Tra analogico e digitale: intervista ai Buddha Superoverdrive
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Tra analogico e digitale: intervista ai Buddha Superoverdrive

martedì 15 marzo, 2016

SOVERATO (CZ), 15 MARZO 2016 - Abbiamo fatto due chiacchiere con in Buddha Superoverdrive in occasione della recente pubblicazione del loro primo ed autoprodotto full-lenght: Nuovi Cannibali.
Buona lettura!

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Presentateci la band e spiegateci il vostro nome.
Valerio : I Buddha Superoverdrive sono nati nella metà 2012, dall’incontro fortuito tra me e Jonathan, il batterista. Prima non credo ci conoscevamo, forse di vista. Ci ha presentati un amico comune e da lì si è sviluppata l’idea di suonare insieme.
Il nome BSOD non nasconde dietro un concetto filosofico o religioso, volevamo solo dare nome al nostro suono e nacque l’idea di Buddha Superoverdrive, un’immagine grossa e distorta.

Perché avete intrapreso un progetto solamente con voci, basso e batteria?
Valerio : Avevo in mente da tempo di formare un duo che avesse però una caratteristica diversa dagli altri che avevo come esempi (White Stripes, Death From Above in primis) : il nostro suono non doveva essere quello di sole 2 persone. Iniziai a sperimentare col basso l’utilizzo di più di un ampli per separare le frequenze e con poi il supporto ritmico e melodico di Jona dietro la batteria si è creata la magia di sembrare almeno in tre.

Quali sono i punti forti ed i punti deboli di un duo?
Valerio : Tanto tempo fa quando ti presentavi in giro a suonare con un trio la gente ti diceva “Ah, siete solo in tre?”…era una cosa strana. Oggi tre elementi in una band, date le circostanze della musica live in Italia, almeno a certi livelli underground, sono diventati anche troppi. Quindi essere in due è un punto di forza (tranne nel fatto che viaggiamo con un backline per 4 persone…!!). Il fatto di essere solo due è anche però un punto debole, bisogna essere coesi sulle decisioni, non ci può essere una maggioranza, ed a volte essere solo in due a sbrigare tutto quello che ruota attorno ad una band come organizzazione è difficile (anche se noi abbiamo spesso nella persona del nostro grafico, Charlie Boraley, un terzo elemento).

Com'è nato il vostro primo full-lenght? Cosa vi ha ispirato maggiormente?
Valerio : Nuovi Cannibali nasce in questi anni di live e di sala. Ogni volta che si componeva qualcosa di nuovo lo sperimentavamo subito in concerto, per vedere la reazione del pubblico. Poi tornavamo a lavorarci su in studio, anche a distanza di tempo. Alcuni brani sono stati composti tempo fa e hanno poi trovato la forma definitiva solo molto dopo, finendo così sul disco per come li potete sentire.

Spiegateci la vostra scelta di registrare su un nastro analogico e distribuire l'album in digitale.
Valerio : Registrare in analogico è stata una scommessa. Anzitutto abbiamo sempre registrato quasi tutto insieme, live quindi. Ci portiamo da sempre questo concetto “fotografico” del suonato e di sicuro registrare su nastro, dove non puoi editare o non puoi fare insert con tanta facilità, è proprio la fotografia musicale di un momento. Ti trovi costretto a scegliere una traccia più per l’impatto emotivo che per l’esecuzione. E’ un’istantanea. Poi l’Analogico è un qualcosa di fisico, il nastro lo vedi, non è un’immagine su uno schermo. Quando registri in digitale una traccia, per usare un gioco di parole di una persona che conoscemmo in passato, di questa traccia non c’è traccia (fisica). Nasce così l’idea di base che è nel substrato di Nuovi Cannibali : la fisicità che poi lascia spazio all’immateriale. L’uomo (o il nastro) analogico che nella società del Social Network lascia il corpo fisico per passare a quello digitale (o il bracciale Usb).

A livello nazionale vi ha interessato qualche recente uscita discografica?
Valerio : Personalmente sono affezionato a tutto quello che produce quella mente distorta e geniale di Edda, forse uno degli ultimi pochi eroi musicali rimasti tali (e credo che Jona sarebbe d’accordo).

Volete salutare i lettori di GrooveOn con tre – anche più – album che considerate fondamentali?
Valerio : Songs for the deaf dei Queens of the Stone Age, ma anche …Like Clockwork per la vena più Pop e matura della Band. Timothy’s Monster, Trust Us, Barracuda e credo tutta la discografica dei Motorpsycho. Led Zeppelin I II II, Revolver e Magical Mistery Tour dei Beatles, Pink Floyd per la psichedelia, Evil Empire dei RATM. Di italiani ovviamente Hai paura del Buio degli Afterhours, tutto Lucio Battisti, Napoli Centrale, Pino Daniele..non finirei più, ma mi fermo qui. Grazie mille a tutti voi di GrooveOn!

 

 

 

Federico Laratta

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