Quarta domenica di Quaresima: La nostra umanità ha bisogno di vedere
Parola e Fede Lazio

Quarta domenica di Quaresima: La nostra umanità ha bisogno di vedere

domenica 26 marzo, 2017

Nella prima lettura di questa domenica (1Sam 16,1b.4.6-7.10-13) abbiamo il profeta Samuele invitato dal Signore ad andare in casa di Iesse il Betlemmita per ungere il Re. Arrivato in casa, il primo bell’uomo che vede pensa sia il consacrato. Il Signore gli disse: scartalo perché tu vedi volto, l’apparenza, io vedo il cuore. Per restare al vangelo di oggi potremmo parafrasare: “Tu Samuele sei cieco e io sono il Vedente. Se io non ti illumino tu non vedi e se io non ti dico, tu non conosci”. Samuele scartò tutti i sette figli. Poiché Samuele dialogava con Dio pensò di chiedere al padre se avesse altri figli da qualche altra parte. Iesse non dialogava con Dio infatti il figlio minore non era neanche considerato che pascola il gregge. Il padre è cieco. Samuele lo mandò a chiamare e Samuele consacrò Davide Re perchè il Signore gli disse: "Alzati e ungilo: è lui!".[MORE]


Esaminiamo la nostra società di oggi: essa è cieca; è completamente cieca ma dice di vedere. È così cieca che non distingue più neanche la natura. Non sappiamo più distinguere l’uomo dalla donna, i valori essenziali della vita. Non conosciamo neanche più il fine della vita stessa perché non ci lasciamo attrarre dalla vita eterna. Consumiamo la nostra esistenza in ciò che crediamo sia la verità della nostra stessa vita.
Non vediamo e non ci lasciamo illuminare. Nel Vangelo c’è quella bellissima domanda: “Cosa devo fare per avere la vita eterna?”. Basterebbe questa domanda per iniziare una nuova vita. A cosa serve consumare la vita nel vizio, nell’immoralità, nel peccato? Oggi non solo non c’è più rispetto della natura ma non si distingue neanche la differenza tra persone e animali. Abbiamo fatto diventare gli animali persone da far dormire con noi nel letto e abbiamo reso uomo un animale da abbandonare. Noi diciamo “Il nostro figlio cane”, “il nostro fratello cane”. Poi ci scandalizziamo se l’uomo viene ammazzato. E’ normale perché l’uomo è diventato una cosa e le cose che ci danno fastidio, che ci intralciano il cammino vengono scartate, eliminate, buttate.


Per questo San Paolo urla nella seconda lettura invitandoci a non camminare nelle tenebre ma ci ricorda che siamo figli della luce. Noi siamo stati lavati nel sangue di Cristo. "Cercate di capire ciò che è gradito al Signore. Non partecipate alle opere delle tenebre, che non danno frutto, ma piuttosto condannatele apertamente" (Ef 5,8-14).  Cristo salva l’uomo perché gli appartiene, è suo.


Nessuno ci obbliga a vedere. Possiamo anche restare nella nostra cecità però la cecità della terra diventerà anche cecità del Cielo.


Allora, esaminiamoci: che cos’è che ci lascia nella cecità? Cos’è che non ci fa vedere? Cos’è che ci lascia nel buio? Qual è il peccato che ci allontana dalla luce di Dio? Dobbiamo dare una svolta alla nostra vita oggi. Non possiamo amare la luce e le tenebre. O siamo figli della luce o siamo figli delle tenebre. O siamo figli di Dio o siamo figli del diavolo. Oggi nessuno si pensa figlio del diavolo perché pensa di essere sempre nel giusto, di fare bene ogni cosa, di essere nella verità poi le sue azioni sono diverse da quelle volute dal Signore. Beh che vogliamo fare? Con chi vogliamo stare.


È Cristo Gesù la via attraverso cui ogni uomo può ricevere nuovamente la vista degli occhi della sua intelligenza e del suo cuore. Gesù passa accanto a noi, ci chiede di lasciarci guarire da Lui. Se noi accogliamo la sua offerta, siamo liberati per sempre dalla nostra cecità. Se invece ci rifiutiamo, rimaniamo per sempre in essa.


Chiediamo alla Vergine Maria, Madre della Redenzione di aiutarci a incamminarci nel vero cammino della Luce perché in Cristo possiamo essere tutti vedenti, redenti, credenti. Amen.


Lettura del Vangelo (forma breve)

Passando, vide un uomo cieco dalla nascita. sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: «Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe» – che significa Inviato. Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva.

Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, perché era un mendicante, dicevano: «Non è lui quello che stava seduto a chiedere l’elemosina?». Alcuni dicevano: «È lui»; altri dicevano: «No, ma è uno che gli assomiglia». Ed egli diceva: «Sono io!».

Condussero dai farisei quello che era stato cieco: era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo». Allora alcuni dei farisei dicevano: «Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Altri invece dicevano: «Come può un peccatore compiere segni di questo genere?». E c’era dissenso tra loro. Allora dissero di nuovo al cieco: «Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?». Egli rispose: «È un profeta!».

Gli replicarono: «Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?». E lo cacciarono fuori. Gesù seppe che l’avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: «Tu, credi nel Figlio dell’uomo?». Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». Ed egli disse: «Credo, Signore!». E si prostrò dinanzi a lui.

Don Francesco Cristofaro


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