Perché al Papa viene cambiato il nome
Parola e Fede

Perché al Papa viene cambiato il nome

giovedì 23 maggio, 2013

Perchè al Papa viene cambiato il nome? Oggi risponde alla domanda di Massimo da Como il sacerdote don Francesco Brancaccio.

D. Perché al Papa viene cambiato il nome? Se ricordo bene anche ai sacerdoti e alle suore veniva cambiato il nome, qual è il significato? Grazie per la vostra gentile e utile iniziativa. Massimo da Como

R. L’usanza che il papa eletto scelga per sé un nome diverso da quello di Battesimo si è affermata sul finire del primo millennio. All’inizio le ragioni furono molto pratiche: alcuni papi che portavano nomi di Battesimo di origine germanica, piuttosto estranei rispetto alla tradizione dei loro predecessori, decisero per questo di scegliere un nuovo nome. Probabilmente la prassi si è stabilizzata perché il cambiamento del nome esprime la trasformazione di identità e di missione che è richiesta a un successore dell’Apostolo Pietro. Ecco, qui la questione si fa piuttosto interessante e significativa.[MORE]

Dal Vangelo di Giovanni sappiamo che lo stesso Pietro ricevette questo suo nome da Gesù, fin dall’inizio della sua vocazione: «Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: "Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa" - che significa Pietro» (Gv 1). Più tardi, quando il Signore affidò a Pietro la missione di essere la roccia su cui edificava la sua Chiesa, gli spiegò anche il motivo del suo nome nuovo: «"Ma voi, chi dite che io sia?". Rispose Simon Pietro: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente". E Gesù gli disse: "Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli"» (Mt 16,13-19).

Il nome nuovo significava che fin dal momento della sua vocazione, Gesù faceva di Simone una persona nuova: nuova vita, nuova missione, nuova identità.

Già nel passato i patriarchi Abramo e Giacobbe, chiamati da Dio, avevano ricevuto con un nuovo nome una trasformazione del loro essere. E così anche Sara, moglie di Abramo. Nel libro del profeta Isaia, tutto il popolo riceve un nome nuovo, segno dell’amore e della cura con cui Dio lo risolleva dalla rovina e lo richiama a sé: «Per amore di Sion non tacerò, per amore di Gerusalemme non mi concederò riposo, finché non sorga come aurora la sua giustizia e la sua salvezza non risplenda come lampada. Allora le genti vedranno la tua giustizia, tutti i re la tua gloria; sarai chiamata con un nome nuovo, che la bocca del Signore indicherà. Sarai una magnifica corona nella mano del Signore, un diadema regale nella palma del tuo Dio. Nessuno ti chiamerà più Abbandonata, né la tua terra sarà più detta Devastata, ma sarai chiamata Mia Gioia e la tua terra Sposata, perché il Signore troverà in te la sua delizia e la tua terra avrà uno sposo. Sì, come un giovane sposa una vergine, così ti sposeranno i tuoi figli; come gioisce lo sposo per la sposa, così il tuo Dio gioirà per te» (Is 62,1-5).

Anche l’apostolo Paolo diventa un uomo completamente nuovo a seguito della sua conversione: il persecutore si lascia trasformare da Cristo nello strumento scelto per portare il suo nome davanti a tutti i popoli. Da quel momento non esiste più “l’uomo vecchio” Saulo e nasce Paolo.

Nel libro dell’Apocalisse il Signore promette: «Al vincitore darò la manna nascosta e una pietruzza bianca sulla quale sta scritto un nome nuovo, che nessuno conosce all'infuori di chi la riceve» (Ap 2,17). Il vincitore è chi persevera con Gesù fino alla fine e il nome nuovo è quello scritto per lui nel cielo, la sua identità eterna di gloria.

Noi dal momento del Battesimo, portiamo il nome di Cristo. Siamo cristiani. Come ha ricordato Papa Francesco, «l’identità cristiana non è una carta d’identità», ma è «un’appartenenza alla Chiesa», nella quale troviamo Gesù (Omelia, 23.4.2013). Non possiamo avere “una carta d’identità falsa”. Portiamo davvero il nome di Gesù se viviamo il Vangelo e testimoniamo il suo amore. Siamo così “la gioia del Signore”, come disse Isaia, e con la nostra vita portiamo il nome del Cristo, nel quale sono annunziati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati.

Don Francesco Brancaccio
Docente di Teologia fondamentale presso l'Istituto Teologico di Cosenza


Si ricorda che ognuno può porre i propri dubbi, i propri interrogativi scrivendo al seguente indirizzo di posta elettronica [email protected] . Si cercherà di fornire a tutti una risposta.
 


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