Sala dei Draghi, dei Delfini e dell'Ippocampo, intervista all'archeologo Francesco Cuteri
Interviste Calabria

Sala dei Draghi, dei Delfini e dell'Ippocampo, intervista all'archeologo Francesco Cuteri

domenica 5 agosto, 2018

 

Catanzaro, 5 Agosto - Nei giorni 1 e 2 Agosto il Polo Museale della Calabria ha promosso, presso il Museo Archeologico dell'Antica Kaulon, l'apertura eccezionale al pubblico del mosaico pavimentale de'La Sala Dei Draghi e dei Delfini', il più antico, grande e articolato rinvenuto in Magna Graecia. In occasione di questo evento di straordinaria importanza Saverio Fontana ha incontrato l'archeologo che ha curato le campagne di scavo e questa apertura eccezionale al pubblico, Francesco Cuteri.

 

Professore, come fece l'archeologo Paolo Orsi , tra fine '800 e inizio '900, ad identificare il sito archeologico e a capire che si trattava dell'antica Kaulonía?
Orsi arrivò a Monasterace nel 1898 per sovrintendere ai lavori di costruzione del faro di Punta Stilo e nel corso di questi, che interessavano la collina del Castellone, dove effettivamente vi erano pochi resti di una torre cinquecentesca di avvistamento, scoprì che, nel VI sec., su quella altura i Greci avevano costruito un piccolo santuario dedicato ad una divinità del mare, e forse proprio a Poseidon.
Grazie al suo intuito, con successive campagne di scavo, Orsi riuscì a portare alla luce i resti del basamento del tempio dorico del V sec. a.C., quello che oggi è prossimo al mare, alcune abitazioni, le mura. Si rese così conto che, senza ombra di dubbio, la città che stava portando alla luce era quella che mancava all’appello e che si sapeva essere localizzata fra Crotone e Locri: Kaulonia.

In quale periodo lei ha guidato le attività di ricerca della Soprintendenza Archeologica della Calabria nel sito e come era costituita la squadra che lei dirigeva?
Ho iniziato nel 1998, nell’ambito del progetto di realizzazione del Parco Archeologico, e quell’inverno non sapevo ancora che a Monasterace avrei trascorso, anche se non continuativamente, i successivi vent’anni della mia vita. Ho iniziato a scavare immaginando fin da subito che il mio cantiere dovesse essere un “cantiere didattico”, e così è stato. Alle mie ricerche, che ho sempre condiviso con Maria Teresa Iannelli, già funzionario della Soprintendenza calabrese, hanno preso parte studenti di archeologia,in media venticinque a campagna di scavo,provenienti da tantissime università italiane, Agrigento, Catania, Reggio Calabria, Bari, Napoli, Venezia, Firenze, Torino e, per due anni, anche dall’Argentina. Si scavava tutti i giorni, si lavorava al museo per la schedatura ed i primi interventi di restauro sui reperti ed i fine settimana erano dedicati alla scoperta delle bellezze artistiche e paesaggistiche del territorio, spesse volte anche risalendo a piedi le autostrade dell’antichità: le fiumare. Esperienza di studio, formazione umana straordinaria. Faticosa ma straordinaria.

Nel 2012 scopre lo straordinario mosaico pavimentale della Sala dei Draghi e dei Delfini. Cosa si aspettava di trovare e cosa ha provato quando è comparsa davanti ai suoi occhi la prima tessera?
Il 2012 è stato l’anno in cui il vento ha iniziato a soffiare in modo diverso; c’era nell’aria qualcosa di piacevole, e le campagne erano colme di frutta dolce: pere, fichi. Tutto appariva, in uno scenario antico, come un dono degli dei, ed ognuno di noi, nonostante il caldo dava il meglio di se.
La campagna di scavi era giunta all’ultimo giorno. L’ultimo per quell’anno. E i segnali che il deposito archeologico mandava, con il suo terreno leggermente più scuro e le relazioni con le panche in muratura prima scoperte, erano chiari: eravamo prossimi a raggiungere la quota del pavimento.
Così è stato, ma con la sorpresa di tutti, anche se da giorni scherzavamo sulla possibile scoperta di un mosaico, hanno preso forma alcune tessere di mosaico ed in particolare l’angolo di un riquadro.Era il 20 settembre.
Ma era già buio, e il faro aveva già iniziato il suo giro notturno. Così tutto è stato rimandato al giorno successivo. Ho chiesto agli studenti che erano ormai in partenza di rimanere; alcuni lo hanno fatto e con una piccola squadra abbiamo continuato a lavorare per una settimana ancora. Il giorno dopo ha preso forma il profilo di un drago e poi in quelli successivi la sagoma di un delfino. E poi ancora tanto altro con una emozione sempre crescente. Sulla base delle prime scoperte definii il ritrovamento la “Sala dei Draghi e dei Delfini” ma oggi, per equità e per l’importanza simbolica dell’altro soggetto raffigurato, sento che è più giusto definire il tutto “Sala dei Draghi, dei Delfini e dell’Ippocampo”.

Appena si è sparsa la voce della scoperta è cambiata l'attenzione nei confronti del vostro lavoro?
Andavo sullo scavo la mattina presto, intorno alle cinque, per pulire le tessere del mosaico con il fresco e perché, dalle 8.30 in poi, iniziava il via vai di centinaia e centinaia di visitatori che avevano appreso della scoperta e volevano vedere con i propri occhi le tessere colorate dei mosaici; questo nuovo racconto che ci era giunto dal passato. Molto interesse, dunque, e molta curiosità. La notizia ha fatto il “giro del mondo” e la divulgazione della scoperta è stata incrementata anche dall’interesse manifestato dai giornalisti e TV, anche stranieri. In ogni caso, la successiva campagna di scavi del 2013, quella che ha permesso di scoprire per intero i mosaici, è stata fatta ancora una volta senza soldi e con il solo aiuto dei volontari e di qualche associazione e il Comune di Monasterace ha inoltre continuato a garantire, come per tutti gli anni precedenti, l’utilizzo di una struttura per alloggiare gli studenti.

Un formidabile ritrovamento che gode di tre importantissimi primati ma il suo più grande valore è lo straordinario messaggio che veicola, ancora di grande attualità. Ce ne può parlare?
Al momento, ed è giusto che un archeologo dica così perché le grandi scoperte sono sempre dietro l’angolo e si presentano all’improvviso, si tratta del mosaico più grande rinvenuto in Magna Grecia, del più articolato, perché presenta insieme tanti pannelli figurati, del più antico fra quelli realizzati con le tessere e non con i ciottoli, datandosi agli ultimissimi anni del IV sec. a.C. o ai primissimi del successivo.
Ma il vero primato è dato dalla profondità del racconto affidato ai “mostri”, uso questo termine affettuosamente, che vi sono raffigurati, e che si muovono, come in un corteo marino, intorno alla proiezione sul mare della volta celeste. Ruotano intorno ad un campo che è sacro per “pattugliarne” i confini.
Il drago è il custode del bene, suggerisce in maniera chiara ai visitatori dell’ambiente, che lì il male non ha accesso; il delfino, sacro ad Apollo e a Dioniso, si presenta come il compagno ideale delle traversate, non solo reali ma simboliche, che interessano la nostra esistenza; ci dice che non siamo soli, che possiamo contare su di un grande e silenzioso aiuto esterno.
L’ippocampo, infine, garantisce all’anima la possibilità di liberarsi dagli angusti e spesso dolorosi confini del corpo umano, da questa gabbia materiale.
E gli animali nuotano in un mare che può essere rosso o violaceo, carico di vita, di emozioni positive, di serenità, ma anche di difficoltà, di avversità, che sono sempre da mettere in conto senza drammatizzare.
Questo mosaico, ancora dopo più di duemila anni, ci insegna come vivere, come affrontare la quotidianità, come sperare in un futuro migliore, ricco di bene e di valori essenziali. E’ questo il suo vero primato. Non è solo opera d’arte, è un inno alla vita. Che deve essere vissuta e affrontata in tutte le sue sfumature ed in tutte le possibilità.

Due giorni di eccezionale apertura, come è andata?
Straordinariamente, ma si potrà fare ancora di più. C’era nell’aria, da tempo, il desiderio di fare rivedere questo mosaico, di riaprirlo al pubblico. E l’operazione messa in atto dal Polo Museale della Calabria è stata premiata. Oltre a verificare lo stato di salute del mosaico, infatti, è stato possibile mostrarlo ai tanti visitatori che si sono prenotati per partecipare alla tante visite guidate programmate dal Museo di Monasterace, il MAK e dalla cooperativa Vivi Kaulon che garantisce i servizi aggiuntivi.
Grande emozione da parte di tutti e tanti apprezzamenti, tanti commenti positivi. Ma non è finita qui. Il Polo Museale ha annunciato che presto ci saranno nuove date per continuare a provare meraviglia.

Potremo un giorno godere della sua esposizione tutto l'anno?[MORE]
Si. Si sta lavorando anche a questo. Ci sono già dei soldi messi a disposizione del Ministero e mi auguro che presto si possa realizzare l’intera copertura dell’edifico termale di età ellenistica che accoglie i mosaici. Inoltre, mi auguro che presto l’intera area archeologica possa essere recintata per garantirne la sicurezza nel suo insieme. Mi auguro che l’esperienza di questi giorni sia stata utile a far capire, ancora di più, che il futuro di Monasterace non piò prescindere dalla conoscenza e dalla valorizzazione delle proprie testimonianze del passato.
Saverio Fontana

 


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