Tolleranza: carità per la verità
Parola e Fede Lazio Roma

Tolleranza: carità per la verità

giovedì 1 novembre, 2012

Per molti cristiani la parola “tolleranza” ha una molteplicità di significati: significa essere aperti agli altri, entrare in dialogo, dimostrarsi pietosi, caritatevoli, generosi ecc. Sono, certamente, tutti aspetti che derivano, come effetto, dall’essere tolleranti. Se, però, consideriamo a fondo questo nobile sentimento, ci accorgiamo di quanto diverso possa risultare il suo senso rispetto agli aggettivi citati.

Il primo elemento che propongo al lettore è quello di riflettere sull’esistenza dell’uomo: per quanto bella sia la vita, nessuno può negare che essa sia piena di difficoltà, di prove, di violenze, di sofferenze. Molti di questi aspetti toccano, inesorabilmente, la vita di ognuno. Alcune persone, ormai, sembra si siano totalmente rassegnate e, purtroppo, sono così sfiduciate nella fede da chiudersi in se stesse.

Chiediamoci: siamo capaci di "leggere" il mondo da questo punto di vista? La tolleranza verso gli altri ci obbliga, prima di tutto, a ricordare che viviamo con esseri umani concreti, non astratti: siamo accanto a persone che si trovano davanti a noi con le loro gioie, le loro speranze, ma anche con tanti problemi.

Ritengo che non sempre riusciamo a guardare, con sguardo profondo, la realtà che ci circonda, forse perché, in questa nostra cultura, in questa nostra esistenza, fatta di delusioni, tendiamo ormai a creare rapporti interpersonali diffidenti, freddi, indifferenti e, molto spesso, dettati da spirito di prevaricazione. Altro che tolleranza: il nostro atteggiamento nei confronti del prossimo è, in larga misura, quello del “chi va là”; è l’ostentazione di un egotismo senza misura dove ognuno si compiace di sé e delle proprie idee. Non esiste nient’altro. L’altro, purtroppo, non è il “prossimo”, ma un estraneo, un concorrente, qualcuno che, non si sa per quale motivo, deve essere tenuto a distanza “dalle nostre cose”.

In base a ciò, il cristiano è colui che, per la fede in Cristo e attraverso la sua testimonianza, è chiamato a fare la differenza nel mondo. Egli dovrebbe insegnare agli altri come si vive la tolleranza autentica. Ma è proprio qui la questione di fondo. Fare la differenza, infatti, non significa trincerarsi dietro un insieme dogmatico di regole, di riti, dietro una religiosità “irreligiosa” (mi si conceda il gioco di parole), che appaga la propria fede ma, alla fine, oscura del tutto il fratello e le sue necessità. Certo, tolleranza non significa neppure aprirsi, in maniera cieca, a chiunque, senza discernimento nel bene e nel male, o peggio legittimare tutto ciò che, di fatto, si oppone a Dio o alla vita dell’uomo.

Un altro interrogativo: Cristo come si è relazionato all’uomo? La prima risposta che ci viene in mente è che la sua bontà non ha mai precluso a nessuno la possibilità del dialogo, della verità, del bene, della salvezza. La sua carità, però, non è una carità sprovveduta o cieca, ma una carità “vera”, cioè prudente, ripiena di grazia, di verità. Tolleranza, per Cristo, significa, prima di tutto, comprendere che ogni uomo, già per natura fragile, incostante, limitato, e per di più carico di tante sofferenze, ha bisogno della sua verità e della sua grazia per risorgere dallo stato di schiavitù spirituale e materiale in cui si trova. La sublime carità di Gesù si è espressa nel dono di una speranza profonda. Quale? Che nessuno, già nel mondo terreno, avrebbe dovuto considerarsi mai un dannato (al contrario di quanto ritenevano i farisei). Cristo, con la sua opera immensa di carità, con la sua potente parola, con il suo esempio, ha insegnato che tutti gli uomini possono salvarsi, se credono e vivono di Lui.

Il punto nevralgico è proprio qui: la tolleranza nasce da questa preziosa carità, capace di guardare l’uomo non come persona da emarginare, ma come qualcuno che ci grida la nostra stessa natura: i problemi, la sofferenza, il dolore, la fragilità. Il lamento e la sfiducia dell’uomo non sono un irragionevole accanimento contro Dio e contro l’uomo, ma una reale carenza, una lacuna incolmabile, qualcosa che avrebbe dovuto avere o ricevere, forse un po’ di attenzione, di formazione, di sicurezza, chissà un po’ più del nostro tempo.

La tolleranza, quindi, è “carità per la verità”, perché l’amore nei confronti dei nostri fratelli non ci deve far chiudere la porta, immediatamente, davanti ai loro errori; non ci deve spingere a sbarazzarci di loro con qualche formula o ricetta che abbiamo assimilato; la tolleranza è la via necessaria per entrare in dialogo con chiunque, anche con il più grande ateo di questo mondo. Solo così potremo dare una nostra parola di verità, la nostra esperienza, il nostro esempio, la nostra disponibilità, mentre noi, nello stesso tempo, impareremo ad ascoltare e a crescere davanti al nostro prossimo.

Don Alessandro Carioti
 Docente di Teologia Fondamentale nell’Istituto Pio XI di Reggio Calabria


Si ricorda che ognuno può porre i propri dubbi, i propri interrogativi scrivendo al seguente indirizzo di posta elettronica [email protected]. Si cercherà di fornire a tutti una risposta.


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