Professori e ricercatori uniti: è tempo di autoriformarsi

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BOLOGNA - La ‘mozione Dionigi’, discussa dal rettore dell’Alma mater Bologna ieri a Roma, è stata approvata. I docenti universitari si uniscono con i ricercatori nella battaglia per combattere “il progressivo smantellamento dell’ Università pubblica e la continua diversione di cospicue risorse pubbliche dalla ricerca e dalla formazione superiore verso nuovi enti di gradimento alla classe politica”. Dunque i professori non sostituiranno i ricercatori e a ottobre si dimetteranno dalle cariche che non costituiscono dovere d’ufficio.

E’ un atto duro e coraggioso, firmato da novanta docenti dell’ Alma Mater, ma che rispecchia la situazione di non-ritorno venutasi a creare, dove inutili sarebbero eventuali accorgimenti alla riforma Gelmini, totalmente impostata sulla distruzione del mondo universitario.[MORE]

La richiesta dei novanta professori firmatari della lettera è quella di garantire ai ricercatori posti da docenti associati erogati tramite selezione di merito e con un piano pluriennale; inoltre esigono garanzie sugli investimenti per l’ università annunciati da Tremonti.

E’ possibile aderire alla protesta firmando la lettera per via e-mail all’ indirizzo : docenti.preoccupati@gmail.com.

 

Tra i nomi dei firmatari si leggono i pedagogisti Andrea Canevaro e Franco Frabboni, Piero Pieri e Fabrizio Frasnedi di Italianistica, la storica Maria Malatesta, l'economista Antonio Matacena, lo statistico Roberto Fanfani, e tanti associati. Proprio il pedagogista Canevaro esprime senza mezzi termini il motivo per cui ha aderito alla protesta: “Ho firmato per mandare a casa la Gelmini. Mi sarei vergognato a non dire niente. Sono pienamente solidale con i ricercatori: metterli alla porta, come fa questa riforma, vuol dire anche distruggere un'idea di corpo docente. I ricercatori hanno scoperchiato il malessere che viviamo tutti da tempo. È ora di dirlo a voce alta". Domani si discuterà del problema alla Camera.

Ilaria de Lillo - Redazione Emilia Romagna

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Scritto da Massimiliano Riverso

Giornalista di InfoOggi

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