Politica

Paolo Becchi. Lega e M5s torneranno a governare

ROMA 24 AGOSTO -  Gran parte dei commentatori punta sulle trattative in corso tra M5S e Pd per formare un nuovo governo. E già sui giornali parte il toto-nomi del nuovo governo giallo rosso. In realtà siamo solo al livello delle schermaglie. Dal modo in cui si è mosso il Presidente della Repubblica, non solo dalle sue dichiarazioni ma nelle due ore precedenti, è chiaro che mira a sondare se sia possibile una nuova maggioranza. Il negoziato col Partito democratico è quello che con forza egli auspica ed è evidente che Di Maio non poteva non seguire le indicazioni del Colle. Mattarella ha dato tempo sino a martedì a Di Maio e Zingaretti per trovare un accordo di governo. Ma - contrariamente al comune sentire - non credo che queste trattative andranno in porto. Provo a spiegare perché. Di Maio ha capito che si troverebbe ad avere a che fare non con Zingaretti ma con Renzi che controlla i gruppi parlamentari, e che alla fine diventerà il vero vincitore di questo accordo, un accordo tutt’altro che stabile: resisterà fino a che a Renzi farà piacere. E questo Di Maio non lo può sopportare. Certo, la trattativa è iniziata ma non è detto che si concluda in modo positivo.

Già aver posto come condizione il taglio dei parlamentari fa capire che il negoziato parte in salita. E poi si è tanto parlato di Grillo, che sarebbe favorevole ad un dialogo col Pd, poco di Davide Casaleggio, che sa benissimo come la pensava il padre. Davide non può tradire la memoria di un padre, con il quale aveva un legame fortissimo e che mai avrebbe fatto una coalizione con Renzi o col Pd. Gian Roberto era un uomo di principi, con una visione precisa della natura delle cose e del futuro. E in questa visione non c’era posto né perla destra né perla sinistra. Tanto più di questa sinistra. Insomma, a mio avviso, è ancora troppo presto per ritenere concluso l’accordo. Dunque che cosa resta? Resta soltanto la minaccia di elezioni del Presidente della Repubblica? Parrebbe di sì, anche se il voto subito risulta piuttosto difficile, se si pensa ad esempio al tempo necessario per preparare il voto all’estero e al fatto che il voto avverrebbe in piena sessione di bilancio. Insomma, la creazione di un nuovo “governo del Presidente”, sia pure solo per guidare le elezioni, sarebbe indispensabile. E le elezioni dovrebbero comunque venir rinviate oltre il mese di ottobre. Però vorrei osservare una cosa. Compito del Presidente della Repubblica dovrebbe essere quello di verificare se esiste una maggioranza e non necessariamente una nuova maggioranza. Il Presidente pare escludere dal tono del suo discorso che possa verificarsi un nuovo accordo tra Lega eM5S dopo la rottura. La motivazione? Non sarebbe una maggioranza stabile. Prima facie dopo quello che è successo gli si potrebbe anche dare ragione. Ma da cosa era rappresentata l’instabilità? L’instabilità è stata rappresenta da Conte che a un certo punto ha deciso di giocare la sua partita contro la Lega. Perché ridotto all’osso questo è il senso della crisi, come bene si è capito dal discorso di Conte esclusivamente teso a screditare Salvini. Bene, Conte non c’è più, ma l’esperienza del governo potrebbe continuare più forte di prima con una nuova squadra di governo all’altezza dei compiti da svolgere. Se Mattarella pur di evitare questo accordo scioglierà le Camere non si comporterà in modo corretto perché suo compito è anzitutto quello di verificare se ci sia una maggioranza e non necessariamente una nuova maggioranza. E un governo giallo verde - piaccia o meno – è ancora possibile.

Paolo Becchi