Economia

"The Economist": in copertina l' "uomo che ha fregato un Paese in crisi cronica"

“L’uomo che ha fregato un intero Paese”: titolano così sul “the Economist”, in edicola da oggi, e il destinatario della dedica è il premier italiano Silvio Berlusconi, la cui foto campeggia sulla copertina del settimanale. All’interno, uno speciale di quattordici pagine curato da John Prideaux, 32 anni, capo del sito online del giornale a Londra; protagonista del report è in realtà la situazione economica italiana, e al Presidente del Consiglio non vengono dedicate che poche pagine, a dispetto dell’enfasi del titolo.[MORE]


Lo descrivono come un uomo che “ha tanto da sorridere”; tra i più ricchi del Paese, a capo di un impero di media, dominatore della politica dal 94, è riuscito a sfuggire a processi e crisi di governo. Ma il successo personale, non oscura il fatto che sia stato, scrivono, un leader disastroso: il giornalista cita “la lurida saga del Bunga Bunga”, che ha coperto di fango non solo lui, ma soprattutto l’immagine italiana. Ci sarebbe poi, la lunga serie di processi per reati in campo finanziario, dalle frodi ai falsi bilanci, da cui è sempre uscito pulito ma, sottolinea il giornale, “solo dopo aver cambiato almeno due volte la legge in suo favore”.


La sua più grave colpa però, sarebbe quella di aver trascurato totalmente l’economia nazionale: non sarebbe l’Irlanda la “I” dei PIGS (gli stati membri che contribuiscono a rallentare l’economia dell’Unione Europea, gli altri sono Portogallo, Grecia e Spagna) ma la stessa Italia, Paese in una crisi cronica, sebbene non acuta.
Apparentemente infatti, non ci sarebbe stata nessuna bolla speculativa, il tasso di disoccupazione dell’8 per cento non è lontanamente comparabile con quello spagnolo del 20, e il deficit nel bilancio è anche più basso di quello francese; ma non cresciamo.

Nel 2011 solo Zimbawe e Haiti hanno fatto peggio di noi; un quarto della popolazione giovane è disoccupata, il fenomeno della fuga dei cervelli sempre più preoccupante, la popolazione invecchia, la forza lavoro femminile impiegata è inferiore alla media, la “giungla burocratica” complica notevolmente la situazione, “la meritocrazia è abolita”, i più anziani sono favoriti rispetto ai giovani.


Anche il governatore uscente della banca d’Italia Draghi ha sottolianeato nel suo discorso d’addio la necessità di riforme radicali; insomma, spiegano, se l’Italia è malata, un Berlusconi capo del governo ne è il sintomo più acuto, non l’unica causa.


Abbiamo aziende fantastiche, dice Prideaux, i nostri prodotti sono ricercati in tutto il mondo, ma per ridare slancio alla situazione a livello macroeconomico serve un cambio radicale di mentalità, un “nuovo Risorgimento” che deve necessariamente partire da un cambio di governo, senza tuttavia fermarsi lì: ci sono istituzioni da rinnovare totalmente, tempi della giustizia da ridurre, una riforma del fisco da semplificare, l’istruzione, soprattutto secondaria, che andrebbe totalmente ripensata, e soprattutto, c’è bisogno di valorizzare i giovani.


Cambiare non è impossibile; ma continuando così si prospettano solo anni di crescita indefinita, sotto gli occhi di una popolazione che continuerà ad invecchiare.

Simona Peluso