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Trenta anni fa la tragedia di Chernobyl, la regione più colpita è ancora a rischio

CHERNOBYL, 26 APRILE 2016 - Trent'anni fa avveniva la tragedia di Chernobyl, la peggior catastrofe nucleare della storia. Il 26 aprile 1986 il reattore numero 4 dell'impianto ucraino esplose a causa di un esperimento fallito e bruciò per dieci giorni. Più di 200 tonnellate di uranio rimasero all'interno del fatiscente reattore, che per giorni riversò nubi radioattive su tre quarti d'Europa, mentre le autorità sovietiche tentavano di nascondere la gravità dell'accaduto. [MORE]

I 'liquidatori'. Soldati, vigili del fuoco, operai, infermiere, ingegneri inviati da Ucraina, Russia e Bielorussia arrivarono sul luogo del disastro per limitarne i danni, per lo più senza la necessaria preparazione tecnica e le adeguate protezioni. Tra i 600mile a gli 800mila “liquidatori” lavorarono lì a turno per quattro anni per seppellire il materiale diventato radioattivo: macchine, moto, coltivazioni e interi villaggi che ancora giacciono sotto terra con rischi ancora non ben calcolati.

Avevano tra i 18 e i 22 anni: il 20 per cento di loro è morto prima del 2015. Non si sa esattamente quanti liquidatori siano ancora vivi, ma oltre il 90% soffre di problemi di salute causati dalla radiazione: cancro alla tiroide, cardiopatie, complicazioni all'apparato digerente e respiratorio. Secondo il ministero della Sanità ucraino, appena il 5% di loro può essere ritenuto veramente sano.

A distanza di tre decenni poco è cambaito nella regione dell'Ucraina più colpita. Il materiale radioattivo non è mai stato rimosso e le radiazioni continuano a disperdersi nell'ambiente circostante. Ancora oggi sono ritenuti contaminati 745 insediamenti, di cui 26 sono classificati come “zona di evacuazione”.

Le vittime. Ancora oggi non si conosce l'esatto costo umano della tragedia, su cui da tempo è in corso una guerra di numeri. Secondo quanto emerso dal rapporto 2006 del 'Chernobyl Forum', promosso dall'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea) e a cui parteciparono organizzazioni dell'Onu come l'Organizzazione mondiale della Sanità (Oms), vi furono 'solo' 65 morti accertati e una stima di future 4.000 'presunte' vittime per tumori e leucemie in un arco di tempo di 80 anni.

Una conclusione duramente criticata dagli ambientalisti e da alcuni studiosi sul campo, come il professor Yuri Bandazhevsky, bielorusso perseguitato in patria per i suoi studi contro le verità ufficiali e che ora a Ivankiv, tra Cernobyl e Kiev, studia gli effetti sui bambini dell'esposizione anche a basse dosi di radiazione. I dati del Forum sono stati contestati da Greenpeace che stima in almeno 100.000 il numero totale di vittime che nel corso degli anni si raggiungeranno per le conseguenze di Cernobyl in Ucraina, Bielorussia e Russia.

In risposta al rapporto del 'Chernobyl Forum, il Partito Verde europeo ha stilato un rapporto alternativo denominato Torch (The Other Report on Chernobyl), che denuncia come ancora 5 milioni di persone vivano nelle aree altamente contaminate di Bielorussia, Ucraina e Russia, zone in cui il tasso di mortalità è più elevato della norma, il tasso di natalità è più basso e l'incidenza di tumori è aumentata; sono invece in 400 milioni a vivere in aree meno contaminate; il 42% dell'Europa occidentale è stato contaminato; sono previsti 40.000 casi di cancri fatali, ad oggi 6.000 casi di cancri tiroidei più altri 16.000 previsti per il futuro.

I sarcofagi. A due mesi dalla tragedia, vennero avviati i lavori di costruzione di un sarcofago per contenere il nocciolo fuso del reattore. I lavori durarono 206 giorni, notti comprese. 90.000 i lavoratori che parteciparono alla costruzione e 200.000 le persone che complessivamente lavorarono nell'area di Cernobyl, con compiti diversi, tra il 1986 e 1987. Per la costruzione del sarcofago furono necessari 400.000 metri cubi di calcestruzzo e 7.000 tonnellate di strutture metalliche.

All'interno della struttura si trova ancora oggi il 95% del materiale radioattivo presente al momento dell'incidente, sottoposto ad un processo di trasformazione spontaneo che genera altri radionuclidi e Polveri. Nel 2007, è stato siglato il contratto per la costruzione di un nuovo sarcofago destinato a durare fino al 2100.

L'impianto è stato definitivamente chiuso il 15 dicembre 2000: attualmente sono 4 i reattori spenti e due quelli la cui costruzione è stata interrotta dopo l'esplosione del 1986. Alla centrale lavorano quotidianamente un centinaio di addetti: per loro i turni sono di 12 ore e poi due giorni lontani dall'impianto, per abbattere le radiazioni.

Rifiuti radioattivi e cibo contaminato. Negli anni successivi all'incidente, il governo ucraino ha condotto analisi sui prodotti alimentari delle aree contaminate, pubblicate dal ministero delle Emergenze e della Protezione della popolazione. Tuttavia, nel 2009 questo monitoraggio è stato interrotto.

Uno dei fattori di maggiore preoccupazione per la salute della popolazione è venuto dal rilascio, dalla diffusione e dal successivo depositarsi sul terreno del Cesio-137, un radionuclide (isotopo radioattivo) che dimezza la sua radioattività in circa 30 anni e che può penetrare nella catena alimentare, contaminando latte, pesci e vari prodotti agricoli. Nelle zone limitrofe a quella di Esclusione, sia in Ucraina che in Bielorussia, ed economicamente depresse, spesso una famiglia non ha alternative al nutrirsi con i prodotti del proprio orto.