Formato molto versatile e gustoso🍝, che regge bene la cottura e “intrappola” il condimento😋.
Impossibile caricare il contenuto multimediale. 1️⃣ IL PACKAGING.🎁 I radiatori sono un formato di pasta corta, il cui nome, ispirato all’universo motoristico, evoca soprattutto il mondo delle automobili sono contrassegnate dal marchio GAROFALO, il quale, conosciuto in tutto il mondo, identifica una storica azienda alimentare di Gragnano (NA), specializzata nella produzione di pasta secca, che, ormai da qualche anno, è controllata dalla multinazionale spagnola Ebro Foods. Nel catalogo GAROFALO vengono identificate dal numero “78” ed appartengono alla linea dei formati, per così dire, “ordinari”. Nello specifico, come testé anticipato, fanno parte della gamma della “pasta corta”, composta da ben 36 diverse trafile, che rappresentano prevalentemente i formati di pasta tipici delle cucine regionali italiane, i quali, attualmente, sono commercializzati solo nel formato da 500 g (sugli scaffali della GDO si trova àncora qualche confezione da 1000 g, la cui non recente produzione è palesata dall’assenza della scritta “love”, che connota, invece, i nuovi pacchi). Il packaging in commento è rappresentato da un incarto del tipo “flowpack” o “flow-wrap”, ovvero un film di polipropilene, saldato da una macchina confezionatrice orizzontale attorno al prodotto, il quale, come rivela il simbolo “bicchiere e forchetta” appostovi [che attesta il rispetto del Regolamento (CE) n. 1935/2004 del Parlamento Europeo e del Consiglio], è idoneo all’uso alimentare. Sul lato esterno del sacchetto sono riportate le caratteristiche dell’alimento, il quale è chiaramente visibile data la quasi totale trasparenza dell’incarto. Questo tipo di packaging brilla per efficienza; innanzitutto, è sufficientemente resistente in fase di trasporto e può essere facilmente aperto senza l’impiego delle forbici; inoltre, assicura una chiusura ermetica, in quanto scherma validamente ossigeno, gas, umidità e altri agenti esterni potenzialmente contaminanti; ciò significa che limita fortemente la deperibilità degli ingredienti dell’alimento contenuto, favorendo, quindi, un’ottima e lunga conservazione delle sue caratteristiche nutritive e organolettiche. Merito, questo, pure della sigillatura sottovuoto e del confezionamento in atmosfera modificata (o protettiva), che concorrono ad estendere il periodo di conservazione (la c.d. “shelf life”), contrastando, nei limiti del possibile, le inesorabili alterazioni chimiche, fisiche, microbiologiche, sensoriali e strutturali. A conforto della validità dell’imballaggio, posso dire che al suo interno non ho registrato né la presenza di aria, né di umidità, che sono i principali artefici di contaminazione e rapida degradazione dei cibi; per giunta, ho constatato che quest’azione protettiva persiste pure dopo l’apertura del sacchetto; per richiuderlo ermeticamente, occorre, però, munirsi di un pezzo di scotch da applicare alla sua estremità, poiché sul retro non troviamo il classico nastro adesivo riposizionabile. 2️⃣ L’ETICHETTATURA.⚠ L’etichettatura, (anche) in lingua italiana, risulta chiara ed esauriente; il consumatore trova tutte le informazioni, non solo nutrizionali, di cui ha bisogno, riguardo alle quali, per motivi di brevità, rinvio prevalentemente alle foto che ho accluso. Mi limito solo ad evidenziare alcuni dati salienti, che ritengo possano aiutare il potenziale acquirente a comprendere se l’articolo risponda o meno ai suoi gusti e alle sue esigenze alimentari. Il pastificio Garofalo è uno dei 16 attuali componenti del Consorzio “Gragnano Città della Pasta”, difatti quasi tutti i suoi formati, compreso quello in esame, si fregiano dell’Indicazione Geografica Protetta (c.d. “I.G.P.”) “Pasta di Gragnano”, in quanto rispondono alle condizioni e ai requisiti stabiliti dallo specifico disciplinare di produzione emanato dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali . Scandagliando l’incarto del pacco recapitatomi, emerge che gli spaghetti in commento sono stati realizzati con grano duro di provenienza australiana e italiana. Il primo è stato macinato nel molino Casillo di Corato (BA); il secondo nell’impianto foggiano delle Moderne Semolerie Italiane. Due aziende molitorie che sono tra i principali produttori nazionali di farine e semole, destinate al consumo domestico e professionale. La pasta ha visto luce nell’impianto dell’azienda Labor di Scafati (SA), nel quale per la gestione dei rischi da contaminanti chimici, biologici, microbiologici e fisici, viene adottato un modello “HACCP” (Hazard Analysis Critical Control Points) in linea con i requisiti dello schema di certificazione “FSSC 22000 v5.1”. Questa metodologia operativa, con la quale vengono definiti e monitorati i punti critici di controllo del processo produttivo (i c.d. “CCP”, fondamentali per garantire la sicurezza dei prodotti alimentari), affianca, inoltre, un “Sistema di Gestione Integrato Sicurezza, Ambiente ed Energia”, che, secondo quanto asseverato da un ente indipendente, è conforme rispettivamente alle norme “UNI ISO 45001” (in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro), “SA8000” (in tema di responsabilità sociale d’impresa con specifico riferimento al rispetto dei diritti umani e del diritto del lavoro, alla tutela contro lo sfruttamento minorile e alle garanzie di sicurezza e salubrità sul posto di lavoro), “UNI EN ISO 14001” (in materia ambientale) e “UNI EN ISO 50001” (in materia di gestione energetica). Non potendo soffermarmi, per le anzidette ragioni di economia testuale, sulle validazioni sinora menzionate, rimarco solamente che esse presuppongono una serie di stringenti controlli fisici, chimici, bio-chimici e organolettici, per cui sono foriere di alta qualità, igiene e sicurezza alimentare, alle quali contribuisce anche l’accurato sistema di tracciabilità, utilizzato dall’azienda per monitorare costantemente la catena di fornitura. Quest’ultima, tra l’altro, in un’ottica di massima trasparenza🧐, può essere agevolmente “ricostruita” dal consumatore, inserendo nell’apposita sezione del website della Garofalo, la “data di scadenza” (rectius, il “termine minimo di conservazione”) riportata sul pacco di pasta. La tabella nutrizionale rivela che l’apporto calorico per 100 g di prodotto è di 351 kcal (grassi: 1,0 g, dei quali solamente 0,2 g sono di acidi grassi saturi; carboidrati: 70,0 g, di cui 3,0 g di zuccheri; proteine: 14,0 g; fibre: 3,0 g; sale: <0,01 g). Non manca sull’incarto il lotto di produzione e il c.d. “termine minimo di conservazione” (o “TMC”), il quale, preceduto dalla solita formula “da consumarsi preferibilmente entro”, è collocato sufficientemente avanti nel tempo: circa 35 mesi rispetto al momento della consegna (di poco successivo a quello della produzione; la c.d. “shelf life” o “vita da scaffale”, che abbiamo già menzionato in apertura a proposito del packaging, è, infatti, di 36 mesi). Ricordo a me stesso che tale data rappresenta la soglia temporale fino alla quale l’alimento mantiene intatte le sue proprietà, se conservato correttamente. Superato tale termine, non diventa pericoloso per la salute; sarà ancora possibile consumarlo, ma le sue qualità organolettiche inizieranno a subire una progressiva flessione. Non viene, invece, indicato un c.d. “PAO” (“period after opening”), ossia una soglia temporale entro cui consumare la pasta, una volta aperta la confezione; l’importante, come suggerisce lo stesso produttore, è conservarla in un luogo fresco e asciutto. Completa l’etichettatura l’indicazione del quantitativo contenuto (500 g), che il fabbricante considera equivalente a 6 porzioni (sinceramente, nonostante la crescita di volume per effetto della cottura, 83 g di questa pasta mista, come di altri formati😉, per me sono pochi🍝). Il predetto valore ponderale è affiancato dalla “℮” che rappresenta il c.d. “simbolo di stima”, il quale certifica che il divario tra la quantità effettiva contenuta nella confezione e quella nominale riportata in etichetta non eccede i limiti fissati dalla normativa dell’Unione Europea. Per quel che concerne la compatibilità con i vari regimi alimentari, troviamo la “U” cerchiata (il c.d. “OU” symbol), che, com’è noto, è rappresentativa della titolarità della certificazione Kosher. Viene, inoltre, sottolineata la possibile presenza di tracce di soia e di senape, le quali, al pari del grano duro contenuto nella pasta, possono provocare reazioni in persone allergiche o intolleranti, che, fortunatamente, a casa mia nessuno ha registrato😥. 3️⃣ I RADIATORI.🍝 La forma è quella di piccoli cilindri cavi con delle balze frastagliate (o “alette”), che evocano le alette dei radiatori delle automobili (e non solo😉). Rassomigliano un po’ al noto formato di pasta, conosciuto col nome di fusilli, eliche, spirali o rotini. Rispetto a questi ultimi, i radiatori sono più corti e più larghi. Mediamente, infatti, hanno una lunghezza di 25 mm e una larghezza di 11 mm; di dimensioni che agevolano sensibilmente la forchettata generosa. Hanno un colore giallo pallido opaco (lo stesso colore del grano, per intenderci) e non recano imperfezioni; sono tutti integre, senza crepe e totalmente prive di puntini bianchi o neri; in controluce è possibile vedere la grana grossa della semola che le compone. Sono ricoperte da una patina bianca di polvere di amido, ben percettibile anche al tatto, che testimonia la lavorazione con trafile realizzate in leghe metalliche certificate [conformi, quindi, al Regolamento (CE) n. 1935/2004 del Parlamento Europeo e del Consiglio, riguardante i materiali e gli oggetti destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari], le quali hanno sostituito il meno resistente bronzo; non a caso, infatti, in etichetta non si parla più di “trafilatura al bronzo”, bensì di “trafilatura “ruvida”. Un ulteriore prodromo della trafilatura metallica di questa pasta è rappresentato dalla sua superficie esterna ruvida e porosa, la quale ha il pregio, congiuntamente alla suddetta polvere di amido, di trattenere ogni tipo di condimento. Nel caso di questi radiatori, ad impedire che sughi e salse scivolino via, concorrono sensibilmente le pronunciate alette esterne, le quali riescono a catturare ogni tipo di condimento, compresi quelli più corposi e robusti. Con sommo gaudio del nostro palato😋, il sugo, oltre ad attaccarsi esternamente, penetra, attraverso la fessura longitudinale e i fori alle estremità, all’interno del cilindro cavo centrale, rimanendovi bloccato. Questo perché l’interno della pasta, sebbene non sia rigato (al contrario di quanto avviene, ad esempio, per le penne rigate n°152 e le mezze penna rigate n°154 di Voiello), è, comunque, rugoso. Tradotto in parole povere, tutto ciò vuol dire che sughi e salse non hanno scampo! È opportuno, inoltre, ricordare che l’estrusione della pasta mediante le trafile metalliche comporta, rispetto alla trafilatura al teflon, una migliore conservazione delle qualità nutritive (in particolare, una minore perdita di sali minerali e vitamine) e organolettiche del grano; merito anche della successiva essiccazione, la quale, per i formati corti come quello in commento, dura ben 9 ore, per cui può essere realizzata a temperatura molto bassa, in modo da scongiurare il calo qualitativo e organolettico dovuto al c.d. “danno termico”. Il tempo di cottura di questo formato è di 8️⃣ minuti, trascorsi i quali la pasta rimane piacevolmente al dente; anche se resta sul fuoco un po’ di più, non scuoce; inoltre, pure dopo essere stata scolata, conserva per diversi minuti tutte le sue caratteristiche: non diventa collosa, né tende ad appiccicarsi. È piuttosto soda con un apprezzabile grado di durezza, che si rivela alquanto omogeneo; offre, infatti, una buona resistenza alla masticazione, che è la medesima per tutto il suo corpo. Questa valida consistenza, oltre ad essere uniforme, risulta corposa, tenace e farinosa; inoltre, è abbinata ad una pregevole elasticità (una qualità da non confondere con la deprecabile “gommosità”); se infatti schiacciamo un radiatore con la forchetta, nel momento in cui allentiamo la pressione tende a riacquistare la sua forma originaria. Ha un odore e un sapore abbastanza gradevoli (è ben percettibile il sentore di grano!😋), che devono esser ricondotti anche a quel particolare processo di essiccazione, al quale abbiamo poc’anzi fatto cenno. Ho provato ad assaggiarla priva di condimento, dopo averla cotta al dente in acqua senza sale, riscontrando un perfetto equilibrio tra la dolcezza dell’amido e l’acidità maturata per effetto della fermentazione intervenuta nel corso della lavorazione. I radiatori, grazie alle loro dimensioni ridotte, si amalgamano magnificamente con ogni tipo di condimento, specialmente con quelli particolarmente cremosi (sia rossi al pomodoro che bianchi a base di formaggi); sono, inoltre, ideali per la preparazione di insalate di pasta, ricche di colori e fantasia. Si tratta, in effetti, di un formato è infinitamente versatile; col trascorrere del tempo la sfilza di primi piatti per i quali lo utilizzo si arricchisce vieppiù, di conseguenza qualsiasi tentativo di elencazione risulterebbe riduttivo. Ritengo più sensato fare appello alle innumerevoli ricette rinvenibili sul sito della GAROFALO, le quali integrano una buona base di partenza per dare sfogo alla propria inventiva culinaria. Cito, a titolo meramente paradigmatico, l’abbinamento con broccoli e fondente di caciocavallo, quello con funghi pioppini e ragù d’anatra e quello con cremosa ricotta vaccina, irrorata da olio extra vergine di oliva e una sostanziosa crema di purea di spinaci. 4️⃣ LE CONSIDERAZIONI FINALI🤔👨🏽💻 Le argomentazioni dedotte nelle righe che precedono e le conseguenti considerazioni sviluppate mi portano ad esprimere un giudizio complessivamente positivo sulla qualità e sulla gradevolezza del prodotto, da cui discende una valutazione di congruità riguardo al prezzo al chilogrammo di 1,58 euro. Un importo che, sulla base di un’accurata analisi comparativa, estesa pure alle offerte presenti nelle ultime settimane sui volantini della “GDO”🏬, si rivela anche abbastanza competitivo🤑; soprattutto, se si tiene conto che non stiamo parlando di un formato “scorta”🛒. Leggi di più
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