Fantasticherie del cuore

Quando il limite apre a nuovi spazi

Mai come oggi il termine limite ha risuonato nella testa di ognuno, non come demarcazione delle proprie libertà, ma come elemento che toglie per ridare più di quello che si è perduto, escluso il trapasso che va letto in tutt'altra direzione. Si è coscienti di vivere l’emergenza più grande di questo secondo dopo guerra che però ha fatto comprendere, come il rispetto delle regole e di alcune delimitazioni mai applicate in tempo di democrazia e di pace, possano cambiare e salvaguardare il futuro. Tornando alla normalità quotidiana non per forza il sostantivo limite debba assumere il valore inverso di una parola positiva.

Il vero significato di una parola si evidenzia in un certo contesto, in una specifica relazione oppure abbinata ad un termine, ad un gruppo ordinario o comunque ad una situazione particolare come quella del coronavirus. Si approfitti in questo periodo per indagare dentro la mente e l’animo per ricollocare in umiltà le proprie sensazioni e le personali virtù.  Indicare un proprio limite non riduce l’individuale identità in negativo, perché più volte lo stesso ha offerto la possibilità di essere prestati ad una grande comunione di affettività sociale.

Sono la maggior parte degli uomini che nel credo in Dio e nel rispetto delle sue leggi hanno proiettato per la loro parte la collettività verso un mondo migliore. Le comunità cristiane, meglio forse dire quelle umane, permettono di far reggere l’esistenza generale di ognuno sui pilastri dell’unicità del singolo, del limite personale o comunitario, dell’umiltà, della crescita indipendente in grazia e verità. Scrive il teologo:

“Ogni persona è unica e irripetibile dinanzi a Dio e al mondo. Sulla terra mai esisteranno due persone uguali, con due carismi uguali, due cuori uguali, due menti uguali, due anime uguali, due sentimenti uguali, due spiriti uguali, due volontà uguali, due intelligenze uguali. Neanche i carismi dello Spirito Santo sono uguali. Ognuno ha il suo o i suoi pochi o molti carismi. Ma nessun carisma è uguale ad un altro carisma. Anche nei carismi esiste la particolarità, la singolarità, l’unicità. La non uguaglianza delle persone fa sì che non vi siano due vite uguali”.

Anche in questa parole illuminate si ripropone il limite come spazio che apre e non chiude. È straordinario pensare che nel mondo qualunque persona o qualsivoglia carisma ad essa favorevole non possono essere uguali. Un limite forse? Assolutamente no! Una ricchezza invece della natura e del cielo. “Un puledro” di energia pura che scalpita rispettoso del proprio recinto, pronto a correre dritto verso il traguardo assegnatogli per rendere amore e giustizia verso il prossimo.

L’unicità di un carisma non è solitudine, né isolamento, ma il vigore indispensabile per accendere dalla propria parte quella scintilla di concretezza che, nell’insieme ad altri carismi, costruirà quanto avanzato per sé e per gli altri. Tutto dentro nell'uomo si muove al di là del numero dei carismi o del limite della “crescita in grazia e verità al momento del loro conferimento”. La sua grandezza va considerata in ciò che porta a termine del suo mandato e non in quanto si vorrebbe realizzare del riservato altrui.  

L’umiltà di riconoscere i propri limiti, la propria unicità e la crescita personale in grazia e verità sono gli accrediti migliori per condividere la felicità in comunione e in diversità. A questo punto il teologo fa transitare un suo pensiero risolutivo, allargato alla differenza tra responsabilità differenti:

“Più si cresce in grazia e più l’albero creato in noi dal sacramento produrrà frutti. Meno si cresce in grazia e meno frutti il nostro albero produrrà. L’albero nato dal sacramento è uguale per tutti. Uguale però non è la missione affidata dallo Spirito Santo. Uguale non è la “missio canonica. Due presbiteri sono uguali in dignità presbiterale, due battezzati sono uguali in dignità battesimale, non sono però uguali per carisma, missione, vocazione, fruttificazione, responsabilità. Una cosa è la responsabilità di un Presbitero e altra cosa è la responsabilità di un Parroco”.

Rispettare i propri ruoli non solo nella comunità cristiana, ma nell'intero consorzio politico, finanziario, sociale e culturale, alla luce delle attività plurime condivise o dirette in prima persona, arricchisce il singolo, fortifica l’insieme, realizza quella parte di disegno globale che costruisce la solidità del pianeta, passando dalla mente e dal cuore dell’uomo. “Oggi in molte comunità regna tanta confusione, frutto dell’ignoranza e della non conoscenza della sana dottrina”. La sacralità dell’uomo deve sempre emergere a garanzia di un domani rilanciato non solo con l’esclusività di un logaritmo, ma con la “fideiussione eterna” della sapienza umana attivata presso la fonte universale del Creatore.

Tutti si possono dissetare credenti e non. Chi è il non credente se non quell'uomo che non sa di credere mentre si giustifica o meno difronte alle sue percezioni ed ai semi e le testimonianze mossi da altri individui? Quando si dice che dopo la crisi del coronavirus nulla sarà come prima non si dice una frase a caso, ma una verità reale che non può escludere dei punti fermi, impenetrabili, improrogabili, imprescindibili, stabili nella loro maturazione prevista. Il limite allora in questo caso ritorna ad essere indispensabile e mallevadore della continuità esistenziale.

Quando si invita l’uomo a seguire i comandamenti e la Parola di Cristo sulla terra non lo si fa solo per costruire un tempio universale, ma per salvare ogni individuo dai pericoli quotidiani in continuo accrescimento. Ecco perché la teologia del Signore è compagna di vita di ognuno, di quella favola diversa che noi spesso confondiamo con una voce qualunque ascoltata soltanto se c’è un interesse specifico. La teologia del Signore così in proposito si esprime con rigore salvifico:

“Il limite imposto da Dio all'uomo è quello di rimanere nei suoi Comandamenti, abitare nella sua Parola, dimorare nell'ascolto della sua voce. Se usciamo da questo limite esponiamo la nostra vita alla morte. È assolutamente necessario che questo limite venga rispettato. Uscire da esso, significa non essere più né nella grazia e né nella verità, nella giustizia e nell'equità. Non si è più né nel Padre, né nel Figlio e né nello Spirito Santo. Neanche più si è nella verità del corpo di Cristo e nella sua santità. Il limite dei Comandamenti, della Legge è invalicabile”.

Il teologo ci ricorda con determinazione che il limite in alcuni punti essenziali dell’esistenza terrena non è una perdita ma un passaggio quotidiano verso la vittoria. “Riconoscere i propri limiti di natura e di grazia e verità è obbligo ed è questa la vera umiltà di ogni uomo. Rimanere nei propri limiti è fortezza dello Spirito Santo. Portare la propria vita di natura e di grazia al sommo della fruttificazione è obbligo e dovere morale per ogni uomo”.

Si può dire per chiudere questa favola diversa che il richiamo al limite, figlio della sapienza storica, economica, politica, culturale, professionale, ecclesiale, sportiva ecc., apre senza nessun tipo di smentita a nuovi spazi bonificati.


Egidio Chiarella

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