal momento che Russia, Francia e Stati Uniti sono perfettamente in grado di portare avanti una guerra aerea all'ISIS. Si sta più che altro dissolvendo la risposta islamica all'auto-proclamato “Califfo Ibrahim”, una perdita di risorse simbolicamente molto importante. La guerra stessa è piuttosto costosa: non è stata ancora effettuata una stima ufficiale dei costi effettivi, ma si dovrebbe a oggi aggirare intorno alle decine di miliardi divisi tra armamenti, manutenzione e spese di varia natura. Ad esempio, questa settimana il Pentagono ha annunciato l'acquisto di munizioni per un totale di 1,29 miliardi di dollari, insieme a un rifornimento di bombe RSAF utilizzate nella campagna yemenita. La necessità è quella di rifornire i depositi con almeno 20.0000 nuove munizioni.

L'Arabia Saudita è stata più volte colpita dall'ISIS, con attacchi suicidi nel paese e in Kuwait. La promessa fatta dal Daesh è quella di deporre il governo saudita e di innalzare la bandiera nera sulla Mecca. Ma l'attenzione di Riyad rimangono comunque sullo Yemen, dove la guerra è giunta a un punto fermo. Dopo alcune vittorie la scorsa estate, la coalizione araba aveva promesso di prendere il controllo di Sana'a, la capitale, entro questo autunno. Piuttosto improbabile oggi, date le circostanze. La guerra in Yemen sta infatti diventando una gigantesca catastrofe umanitaria e nulla più, dovuta anche al blocco di aiuti umanitari dall'esterno.

Ancor peggio il fatto che a beneficiare del conflitto siano al-Qaeda e l'Iran. Al-Qaeda ha preso possesso di ampie aree nel sud-est dello Yemen dall'inizio delle ostilità. Nell'ultimo anno al-Qaeda sta crescendo in maniera esponenziale, e ciò è diventata la spina nel fianco di chi è in lotta con il terrorismo. L'Iran sta combattendo per i ribelli Houthi, e ride ai sauditi e agli emirati per il loro spreco di risorse per una situazione che Teheran spera rimanga un interminabile pantano. Washington e Parigi hanno entrambe permesso la missione di Riyad in Yemen, probabilmente per il fatto di aver fatto davvero troppo poco per evitare il disastro yemenita. Entrambe hanno interessi da quelle parti, insieme a Londra, dal momento che controllano il flusso di rifornimenti militari ai propri alleati, ma il loro incerto tentativo di intraprendere un processo politico di pacificazione nell'area richiederebbe un'urgenza differente. Entrambe le parti hanno accettato la mediazione dell'ONU, e l'ONU ha dichiarato il cessate il fuoco, ma il conflitto continua ad andare avanti senza sosta.

In seguito al massacro di Charlie Hebdo in gennaio, erano state espresse promesse che i terroristi in Yemen che avevano effettuato l'attacco avrebbero dovuto risponderne al mondo intero. E invece gli stessi sono cresciuti più che mai, trasformando lo Yemen in un nuovo campo di battaglia della guerra settaria tra sciiti e sunniti che sta dilaniando il mondo islamico.

Foto / Fonte: al-monitor.com

Dino Buonaiuto


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