Sport, Calcio: l'intervista a Marco Vitellaro, giovane promessa del Bologna Primavera
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Sport, Calcio: l'intervista a Marco Vitellaro, giovane promessa del Bologna Primavera

venerdì 14 marzo, 2014

BOLOGNA, 14 MARZO 2014 - Instagram, l’hashtag bologna e il gioco è fatto: è cosi che ho conosciuto Marco, giovane promessa del nostro calcio giovanile, il quale, da subito, si è dimostrato disponibile a rispondermi a qualche domanda. Marco è Marco Vitellaro, centrocampista offensivo del Bologna Primavera, classe 1996.

Marco è soprattutto un ragazzo come tanti: si divide tra Bologna, dove si allena quotidianamente, e San Lazzaro di Savena, dove vive con la famiglia – suo punto di riferimento – e frequenta il terzo anno all’ITC Mattei; nel tempo libero ama uscire con gli amici o starsene tranquillo a casa davanti a un bel film; adora Chanel, la sua piccola nipotina di un anno, ed è molto affezionato a Rocky, il suo pitbull, con il quale convive da sei anni e che considera come un fratello. Cresciuto a pane e pallone, alla tenera età di quattro anni comincia a dare i suoi primi calci nella Polisportiva Pontevecchio, finché, a suon di gol, nel 2005 entra nel settore giovanile rossoblù dove completa tutta la trafila, fino alla Primavera, della quale oggi è considerato uno dei perni.

Marco, qual è il tuo primo ricordo legato al calcio?

"La verità è che non me lo ricordo esattamente, ero troppo piccolo! Scherzi a parte, i miei narrano che quando avevo tre anni già calciavo e rincorrevo un Supertele sotto casa dei miei nonni… Se devo però raccontarti il primo vero ricordo sicuramente è lo stadio Dall’Ara: mio padre mi ha sempre portato con lui a vedere il Bologna, la squadra per cui oggi faccio il tifo."

Deduco dunque che per te, nato a Bologna e tifoso rossoblù, sia un onore indossarne la maglia?

"Ovviamente sì: sto coltivando il sogno che ho sin da bambino, ossia quello di esordire in serie A con la maglia della mia squadra del cuore."

La strada è ancora lunga e tortuosa, immagino…

"Di questo ne sono pienamente consapevole. È per questo motivo infatti che ogni giorno lavoro con impegno, dedizione e determinazione per realizzarlo. Spesso ho anche l’opportunità di confrontarmi con i giocatori della prima squadra, occasioni in cui cerco di catturare e fare mio ogni consiglio che mi danno, prezioso e fondamentale per la riuscita del mio intento."

E immagino anche che per te siano tanti i sacrifici rispetto ad un giovane della tua età…

"Praticamente ho la giornata piena: mattina a scuola e pomeriggio al campo, senza sosta. Per cui diciamo che tempo libero me ne rimane poco a disposizione. Però cerco di coniugare gli impegni con lo svago, sono un ragazzo giovane e, come tutti i ragazzi della mia età, amo divertirmi con gli amici, chiaramente sempre nei limiti. E in ogni caso, per me avere la vita impegnata non è né un sacrificio né un problema: giocare a calcio è ciò che amo fare e lo farei a tutte le ore."

Come mi hai detto, sei consapevole che arrivare al calcio che conta è un’impresa difficile… E se questi sacrifici non fossero ripagati? Hai un piano B?

"Sinceramente non ho un piano B. Non perché abbia la presunzione che sicuramente ce la farò a calcare i campi che contano: come ti ho detto, so quanti fattori debbano intrecciarsi alla perfezione per riuscirci. Il motivo per cui non ho un piano B è semplice: il mio unico pensiero è dedicarmi ogni giorno alla coltivazione di quell’obiettivo, e soprattutto crederci: non mi permetto né distrazioni, né tanto meno soluzioni alternative. E se non ci riuscirò, vorrei comunque che la mia vita continuasse a gravitare intorno al mondo del calcio."[MORE]

Pensi che per diventare un calciatore di prima fascia ci voglia anche una buona dose di fortuna?

"Sinceramente sì. Ovviamente non è tutto, è uno dei diversi fattori che incidono. E ovviamente non è una scusa a cui appigliarsi in caso di mancato raggiungimento del traguardo!"

Il tuo sogno nel cassetto "calcistico" è esordire in A con la divisa del Bologna… E quello indipendente dal calcio?

"A prescindere che ce la faccia col calcio o meno, quel che è certo è che voglio diventare un uomo. E magari un uomo con a fianco una bella famiglia che possa permettermi di vivere in piena tranquillità e serenità … Ecco, spero che questo possa realizzarsi indipendentemente dalla mia vita professionale!"

E che ne pensi di quegli uomini, o forse non è giusto definirli così, che troppo spesso allo stadio superano il limite, rovinando le partite? Mi riferisco a scontri tra tifoserie, curve chiuse per discriminazioni e troppa delinquenza che ahimè è sempre più all’ordine del giorno…

"Penso che queste persone non sono in grado di concepire la vera natura di quello che in primis è uno sport (indipendentemente da tutto quello che gli gravita intorno), il quale, in quanto tale, dovrebbe essere portatore dei principi di lealtà e sportività su cui in fondo si poggia. Penso che siano persone ignoranti nel senso che ignorano le basi da cui nasce una competizione sportiva. Però sono una percentuale ridotta, per fortuna. E per fortuna la maggior parte dei tifosi sono ancora i tifosi veri: quelli che per un calciatore sono l’uomo in più, sempre pronti ad incitarti, ad applaudirti dopo una sconfitta e a darti la spinta che serve."

Torniamo al calcio "giocato"… Se il primo ricordo è vago, talmente eri piccolo, penso che il più bel ricordo della tua giovane carriera lo hai bene impresso: qual è?

"Sono due. Uno è la convocazione in Nazionale Under 17 nel giugno 2012, qualche giorno di stage a Roma dove ho avuto l’opportunità di conoscere e giocare con i più importanti talenti della categoria: un’esperienza che non scorderò mai! L’altro è il gol che ho segnato all’Inter nella semifinale di un torneo a Padova: giocare contro una squadra prestigiosa come quella nerazzurra era già motivo di grande orgoglio per me, in più segnare è stata la ciliegina sulla torta!"

E, se qualche anno fa era solo rincorrere un pallone, oggi che cos’è per te il calcio?

"Oggi è ciò su cui ho deciso di puntare tutto: sì, la parte ludica non deve mai passare in secondo piano perché parliamo sempre di sport, tuttavia non posso permettermi di non concentrarvi tutte le mie energie fisiche e mentali: già da quest’anno si inizia a fare sul serio e, se voglio che il mio sogno si realizzi, devo per forza fare questo sforzo che va oltre al pensare il calcio solo come puro divertimento. In più per me è emozione e condivisione di momenti belli e brutti, di vittorie e sconfitte che rafforzano lo straordinario rapporto che, grazie al quotidiano frequentarci e grazie a queste situazioni, ho instaurato con i miei compagni, soprattutto con quelli con cui gioco ormai dai primi anni in maglia rossoblù."

Entrando nel tecnico, che giocatore è Marco Vitellaro?

"Sono un giocatore offensivo: gioco sia laterale in un centrocampo a quattro che esterno alto in un 4-3-3. Le caratteristiche che mi contraddistinguono sono la velocita e l’aggressività: non mollo un centimetro, lotto su ogni pallone e mi presto anche in fase difensiva nell’intento di cercare di recuperare palloni agli avversari per poi servire assist ai miei compagni. Ovviamente devo migliorare su tanti aspetti, ma ci sto lavorando ogni giorno."

Ultima domanda, risentita e risentita, ma quanto mai opportuna per un giovane di belle speranze: a chi ti ispiri?

"Mi piace molto Maggio ma il mio idolo in assoluto, colui a cui mi ispiro, è Bale. Lo seguo da diversi anni ormai, fin da prima del milionario passaggio al Real Madrid. Spero un giorno di poter calcare le sue orme."

E io te lo auguro. In bocca al lupo Marco.

Gabriele Collesano


Autore
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