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Intervista agli autori di Sorella Toscana: Nicola Costanti e Marco Brogi

Riccardo Marcucci
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Intervista agli autori di Sorella Toscana: Nicola Costanti e Marco Brogi
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ROMA, 14 DICEMBRE 2011 - Intervista agli autori di Sorella Toscana, l'antologia realizzata dal cantautore Nicola Costanti e dal poeta Marco Brogi. Dopo la presentazione ufficiale del cofanetto a Roma, gli autori hanno approfondito alcune tematiche presenti all'interno della loro opera.[MORE]

MARCUCCI: Rappresentare il macrocosmo attraverso il microcosmo, ovvero il mondo attraverso gli occhi degli abitanti di Buonconvento. Qual'è l'immagine che ne esce?

BROGI: Viene fuori una tavolozza di colori perché le persone, pur unite da tante cose, sono diverse le une dalle altre. Ognuno ha un vissuto particolare, quindi ne esce un caleidoscopio. Una finestra da cui si vedono tante cose.

MARCUCCI: Parole e note in un mix perfetto per sognare ad occhi aperti. Perché è questo di cui i personaggi di Sorella Toscana hanno bisogno, non è così?

COSTANTI: Si. Ognuno dei personaggi viene da questo paese toscano, Buonconvento. Il nostro paese. Negli occhi dei nostri amici compaesani abbiamo riconosciuto il mondo, ma avremmo potuto fare la stessa cosa con qualunque altro posto. Buonconvento è un paese del mondo. Qualcuno ha definito il nostro lavoro come un'antologia di Spoon River dei nostri anni, e questo qualcuno è il grande Gianni Mura. Questi personaggi, che in realtà si trovano in tutti i paesi, raccontano la loro visione del mondo. Ne viene fuori un'enciclopedia di stati d'animo molto interessante, molto varia. Come è varia l'Italia, il mondo.

MARCUCCI: Sorella toscana è un'antologia di racconti, nello stile del famigerato Spoon River di E. L. Masters. Nell'opera americana i protagonisti sono defunti che nella morte trovano la libertà per parlare del mondo “senza peli sulla lingua”. In Sorella Toscana gli interpreti sono per lo più persone in vita...

COSTANTI: Si, infatti noi li abbiamo chiamati “epitaffi viventi”. Immaginiamoci delle lapidi di vivi, che abbiamo portato in giro per il mondo con i nostri concerti. Ma soprattutto abbiamo portato in giro per il mondo delle umanità semplici che partono dal basso, che hanno sogni comuni come la gente qualunque.

MARCUCCI: Quindi voi non credete per questo che i loro racconti siano meno autentici rispetto a quelli dell'opera americana?

COSTANTI: Sono autentici perché rapportati ai nostri tempi. Loro sono proprio lo specchio dei nostri anni. Ma senza nessuna pretesa nostra, sono loro che giustamente hanno la pretesa di rappresentare il mondo. Sono le persone semplici che fanno il mondo, perché oggi siamo abituati a vedere in televisione tutta una fauna di personaggi inesistenti. Che non sanno nemmeno loro di esistere. Invece queste persone (i protagonisti) fanno il mondo dal basso.

MARCUCCI: “Non al denaro, non all'amore né al cielo”, l'album pubblicato da Fabrizio De André nel '71 e liberamente tratto dai racconti di Spoon River. Anche voi avete messo in musica storie di abitanti comuni, ma non vi siete limitati a raccontare storie già scritte...

COSTANTI: Abbiamo pensato di descrivere anche personaggi di qualche tempo fa, tra cui alcuni con una filosofia di vita molto distante. Li abbiamo scelti per significare la difficoltà di questi anni a relazionarsi con l'altro. Nella canzone “Il centometrista” si parla infatti dell'”andare di corsa” e perdersi quindi il “durante della vita”. Soltanto la fine e nel mezzo c'è il mondo. Mi viene in mente il personaggio Vittorio, il bottegante, che ha il vizio di non vendere la merce. Oggi (è strano) pensare a questo in una città massificata, dove si vendono anche i pensieri; lui invece si affezionava alle cose.

BROGI: Non abbiamo scelto l'aneddoto, la storia buffa o particolare per forza. Abbiamo dato voce a cento persone partendo dal presupposto che ognuno avesse una storia da raccontare.

MARCUCCI (A COSTANTI): Con quale criterio hai scelto le storie da mettere in musica? E cosa hai provato a dare voce ai racconti di persone ordinarie come te?

COSTANTI: Intanto per me il fatto di ordinario è un privilegio. Quando penso ad una persona ordinaria mi viene in mente una persona che fa una vita nascosta ma ricca del proprio odore e diversità. Ognuno ha un mondo proprio. Non a caso Sorella Toscana è un incitamento a conoscersi. Come lo ho scelte? Le canzoni sono anche una scusa per parlare di questi anni e attraverso queste sviluppo dei concetti. Chiaramente la storia di un assicuratore che vive la vita di corsa era perfetta per descrivere il “centometrismo”, quindi il senso di non saper vivere il tempo con rilassatezza. Oppure un altro personaggio che mi ha affascinato per il tempo che passa è il pensionato che cerca di ammazzare la noia della pensione ballando a tempo di “begin”. Poi c'è il benzinaio, un altro personaggio presente in tutto il mondo. Colui che vede passare il mondo, tutti noi centometristi che gli sfiliamo davanti. Lui sogna di andare via ma resta sempre lì. Perché come dice lui: “Il tempo è un pessimo cliente che non finisce mai la benzina”.

MARCUCCI (A BROGI): Perché hai preferito semplici filastrocche e giochi di parole rispetto agli epigrammi di Spoon River?

BROGI: Perché sostengo che la poesia non debba indossare la parrucca e debba uscire dalle accademie. Léo Ferré diceva: “la poesia e la musica debbono andare nelle strade”. Il secondo motivo è che spesso per colpa o demerito di alcuni signori ci è stato imposto un tipo di poesia retorico, lacrimevole, rugiadoso. Oltre a questo è stata fatta passare l'idea che la poesia debba essere per forza “masturbazione cerebrale”, insomma difficile e per pochi eletti. È vero che la poesia si deve battere contro la banalizzazione del linguaggio, ma è anche vero che deve in qualche modo essere un ponte, una comunicazione. La poesia è una comunicazione alta, ma se non comunica che comunicazione è? Poi semplicità non deve significare banalità...

MARCUCCI: Pasolini docet

BROGI: Esatto, la semplicità deve essere un punto di arrivo e non un punto di partenza. Sandro Penna e Umberto Saba ci insegnano che le rime più semplici sono quelle più belle. Mi piace la filastrocca perché permette di raccontare bene ed in maniera efficace.

COSTANTI: Nella poesia esistono poi vari livelli di lettura. In base agli strumenti che uno ha, si immerge un tot metri.

MARCUCCI: Infatti anche Dylan Dog è accessibile a tutti

BROGI: Ma non è mai banale.

COSTANTI: Chi va ai venti metri percepisce qualcosa in più. Ma anche chi si ferma al primo livello deve avere una percezione del mondo rappresentato.

BROGI: E comunque per aggirare l'ostacolo, e forse anche per una forma di pudore, per la gran parte delle volte evito di chiamarle poesie. Io non mi sento neanche un poeta. Vecchioni dice: “io sono un poetastro”, riferito a sé stesso. Io gli rubo il termine... Sono un poetastro. Il termine poesia presuppone un concetto altissimo della parola. Io ho un concetto elevatissimo della parola, però non voglio rubare la sedia ai “poeti laureati”, diceva Montale. Sono testi, leggili. Bertolt Brecht diceva: “il poeta non è più un poeta quando ha la pancia troppo piena”. La poesia deve essere anche fame di vita e di sensazioni, però bisogna stare attenti a non fare poi dello stupido vittimismo.

MARCUCCI: (A BROGI): Visto che tu sei la penna da cui sono usciti i personaggi di Sorella Toscana, ti piacerebbe autodefinirti come una specie di ingegnere della parola? Perché in fondo l'arte è una forma di artigianato. Sei d'accordo?

BROGI: Artigiano della parola ancora meglio, è una definizione giusta. Mi piace lavorare con le parole e sulle parole. È una definizione bella di cui ti ringrazio.

MARCUCCI: “Il paese incantato”, la tua seconda raccolta di poesie che ritrae una cinquantina di artisti famosi. Anche loro persone ordinarie come gli abitanti di Buonconvento?

Quella è un'operazione un po' diversa. Nella prefazione al libro mi pare di aver scritto più o meno questo: “La musica ha bagnato la mia vita e non mi ha voluto asciugare”. Quindi amando la musica, mi sono sentito in dovere di restituire qualcosa agli artisti che mi hanno fatto ridere, frignare, riflettere. Quindi ho preso i 50 che mi piacevano di più e li ho ritratti.

MARCUCCI: De André denunciava quelli che secondo lui sono i due mali peggiori della società: l'invidia e la scienza. Qual'è il filo rosso che unisce i racconti degli abitanti di Buonconvento?

BROGI: Ti posso rispondere una prima volta così: le storie non sono state scelte, sono state le storie che hanno cercato noi. Sono storie che in qualche modo ti si depositano dentro e ad un certo punto ho sentito che bussavano e ho detto “c'è bisogno che gli apra”. Il filo rosso?

COSTANTI: Una vita vissuta, lontano dalle telecamere... Di fatti quotidiani, di tutto il mondo.

BROGI: E poi sono persone che sentono terribilmente i grandi problemi dell'esistenza, come tutte le persone sensibili che fanno una vita normale. A volte certa gente che fa una vita finta non si rende conto che il tempo ci consuma e perde di vista l'essenza della vita. Queste persone invece (i protagonisti di Sorella Toscana), vivendo in una dimensione reale, hanno sempre addosso questi pensieri: che il tempo è poco, basta... non basta... che la vita ci sfugge di mano. C'è quindi un esistenzialismo di fondo.

MARCUCCI: In un'intervista con la traduttrice Fernanda Pivano, De André confessa di aver avuto l'impressione che nella vita non si riesca a comunicare. È lo stesso problema che hanno i vostri personaggi?

COSTANTI: Qualcuno di loro si. Altri riescono invece ad usare tutti e cinque i sensi, forse anche il sesto. E quindi riescono ad andare oltre.

BROGI: Molti hanno delle cose a metà dentro, che non sono arrivate a destinazione. La ragazza madre che per vent'anni è stata presa in giro per questo coraggio di aver messo al mondo una bambina che non ha un padre riconosciuto. E per tanti anni si è portata dentro questo peso e quindi non è riuscita a comunicare in maniera serena con l'altro.

MARCUCCI: Spoon River è stata un'opera sovversiva. Parlava di pace, di libertà, si opponeva al capitalismo. Insomma, una specie di momumento contro ogni forma di convenzionalismo. In che modo Sorella Toscana rompe gli schemi col presente?

BROGI: (Sorella Toscana) affronta temi che a volte sono un po' scomodi. Ci sono un paio di testi in cui si parla di resistenza, di partigiani. Questa è un'epoca strana in cui si dimentica chi stava dalla parte della ragione e chi stava dalla parte del torto. E qui si dice quello che probabilmente è la realtà, senza fare di tutta un'erba un fascio. Si affrontano dunque tematiche scomode. Ad un certo punto si parla di un pensionato che si innamora della propria badante, una donna dell'est. E in un periodo di intolleranza e razzismo, spesso la badante è vista solamente come un'extracomunitaria. Ma questo pensionato dice: “mi sono innamorato di lei, anche per questo non voto Lega”. Credo non sia troppo rassicurante...

COSTANTI: parliamo delle diversità di ogni singolo personaggio, in un mondo in cui si cerca di massificare e di uniformare tutti. Del loro essere, negativo e positivo. Oggi la normalità è andare il meno possibile sul particolare, parlare in generale di tutte le persone.

BROGI: (Sorella Toscana) rivaluta invece l'individuo senza scendere nell'individualismo. Nei pro e contro, infatti si parla anche dell'odio.

COSTANTI: Uno dei peggior modi (l'odio) di togliere energia ad una persona, perché è un qualcosa che lacera te stesso e ti fa perdere di vista un senso buono. Chi odia perde qualcosa...

BROGI: Come chi invidia..., lo stesso discorso di De André. Mi chiedevi dove è sovversivo. Se è sovversivo è nell'essere vero. Qui chi parla non lo fa sotto le telecamere. Chi fa le camere, fa veramente le camere: cioè prepara il letto. La pretesa è quella di aver fatto una cosa vera, che ha spremuto la realtà.

COSTANTI: E soprattutto lontano dal sensazionalismo.

BROGI: Si cerca il più possibile il realismo. Anche se poi il linguaggio è a volte giocoso, perché non vuole essere pesante. Però sono spremute di verità. Proprio perché ci sono loro (i personaggi).

MARCUCCI: Quali sono i veli ed i tabù più ricorrenti nelle storie dei vostri personaggi. Perché in fondo la difficoltà sta proprio nello spogliarsi dal senso di costrizione imposto dal sistema, giusto?

BROGI: Il sesso. Il sesso continua ad essere un tabù e ricorre spesso, come nella poesia della “perpetua”.

COSTANTI: La perpetua che in modo nascosto è innamorata del prete, perché prima di essere prete è un uomo. É vissuto come un dramma ma è pur sempre verità.

BROGI: Come la ragazza madre... Un altro tabù è la politica: il fatto di non schierarsi. Qui chi dice qualcosa su questo argomento si schiera apertamente. Io sto da questa parte e penso questo.
E poi c'è anche l'invidia. Quella di chi è preso in giro, per vari motivi. Per una qualche diversità. E ci sono testi in cui c'è anche un riscatto. Queste persone si raccontano e però in fondo cercano di rifarsi. L'edicolante che era preso in giro per la sua faccia “sgrammaticata”, considerato quindi un diverso, vendeva i giornali già vecchi, perché li leggeva prima lui. Vendeva roba usata. Ovviamente è un gioco, ma c'è anche l'elemento del riscatto.

MARCUCCI: Veniamo ora alla cura di questi mali. Come diceva Pirandello, ci salverà l'umorismo. Voi siete toscani, quindi fino a prova contraria siete anche maestri della risata. Cosa ne pensate?

COSTANTI: Il punto d'osservazione ironico salva. Salva dal prendersi troppo sul serio, come serve anche per reagire a certe brutture che ci fanno stare male nella vita. Non a caso il finale della canzone “Sorella Toscana” dice: “Quando va male, per non sprofondare, si fa il verso del maiale. Quando va bene, per non decollare, si pensa intensamente ad un funerale”. Nel senso... Quando siamo falliti, ci potrebbe andare di peggio. Questa è la battuta che circola in Toscana. Viceversa, quando va bene cerchiamo di non volare troppo alto perché altrimenti si perde il senso del rapporto con la realtà.

BROGI: Si, quest'ironia ci appartiene. In un certo senso i toscani sono un po' imparentati con l'umorismo.

MARCUCCI: Invece la musica dove la mettiamo, perché in fondo il “Suonatore Jones” è l'unico che riesce a guarire dai propri dolori esistenziali.

COSTANTI: La musica è terapia per me. Attraverso la musica riesci a dire quello che non riesci a dire (con le parole). O per mancanza di mezzi, oppure anche perché certe cose non si possono descrivere. Sicché a volte c'è una musicalità nelle parole e una musicalità nella musica stessa. Ma a volte dei concetti li dici soltanto con la parte suonata. A volte alcune poesie hanno fatto venire in mente lo sviluppo di alcune canzoni. Parole di alcune poesie in canzoni sono nate in modo naturale perché c'era già una musica scritta. In quella poesia di Marco è venuto un tipo di musica che non sarebbe venuto con un altro. Vuol dire allora che il contatto tra le immagini e le parole crea la musica. La musica riesce a scegliere, seleziona alcuni concetti invece di altri.

BROGI: E' come se la musica fosse dotata di intelligenza e fosse capace di scegliere tra l'inutile e l'utile.

MARCUCCI: Il prossimo appuntamento con Sorella Toscana?

Il 7 e l'8 Gennaio a Bientina, vicino Pisa, a teatro. A volte c'è la band, a volte siamo io Marco e altri due musicisti. Poi date da definire e altri concerti già pronti per Febbraio.

MARCUCCI: Vogliamo ricordare a chi fosse interessato dove è possibile reperire il cofanetto (Libro+Cd) di Sorella Toscana?

I libro è distribuito dalla Protagon Editori-PDE/Feltrinelli ed è disponibile presso tutte le librerie d'Italia e naturalmente online.
 

(Intervista registrata il giorno 11/12/11 a Roma)


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Scritto da Riccardo Marcucci

Giornalista di InfoOggi

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