Sa.Spo Cagliari: sei bancari si danno al volontariato
Sport Sardegna

Sa.Spo Cagliari: sei bancari si danno al volontariato

sabato 14 luglio, 2018

CAGLIARI, 14 LUGLIO 2018 - Scoprire qualcosa di bello e inaspettato. Relazionarsi con i disabili apre porte blindate, stimola l’intelletto e fa bene allo spirito.
Ad avvertire vibrazioni insolite a contatto con gli atleti Sa.Spo questa volta sono stati sei impiegati bancari che da volontari hanno trascorso un’intera giornata imperniata sullo sport e la disabilità. Anfitrione ad hoc Sandrino Porru che oltre ad essere stato giocatore paralimpico saspino, è uomo di banca, presidente nazionale della FISPES (Federazione Italiana Sport Paralimpici e Sperimentali) e vice presidente nazionale del Comitato Italiano Paralimpico. Ha guidato i suoi colleghi verso nuovi apprendimenti, non a caso: lavora nel Gruppo Banca Prossima, istituto rivolto al non profit laico e religioso; tra le sue offerte contempla particolari prodotti e servizi di consulenza, in passato esclusi dal settore creditizio.
Chi più di lui poteva avvicinare i suoi colleghi di lavoro a quelle realtà per le quali loro stessi lavorano?
Nell’ambito di un progetto nazionale architettato da Banca Intesa l’area sarda è stata una delle prime in Italia ad aver recepito le dinamiche dell’iniziative dando quindi pieno sfogo ad un programma che alla fine ha lasciato soddisfatti tutti quanti. E la società Sardegna Sport (Sa.Spo) si è resa disponibile nell’articolare un percorso brioso, formativo e ricco di sorprese.
Per dare maggiore spessore all’evento sono intervenuti anche altri saspini doc come il presidente regionale della FISPES Carmelo Addaris, la vice presidente Sa.Spo. Cristina Sanna. E proprio loro hanno coadiuvato Porru nel primo step dove sono state esposte le tematiche del Paralimpismo: dalla nascita alla sua evoluzione in Italia e nel mondo. I relatori si sono soffermati su alcuni nodi cruciali, a partire dal paradosso dell’Italia, prima nazione al mondo che ha organizzato i Giochi in maniera congiunta a Roma 1960. Ma lo Stivale viene additato per essere indietro anni luce rispetto ad altri paesi. Porru e amici hanno risaltato il Comitato Italiano Paralimpico, diventato ente pubblico riconosciuto di interesse nazionale; fiore all’occhiello nel supportare percorsi culturali e sociali di integrazione e inclusione nel mondo della disabilità.
Sempre più incuriositi di ciò che stava accadendo intorno a loro, i protagonisti si sono immersi nell’attività agonistica, prima nella piscina comunale di Terramaini, poi allo stadio di atletica Santoru in via dello Sport. E in questi contesti sono intervenute altre figure importanti ai fini della buona riuscita dello stage. In vasca era presente la campionessa di nuoto Francesca Secci e il tecnico Toni Satta. In pista l’allenatrice Katia Pilia e il suo collega Marco Melotti. Ma un ruolo preminente lo hanno avuto atleti e genitori che con il loro entusiasmo hanno incantato i sei bancari, sempre più immedesimati in un mondo accattivante e gradualmente meno ignoto. Dopo aver seguito attentamente gli esercizi dei simpatici paralimpici, si sono improvvisati tutor. Nessuno di loro ha nascosto l’intenzione di collaborazioni future. Qualcuno ha addirittura fatto intendere di voler consolidare il rapporto con la Sa.Spo. per svolgere attività di volontariato in maniera costante durante l’anno, mettendosi a disposizione dei ragazzi.[MORE]
Sandrino Porru non poteva aspettarsi di meglio da questa esperienza: “Ho messo in atto un accostamento sotto il profilo motivazionale – ha detto – tra l’attività Sa.Spo imperniata nel dare l’opportunità ai ragazzi di fare sport e soprattutto di mettere a frutto le loro qualità psicofisiche e sensoriali. Contemporaneamente ho fatto in modo di spostare questo concetto su quello che è il nostro lavoro di bancari, volto a scoprire le potenzialità dei nostri clienti e aiutarli a impiegarle al meglio, magari con l’opportunità di accedere al credito responsabile”.
I volontari non si aspettavano tanta spontaneità da parte degli atleti paralimpici intellettivi e tantomeno immaginavano che fosse facile instaurare rapporti con loro. “Indubbiamente i nostri ragazzi sono stati eccezionali nel creare un’ottima sintonia – continua Porru - infatti vedere persone con disabilità importanti che con tranquilla nonchalance interagiscono liberamente e serenamente, senza avere alcun tipo di difficoltà nel mettere a nudo la propria condizione, fa sempre un certo effetto. Ho cercato di sfatare l’ambito in cui la disabilità può rappresentare lo spauracchio della diversità tesa a ghettizzare e ad allontanare le persone. Al contrario ho fatto emergere che, in realtà, la stessa non è altro che la rivelazione dello stato di normalità di qualsiasi persona. Le difficoltà motorie e relazionali, se vissute e condivise insieme, alla fine rientrano nelle ordinarie consuetudini esistenziali”.
Il vice presidente nazionale del Comitato Italiano Paralimpico ritiene che il volontariato incarni dei valori offuscati dal tempo e che dovrebbero essere riscoperti. “Con tale pratica si è mascherata una serie di attività, tipo impresa sociale, in cui si cerca il carattere economico. Rivalutare l’immagine del volontario in maniera libera e senza alcun tipo di pregiudizio credo che sia la strada migliore da intraprendere. Sarebbe auspicabile poter replicare questi aspetti dando una collocazione particolare a certi percorsi. Sia sotto l’ambito prettamente formativo, sia per i giovani che iniziano ad approcciarsi nell’ambito imprenditoriale sociale. Col passare degli anni la professionalità accumulata può essere spesa a favore di questo mondo”.
Situazioni come questa vissuta nell’universo Sa.Spo possono essere ripetute, ma come? “Dobbiamo rapportarci meglio ad uno stereotipo culturale visto come un qualcosa che mai ci toccherà nella vita – conclude Sandrino Porru – ma purtroppo sta dietro l’angolo e può interessare chiunque. Nel viverlo insieme si abbattono i muri dell’ignoranza che la contestualità della disabilità può comportare. Metabolizzando e accettando più appropriatamente questa condizione, si affronterà in maniera ottimale il processo di adattamento che qualsiasi avversità della vita può comportare. Abbiamo sempre delle risorse nascoste che possiamo mettere a frutto sia per noi, sia per gli altri”.

 

 


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