Va risarcito il proprietario dell'appartamento soprastante l'officina rumorosa
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Va risarcito il proprietario dell'appartamento soprastante l'officina rumorosa

lunedì 17 settembre, 2018

REGGIO CALABRIA, 17 SETTEMBRE - L’accertamento del superamento della soglia di normale tollerabilità comporta, nella liquidazione del danno da immissioni, l’esclusione di qualsiasi criterio di contemperamento di interessi contrastanti e di priorità dell’uso, in quanto, venendo in considerazione in tale ipotesi unicamente l’illiceità del fatto generatore del danno arrecato a terzi, si rientra nello schema dell’azione generale di risarcimento danni e, specificamente, per quanto concerne il danno non patrimoniale risarcibile. Questo è quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza n. 21554/2018, depositata il 3 settembre. [MORE]

Il caso. Il proprietario di un appartamento conveniva in giudizio i proprietari di un’officina al fine di ottenere il risarcimento dei danni per i fastidi provocatigli dai rumori provenienti dalla suddetta officina collocata proprio sotto la sua abitazione.

Tanto il Tribunale quanto la Corte d’Appello territoriale davano ragione all’attore ma differivano sull’ammontare del danno liquidato.

Avverso la sentenza della Corte d’Appello territoriale, che, in parziale riforma della sentenza di primo grado, aveva condannato la citata officina al pagamento di 10.500,00 Euro a titolo di risarcimento danni in favore dell’attore, questi proponeva ricorso per cassazione ritenendo non sufficiente il suddetto importo. In particolare, i giudici di seconde cure, avevano ritenuto che “seppure le immissioni di rumore privavano il proprietario della possibilità di godere in modo pieno e pacifico della propria abitazione, non poteva ritenersi provato un danno alla salute, per cui l’unico danno risarcibile era quello della compromissione del pieno svolgimento della vita domestica. Considerato dunque che, sulla base dei rilievi effettuati, le immissioni provenienti dall’officina risultavano superare la soglia di normale tollerabilità in un solo ambiente della casa ed in misura contenuta (DA 3 a 5 DbA) ed inoltre nel solo orario di apertura dell’officina, determinava in via equitativa l’ammontare del risarcimento del danno in 10.550,00 Euro, riducendo l’ammontare originariamente liquidato”. Veniva, così, spiegata la scelta di ridurre la cifra riconosciuta dal giudice di primo grado. Con il primo motivo, il ricorrente censurava, in particolare, la statuizione della sentenza impugnata che aveva ridotto il risarcimento del danno sul rilievo che non risultava provato un danno alla salute, ma unicamente una compromissione al pieno svolgimento della vita domestica, deducendo che in materia di immissioni intollerabili il danno non patrimoniale alla salute non doveva essere specificamente provato in quanto sussistente in re ipsa. Tale motivo veniva ritenuto infondato dal momento che, secondo il più recente indirizzo della Corte, il danno alla salute non poteva ritenersi sussistente in re ipsa. Secondo il Supremo Collegio “l’assenza di un danno biologico documentato peraltro, non osta al risarcimento del danno non patrimoniale conseguente ad immissioni illecite, allorché siano stati lesi il diritto al normale svolgimento della vita familiare all’interno della propria abitazione ed il diritto alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini di vita quotidiane, quali diritti costituzionalmente garantiti, nonché tutelati dall’art. 8 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo (Cass. Ss.Uu.2611/2007)”. A tale indirizzo si era conformata la sentenza impugnata, la quale aveva ritenuto che non potesse ritenersi provato un danno alla salute, riconoscendo peraltro all’odierno ricorrente il risarcimento del danno derivante dalla lesione al normale svolgimento della vita familiare. Inoltre, la Corte di Cassazione escludeva l’esistenza di “un danno alla salute”, mancando una prova certa del “pregiudizio” subito dall’uomo. Con il secondo motivo, il ricorrente denunciava la violazione degli artt. 844 comma 2, 2043 e 2059 c.c. in relazione all’art. 360 n.3) cpc, per avere la Corte territoriale illegittimamente tenuto conto della assoluta priorità temporale dell’attività commerciale esercitata, rispetto alla destinazione abitativa, nella determinazione dei danni. I giudici di legittimità ritenevano fondato il motivo. “L’art. 844 cod. civ. impone, infatti, nei limiti della valutazione della normale tollerabilità e dell’eventuale contemperamento delle esigenze della proprietà con quelle della produzione, l’obbligo di sopportazione di quelle inevitabili propagazioni attuate nell’ambito delle norme generali e speciali che ne disciplinano l’esercizio. Viceversa, l’accertamento del superamento della soglia di normale tollerabilità di cui all’articolo 844 cod.civ., comporta nella liquidazione del danno da immissioni, l’esclusione di qualsiasi criterio di contemperamento di interessi contrastanti e di priorità dell’uso, in quanto venendo in considerazione, in tale ipotesi, unicamente l’illiceità del fatto generatore del danno arrecato a terzi, si rientra nello schema dell’azione generale di risarcimento danni di cui all’articolo 2043 del codice civile e, specificamente, per quanto concerne il danno non patrimoniale risarcibile, dell’articolo 2059 cod. civ.(Cass. 5844/2007)”. A tale criterio interpretativo non risultava essersi conformata la sentenza impugnata, che aveva erroneamente considerato, ai fini dell’ammontare del risarcimento, pure il criterio della "priorità dell’uso". Ed invero secondo il consolidato indirizzo della Corte, la valutazione equitativa, avendo ad oggetto un apprezzamento di fatto, era sottratta al sindacato di legittimità, se immune da vizi logici e giuridici, mentre nel caso in esame uno dei criteri di determinazione del danno utilizzati dal giudice di merito risultava errato, non potendo ad esso farsi riferimento ai fini della liquidazione del danno.

Per tali motivi la Corte di Cassazione accoglieva il ricorso, cassava la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinviava, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, ad altra sezione della Corte d’Appello territoriale.

Avvocato Anna Maria Cupolillo Staff Giuridico Avvocato Express
 


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