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"The Last Exorcism", intervista al regista Gass-Donnelly: "un horror? Più un viaggio interiore"

TORONTO, 20 LUGLIO 2013 - A volte ritornano: ed è un bene. Il malefico The Last Exorcism - Liberaci dal male (qui la recensione) di Ed Gass-Donnelly ha proseguito con idee e piglio stilistico la storia lasciata interrotta da L'ultimo esorcismo (2010) di Daniel Stamm, rinunciando al found footage e puntando sulla performance della giovane e brava protagonista, Ashley Bell. Ne abbiamo discusso col regista, il canadese Ed Gass-Donnelly, già salito alla ribalta nel 2007 al Festival di Toronto col drammatico This Beautiful City, ma soprattutto col pluripremiato Small Town Murder Songs (2010), che raccolse consensi (ed il premio Fipresci della Critica) anche al Torino Film Festival. [MORE]

The Last Exorcism – Liberaci dal male arriva il 18 luglio in Italia. Come sei stato coinvolto in questo progetto e come sei riuscito a trasformare il primo film di Daniel Stamm, L’ultimo esorcismo, in qualcosa di propriamente tuo, in grado di esprimere la tua personalità artistica?

ED: Mi ero incontrato con una coppia di produttori dopo che avevano visto il mio film Small Town Murder Songs. Era solo un incontro generico e mi capitò di menzionare il fatto che fossi un fan del primo film. Nonostante l’horror non fosse il mio genere ideale, ero veramente colpito dalla qualità delle performance, dalla tensione che attraversa tutto il film e dall'equilibrio che mostrava. Sulle prime il progetto m’inquietava perché non volevo fare una copia carbone del primo film, ma i produttori mi hanno veramente incoraggiato ad appropriarmi del film. In qualche modo è successo tutto all’improvviso e di punto in bianco. Dopo aver discusso quale sarebbe stato il mio approccio al fim, ci siamo semplicemente buttati ed in cinque mesi stavamo effettuando le riprese.

Una delle differenze principali tra L'ultimo esorcismo e The Last Exorcism – Liberaci dal male risiede nel personaggio di Nell, che acquisisce maggiore risalto: la storia è centrata sulle sue reazioni e sulla sua lotta sia fisica che psicologica col demone. Qual è stata la ragione di questa scelta e cos’ha significato per te?

ED: Per quanto mi piacesse il predicatore, Cotton, nel primo film, Nell ha preso la ribalta. Era molto più di una comprimaria in quel film, così sono rimasto affascinato dall’idea di provare a raccontare un viaggio interiore, molto personale, di questa ragazza che vien fuori dal proprio guscio e scopre chi è e chi è destinata ad essere. Per me il film era una metafora di ragazze che scoprono quella sessualità che a loro era stata insegnata come un tabù. Nell sa che avrà paura dell’oscurità, e nondimeno comincia a piacerle.

A proposito di Nell, non posso fare a meno di chiederti come sia stato lavorare con l'attrice Ashley Bell.

ED: Ashley è fantastica, sia dal punto di vista personale che da quello professionale. Compare quasi in ogni singola scena di questo film, quindi le riprese sono state veramente impegnative, ma facevano affidamento sulla sua bravura. Ci sono molte scene in cui pare che non succeda nulla in apparenza, ma Ashley si fa carico di un sottotesto così ricco e meravigliosamente complicato anche nei compiti più semplici. Potrei filmarla per ore mentre si guarda in silenzio allo specchio :)

Nonostante il titolo, The Last Exorcism – Liberaci dal male non è esattamente un exorcism movie: ricorderebbe piuttosto Rosemary’s Baby. Che strategie hai messo in atto per spaventare lo spettatore?

ED: Rosemary’s Baby è decisamente un’influenza. Volevo fare un film horror vecchia scuola, più di un semplice film a cui capita di far paura. Rosemary’s Baby è centrato sulla paura che travalica lo schermo, la paura che ancora deve venire. Abbiamo cercato di adottare un approccio simile in quello che volevamo risultasse un senso del terrore tangibile, ma abbiamo cercato di mantenere viva la paura il più a lungo possibile.

Che ne pensi del found footage e perché hai deciso di rinunciarvi?

ED: Nonostante del found footage si abusi, non ho nessuno problema in particolare con questo tipo di approccio. È uno strumento nella cassetta degli attrezzi e se si addice al lavoro, allora bene. Ma rispetto a questo contesto da sequel, non aveva più senso che si usasse il found footage. I cameramen erano tutti morti. Certo, ci sarebbe potuto essere un altro team per le riprese che andasse alla ricerca del primo, ma sarebbe sembrato come se avessimo voluto assecondare i fans anziché creare qualcosa di nuovo. E francamente, con Nell che restava il personaggio più interessante ancora vivo dal primo film, un approccio più tradizionale ci avrebbe consentito di entrare meglio nella sua testa.

Parliamo dei luoghi dove si ambienta la storia. Cosa aggiunge New Orlenas all’atmosfera del film? Dove avete girato le scene dalla parata di carnevale?

ED: In base al programma che stavamo seguendo, avevo inteso che non ci fosse possibilità di trovarci a New Orleans durante il Martedì Grasso, e quindi di non includerlo nel film; l’ho anche scritto nella sceneggiatura. Comunque, il Martedì Grasso è cominciato durante la nostra prima settimana di preparazione, quindi abbiamo messo Ahsley su di un aereo per la città ed abbiamo girato in un paio di giorni in stile “riprese guerriglia”. Ci siamo tuffati nella folla ed abbiamo cominciato ad effettuare le riprese. La stessa New Orleans è una città così straordinaria, così immersa nella storia e nella mitologia. Volevo che il film avesse una qualità senza tempo, come se Nell fosse imprigionata in una sorta di bolla temporale. L’architettura e l’atmosfera di New Orleans sono sia belle che dannate, come la stessa Nell.

Eli Roth è un grande produttore, ma lasciami dire che questa volta, a differenza di qualche circostanza passata, si è imbattuto in un regista di talento. Ti ha dato qualche consiglio su The Last Exorcism – Liberaci dal male, avendo lavorato così tanto nel genere horror negli ultimi anni?

ED: Eli ha una conoscenza enciclopedica dell’horror, mentre la mia formazione riguarda per lo più il genere drammatico. Mi ha concesso davvero molta libertà e mi ha affidato grosse responsabilità. Mi ha aiutato ad ispirare la mia immaginazione e fornito suggestioni di film che avrei dovuto vedere per evitare di riciclare involontariamente momenti horror di film che non avessi ancora visto.

Il finale del film è potente… non vorrei rovinarlo per I nostri lettori, ma posso chiederti se hai intenzione di girare un sequel?

ED: Ho scritto il finale del film con l’intento di metter su un potenziale terzo film, principalmente perché mi piaceva immaginare dove la storia potesse andare a parare. Non so se lo farò o meno, o se sarà chiamato in causa, ma penso che funzionerebbe benissimo per una conclusione fighissima della trilogia. (lett: “a pretty badass conclusion to a trilogy”, n.d. T.)

Quali sono i tuoi horror preferiti? E cosa ne pensi del cinema italiano?

ED: Quando ho cominciato a lavorare al film, ho comprato uno dei poster originali de L’esorcista, Rosemary’s Baby e Shining. Volevo dei promemoria dei tipi di horror che amavo. Shining è probabilmente il mio preferito, è stupefacente sotto tanti aspetti.

Nel crescere sono stato un grande fan di Antonioni e di Sergio leone. Sono un grandissimo ammiratore dei western e Blow Up ha avuta un enorme impatto su di me quando l’ho visto per la prima volta.

Abbiamo parlato di così tanto di horror, ma a dire il vero The Last Exorcism – Liberaci dal male è la tua prima incursione nel genere. Come si è venuto sviluppando la tua identità artistica da This Beautiful City, il tuo interessante debutto al Festival di Toronto nel 2007, a Small Town Murder Songs, complesso thriller che vinse il premio Fipresci della Critica a Torino, al tuo ultimo lavoro?

ED: La cosa più importante per me è che un film sia autentico, a che quasi sempre parta dal personaggio e dalla recitazione. Sono affascinato dal sottile percorso interiore dei personaggi, ma sono cresciuto anche amando Guerre Stellari. Quindi mi dibatto tra entrambe gli aspetti della mia personalità. Penso di star provando ad abbracciare sempre più generi diversi, ed allo stesso tempo di stare cercando di aggiungere profondità e specificità così che i film possano sia stimolare che intrattenere. Penso che uno dei modi più efficaci per indurre lo spettatore a pensare sia avvicinarlo al film facendogli credere che sia solo d’intrattenimento, ma poi lentamente far sì che i temi e le idee inizino a permeare la sua coscienza.

Dal punto di vista stilistico, ho cercato di trovare un mio equilibrio. C’è molta più forza nella composizione, ma in molti film si riduce a stacchi brevi ed angoli multipli. C’è invece un’immensa forza nel master shot (gergo cinematografico, in italiano "totale" o "TOT": indica una ripresa senza stacchi in campo largo, n.d.R.), specialmente nel creare la tensione. Ho cercato – per quanto concessomi dalla distribuzione – di girare molte scene in master shot perché penso che, una volta stabilita una minaccia, c’è sempre una tensione che si accumula fuori dal fotogramma. È anche molto più gradevole esteticamente. Questo stile ha decisamente caratterizzato Small Town Murder Songs. Continuare a farne uso in avanti… chissà. Immagino dipenda da quale sia il prossimo film.

Quali sono I tuoi obiettivi ed I tuoi progetti futuri?

ED: Ne ho diversi in atto, passando da un thriller politico vecchia scuola ad un eco-horror, fino ad musical rock-gospel. Il mio prossimo film sarà probabilmente un thriller soprannaturale intitolato Lavender, ma come sempre, finché un film non è finanziato al 100%, faccio finta che non stia succedendo niente.

 

The Last Exorcism - Liberaci dal Male
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Antonio Maiorino
Critico d'arte e di cinema - Follow on Twitter