Estero

Usa-Corea Nord, tensione infinita. Il punto

WASHINGTON, 12 APRILE - Le tensioni tra Usa e Corea del Nord non accennano a placarsi, anche a causa degli interlocutori in campo. Non fa passi indietro infatti il presidente americano Donald Trump, desideroso di arginare l’atteggiamento coreano nonostante il tentativo della Cina di giocare un ruolo distensivo all’interno dello scontro politico.[MORE]

Come noto, il tycoon ha dovuto subire nel corso delle settimane una brusca frenata in politica interna a causa della mancata sostituzione dell’Obamacare. E di certo il fallimento sanitario di Trump ha contribuito ad una nuova inversione di rotta in campo estero rispetto alle delusioni interne, che vedono The Donald alle prese con un partito repubblicano non sempre concorde con i suoi obiettivi.

Il basso consenso del presidente a poco meno di tre mesi dall’insediamento alla Casa Bianca è un’altra delle possibili ragioni che stanno alla base delle ultime mosse estere. A cominciare dalla prova muscolare adoperata in Siria, che ha visto l’America tornare a dire la propria in un conflitto drammatico ed ancora lontano da una soluzione condivisa al tavolo della coalizione internazionale.

E allora Trump continua a premere anche su Pyongyang, nonostante la telefonata con il presidente cinese spinga verso una soluzione «condivisa e pacifica» ai fini di evitare uno scontro che avrebbe conseguenze catastrofiche, considerati i mezzi a disposizione degli attori protagonisti. «Verso la Corea del Nord stiamo inviando una “armada”, una flotta molto potente» - ha annunciato Trump nella giornata di ieri.

Il presidente americano ha richiamato le responsabilità coreane e ha ricordato i propri mezzi di battaglia a disposizione. Ha poi avvertito la Corea con un consueto duro tweet: «North Korea is looking for trouble. If China decide sto help, that would be great. If not, we will solve the problem without them». Morale della favola: la Corea è a caccia di guai e questo guaio sarà risolto dagli Usa a prescindere dal ruolo cinese all’interno della vicenda. L’impressione è che dunque non basterà una telefonata per spegnere la rinata veste muscolare dell’America e della nuova era Trump.

Dall’altra parte, la Corea aveva risposto alla decisione americana di dislocare navi militari all’interno della penisola coreana. Ed il governo di Kim Jung-un non aveva esitato ad una reazione immediata adducendo «catastrofiche conseguenze» alla «oltraggiosa» azione americana.

Dalla Siria alla Corea questo è quanto ormai traspare: gli Usa tornano in campo ricordando la propria forza politica, economica e militare. «Abbiamo anche sommergibili, molto potenti, più forti della portaerei, vi assicuro» - ha inoltre ammonito Trump nell’intervista a Fox Business Network. Con la Corea «pronta a rispondere a prescindere dal tipo di guerra voluta dagli Stati Uniti».

Il quadro è insomma contornato di scenari molteplici, che non possono tuttavia ignorare una soluzione condivisa, che resta primaria ed imprescindibile. Pechino ha infatti avvertito sia la Corea che gli Usa: ai primi l’invito è di non proseguire nella conduzione dei test nucleari e nel lancio di missili intercontinentali, il che porterebbe anche ad una possibile diretta reazione cinese.

Dall’altra parte, la telefonata Usa-Cina vede il governo cinese invitare senza mezzi termini alla ricerca di una soluzione pacifica, anche in relazione al contesto siriano di cui è anche si è parlato. L’uso di armi chimiche è infatti ritenuto inaccettabile da Pechino ma il punto è trovare una soluzione diversa rispetto alla recente reazione americana. Anche qui il terreno è da considerare poco fertile, considerata la ingombrante posizione di Assad che limita le possibilità di una concreta risoluzione politica.

foto da: huffingtonpost.it

Cosimo Cataleta