Societa'

Scomparsa Daniele Potenzoni, parla il padre: “Aiutatemi a trovare mio figlio”

MILANO, 30 LUGLIO 2019 - Sono trascorsi quattro lunghissimi anni dall’ultima volta che papà Francesco, mamma Rita ed i fratelli Marco e Luca hanno goduto della compagnia di Daniele, partito per un viaggio a Roma nel 2015, alla volta del Vaticano, affidato alla sorveglianza di infermieri specializzati dell’Ospedale di Melegnano. Da quel giorno, Daniele non è più tornato perché disperso nel nulla nel metrò della stazione di Termini.

A dicembre del 2018 Massimiliano Sfondrini, l’operatore sanitario che aveva in custodia Daniele, inizialmente indagato per abbandono di incapace, è stato prosciolto perché il fatto non costituisce reato e perché non c’è dolo, una sentenza che ha rinnovato la dolorosa percezione della famiglia Potenzoni di essere stati abbandonati dallo Stato.

Signor Francesco come è stato informato della scomparsa di Daniele?

“Sono momenti dolorosi che rivivo costantemente ma che continuo a raccontare ai giornali, tv e a chiunque possa aiutarmi perché fa parte di questa lotta che porto avanti da 4 anni e che non mi stancherò mai di condurre fino al giorno in cui riavrò Daniele a casa. Io non ero contento di questo viaggio, non che non volessi ma ho sempre pensato che mio figlio potesse fare tutte le esperienze che possono aiutare un ragazzo come lui a stare meglio, a patto che la sera tornasse a dormire a casa, per farmi stare tranquillo. Daniele era contentissimo di quel viaggio, lo aveva raccontato a tutta Pantigliate e si era preparato la valigia da solo, così, rassicurato dall’infermiere che lo conosceva ormai da 14 anni, mi sono lasciato convincere.

La mattina della partenza lui dormiva sereno nel suo letto ed io ho pensato di non svegliarlo, ero inquieto. Poi ragionando sulla delusione che avrebbe provato al risveglio mi sono deciso. Poco dopo eravamo in stazione e con la morte nel cuore l’ho affidato alle cure dell’infermiere Sfondrini insieme ad un pacchetto di sigarette e 100 euro per qualche acquisto. Per due giorni è andato tutto bene, il terzo giorno ricevo una telefonata dall’infermiere che mi dice che era successo qualcosa di molto brutto. Avevano perso Daniele. Stavo guidando il camion ed ho dovuto accostare perché sopraffatto da forti emozioni”.

Come è cambiata la vostra vita da quel fatidico 10 giugno del 2015?

“La nostra vita è stata stravolta, le giornate si trasformano, la casa rimane lì da tirare avanti, bisogna fare tutto quello che si fa quotidianamente ma col pensiero rivolto sempre a Daniele. La vita è finita quel giorno lì, non si dorme, non si mangia, non si festeggia più. Tutti viviamo il dramma. La mamma è quella che ne ha risentito di più perché aveva un rapporto simbiotico con Daniele, erano una cosa sola, lei si occupava di tutto, lo accompagnava a fare le terapie, si preoccupava di non fargli mancare nulla, di dargli tutti i giorni le medicine, andavano a fare spesa insieme. Erano tutto l’uno per l’altra. Io esco a lavoro e un po' trovo sollievo in questa distrazione. Per strada incontro gente, parlo con loro ed affronto la giornata con gli impegni che ho, ma appena mi riavvicino a casa torna quel peso, quel senso di vuoto, di perdita. I fratelli di Daniele hanno le loro vite ma non sono più gli stessi. Questa cosa li ha cambiati, sono drammi che ti cambiano la vita per sempre”.

A che punto sono le ricerche?

“Premetto che tutta la vicenda è costellata di grossi errori, sicuramente negligenze, che hanno rallentato e ostacolato le ricerche. Il primo grande sbaglio è stato aspettare più di 8 ore prima di denunciare l’accaduto ed allertare quindi sia la sicurezza in metrò, sia le forze dell’ordine per far partire le indagini. Il secondo grande errore è l’aver omesso le condizioni di salute di mio figlio. Daniele è schizofrenico con accenni di autismo, è un ragazzo buono, non aggressivo, ma incapace di formulare richieste di aiuto. Non tornerà mai a casa da solo. Questa omissione ha determinato ulteriore ritardo dell’avvio delle ricerche, iniziate solo dopo la mia denuncia sporta alle 19, su consiglio di un mio amico carabiniere. In caserma infatti, il caso è stato trattato come allontanamento volontario di un uomo sano di 36 anni. Devo ringraziare il commissario del Comune di Roma, il Prefetto Tronca, che ha diretto le indagini. Dapprima è stata controllata solo la Stazione di Termini, successivamente siamo stati nei posti più impensabili. Oggi andiamo avanti solo con i volontari perché senza segnalazioni agli organi preposti la macchina investigativa non può mettersi in moto. Quando ricevo segnalazioni di avvistamenti molto spesso finisce tutto in una bolla di sapone perché le persone poi non denunciano”.

Oltre agli organi preposti chi la sta aiutando? 

“Non lo Stato! Lo Stato ci ha abbandonati, l’unica cosa che ha fatto in questi anni è stato togliere la pensione a Daniele perché non si è presentato a ritirarla, per il resto nulla. Ci stiamo affidando molto alle televisioni, giornali, volantinaggio e a molte persone meravigliose che ho conosciuto in questi anni e che ci offrono aiuto in forma volontaria. All’inizio ho speso molti soldi per farmi aiutare nelle ricerche ma poi ho scoperto che c’è molto sciacallaggio anche su queste disgrazie. Alcuni organi di stampa ti cercano per lo scoop ma noi non abbiamo notizie nuove da dare, la situazione è rimasta stabile.

Lei dove immagina che sia Daniele? Ha una sua opinione in merito? 

“L’unico conforto che ho è la certezza che non è morto. Siamo stati chiamati qualche volta a fare riconoscimenti di cadaveri non identificati ma fortunatamente nessuno di loro era Daniele. Io penso che mio figlio, che è sempre stato molto devoto, si sia avvicinato a qualche Chiesa o convento e lì lo trattengono. Ho scritto persino tre lettere al Papa per avere una parola di conforto, una qualsiasi forma di aiuto ed invece non ha mai risposto, questo mi ha fatto molto male”.

Vuole lanciare un appello ai lettori del nostro giornale?

“Chiedo a gran voce a tutte le persone del mondo, a chiunque incontri Daniele di non lasciarlo solo, di parlargli tranquillamente, avvicinarlo senza aver paura. Oggi tutti disponiamo di un telefono per scattare foto o fare un video, il guaio è che spesso non ci accorgiamo nemmeno di chi ci passa accanto, ed inoltre vorrei chiedere a chiunque lo avvisti di sporgere denuncia altrimenti le segnalazioni non servono a nulla”.

Sul caso si è espressa anche la Criminologa Linda Corsaletti

“Questo ragazzo sembra sia stato inghiottito dal caos della Capitale. E anche se nessuno scompare da solo nel nulla senza lasciare traccia, nel caso di Daniele sembra essere proprio così”. “A distanza di 5 anni – prosegue - la stessa sorte misteriosa è toccata anche alla piccola Luschra Gazi, anche lei autistica, sfuggita di mano durante una gita agli accompagnatori e mai più ritrovata. Sorti gemelle che non devono assolutamente smettere di suscitare interesse sulle quali sarebbe sbagliato far calare l’attenzione, perché se c’è una remota speranza di capire dove siano finiti, l’unico modo è sperare nelle segnalazioni”.


Tiziana Petriglia